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Hong Kong: le Rp tra passato e futuro

29/11/2012

"Nella New York d’Oriente basta un'intervista su _Apple Daily_ per ottenere il risultato efficace di 30 testate, tuttavia qualsiasi campagna di comunicazione e PR deve avere interesse fortemente locale per avere successo". Un pezzo di Cina in cui vigono regole, non solo politiche, diverse. L’analisi di _Tiziana Cavallo._

di Tiziana Cavallo
Si pensa a Hong Kong come la patria del futuro, o meglio come la fucina delle sperimentazioni in ambito di business.
Business inteso sia come alta finanza sia come imprenditoria, soprattutto di lusso, ma non solo. E soprattutto marketing in cui le 4P restano la Bibbia.
E se Hong Kong viene considerata da molti la New York d’Oriente, o meglio La Grande Mela Gialla, viene facile pensare che la sperimentazione, l’innovazione siano all’ordine del giorno. Questa riflessione potrebbe essere interessante e veritiera se applicata al mondo della tecnologia ma se la si declina con nuove soluzioni di comunicazione e relazioni pubbliche si resta alquanto sorpresi.
In una breve – e forse superficiale analisi – del mondo delle RP a Hong Kong si nota che l’ approccio più diffuso resta quello tradizionale con, al primo posto, la funzione di media relations. Una bella intervista o un articolo sui giornali locali – che sono prevalentemente in lingua cantonese con una piccola percentuale di lingua inglese – restano l’output più ambito sia per i clienti sia per agenzie di RP.
Come afferma Ruth Streder di Lewis PR “a Hong Kong basta una intervista su Apple Daily per ottenere il risultato efficace di 30 testate, tuttavia qualsiasi campagna di comunicazione e PR deve avere interesse fortemente locale per avere successo”.
Hong Kong non è del tutto la Cina – è, infatti, una regione amministrativamente autonoma quindi relativamente indipendente dalla madre patria – e, quindi, Facebook e Twitter, solo per citare alcuni dei più popolari social network occidentali, sono strumenti molto diffusi per strategie digital. Tuttavia, le aziende locali li usano ancora ad una percentuale non incisiva preferendo attività classiche come eventi, pubblicazioni promozionali, adv online e offline. Patria del volantinaggio e del OOH – out-of-home -, Hong Kong riversa le sue principali risorse comunicazionali sulle strade grazie ad affissioni aggressive su grattacieli e metropolitane e una vera e propria flyer-mania.
A livello di formazione universitaria, molto si punta sui media quindi sul giornalismo e sul video making e sul marketing puro proprio. Un ottimo corso di relazioni pubbliche e comunicazione organizzativa si tiene alla Baptist University dove insegnano alcuni giovani professori emergenti nel campo di ricerca delle RP (come Flora Hung e Regina Chen allieve di Grunig); perché la comunicazione a Hong Kong e anche in Cina è business oriented e poiché il pubblico – comunità o stakeholder come si voglia definirlo – è considerato come una entità con alto potenziale – e volontà soprattutto – di acquisto e poco interesse all’engagement non finalizzato all’acquisto. Poca CSR, inoltre, e poca comunicazione sociale.
Le relazioni pubbliche, anche osservando il mercato del lavoro e delle relative offerte, sono ancora considerate alla stregua della funzione di marketing e in alcuni casi viene premiata la capacità di studenti e giovani professionisti delle RP sono se in grado di attirare nuovi business. Il Council of PR firms a Hong Kong – una delle varie associazioni di categoria – ha, infatti, lanciato recentemente un premio/concorso il cui claim è “Do you have the communication skills to attract new business to Hong Kong?”.
Questa è Hong Kong, bellezza. Avrebbe detto qualcuno di famoso.
:Fonte: Uniferpi blog_
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