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Il capitale relazionale: creare valore con la comunicazione ed il governo delle relazioni

06/12/2013

Nelle realtà di piccole dimensioni quali gli studi professionali, la comunicazione e il governo delle relazioni rappresentano un vantaggio competitivo. La cultura d'impresa delle organizzazioni orientate ai servizi può essere riassunta in quattro macroelementi, come illustra _Giampietro Vecchiato._

di Giampietro Vecchiato
Una questione preliminare: quali sono gli elementi peculiari delle organizzazioni ad alta intensità di personalità (dove le modalità di comportamento e di relazione tra lo studio professionale ed i clienti sono fondamentali) e caratterizzate da una forte intangibilità del servizio?
Dalla letteratura e dall’esperienza personale, posso sintetizzare in quattro elementi la cultura d’impresa delle organizzazioni orientate ai servizi:
L’orientamento alla qualità
Le organizzazioni ad alta personalità più affermate hanno un forte orientamento ai risultati e gestiscono in modo quasi “maniacale” la transazione/scambio con il cliente.
L’orientamento al cliente
Gli studi professionali che incontrano il favore dei loro clienti hanno capito: che l’acquisizione del cliente non è né facile né scontata e che il suo mantenimento è il frutto di un processo consapevole, complesso, prolungato nel tempo; che i servizi non si vendono una volta per tutte; che un cliente soddisfatto è il migliore investimento per il futuro; che “prima di entrare nel portafoglio di un cliente bisogna entrare nel suo cuore” e costruire una relazione basata sulla fiducia e sulla competenza (credibilità professionale).
La valorizzazione delle persone
Una organizzazione basata su servizi ad alta intensità di personalità guarda alle persone che lavorano al suo interno come al dato patrimoniale più significativo e rilevante. La chiave del successo nella fornitura di servizi, soprattutto quando si parla di beni e servizi basati sull’esperienza, è sempre legata all’abilità di individuare e mobilitare l’energia e la volontà delle persone.
La creazione di un forte capitale relazionale
Le organizzazioni leader di mercato considerano la dimensione relazionale un fattore critico di successo. Una dimensione attraverso la quale si attivano contatti, si gestiscono rapporti, si crea e si mantiene la fiducia, si ascolta, si esercitano strategie per il trasferimento efficace di informazioni.
Tale attività va svolta sia all’interno (per creare identità, valori e cultura comune, coesione, obiettivi condivisi) che verso l’esterno (per collegare l’organizzazione all’ambiente in cui opera, per vivere e svilupparsi interagendo con tutti i pubblici).
Per avere successo l’azienda di servizi deve quindi “vendere” se stessa ai suoi clienti e al suo personale. Michele Costabile afferma che “l’organizzazione o è relazionale o non è”. Il capitale relazionale è una ricchezza per lo studio professionale e contribuisce ad esprimere il valore del professionista e dello studio professionale ai fini della competizione. Aver costruito un buon capitale relazionale significa, in altre parole, fruire di un goodwill positivo con l’ambiente, governare con successo le relazioni con tutti i pubblici, poter attivare quel passaparola tanto decantato ma quasi sempre gestito in modo superficiale e improvvisato. Significa anche assumere il punto di vista per cui la fiducia è una qualità/conseguenza della quantità e qualità delle relazioni costruite nel mercato e nella comunità.
Per costruire un buon capitale relazionale – e trasformarlo in un vantaggio competitivo – è necessario fare networking. Per fare networking è necessario costruire prima e governare poi, relazioni. Per raggiungere questo obiettivo e costruire la propria mappa relazionale, è necessario offrire qualcosa a qualcuno, ancora prima di sapere se si potrà ottenere qualcosa in cambio. La condizione delle condizioni, il presupposto senza cui nessun dialogo, nessuna comunicazione, nessuna relazione può cominciare è la reciprocità. Affinché la relazione sia efficace e la reciprocità un suo elemento costitutivo, è necessario aprirsi all’altro senza giudicare, senza pregiudizi, senza porre condizioni “prima” di avviare la relazione stessa: “comunicherò con l’altro solamente quando anche l’altro sarà disponibile a dialogare con me oppure quando saprò che cosa mi darà in cambio”.
“La relazione è reciprocità” afferma Martin Buber. Nella relazione di reciprocità c’è l’accettazione del rischio che si può “dare” senza “ricevere”; un rischio che si può eliminare solo con la fiducia nell’altro, cercando di comprenderne i bisogni e gli obiettivi e operando contemporaneamente per soddisfare le nostre necessità e/o per raggiungere i nostri obiettivi.
Bisogna saper dare fiducia se la si vuole ottenere.
Il networking è un mezzo e non un fine per stabilire relazioni autentiche e durature. I “favori” e le “segnalazioni” arriveranno in seguito. In altre parole “per ricevere bisogna prima dare”, come afferma Adam Grant, nel libro Più dai, più hai (2013, Sperling & Kupfer). Solo quando i singoli soggetti del network avranno costruito relazioni basate sulla fiducia reciproca si sarà creato l’humus per dare una risposta positiva a queste due domande:
a) sono disposto a segnalare un collega ai miei clienti?
b) qualcuno è disposto a raccomandarmi/segnalarmi ai suoi clienti?
Se la risposta è “affermativa” significa che il professionista/consulente sta costruendo relazioni efficaci ed il network è diventato un asset per rapporti durevoli, consolidati e profittevoli.
Va precisato che la rete di contatti è mutevole: la sua manutenzione va quindi effettuata periodicamente per evitare di perderla o di impoverirla. Ogni relazione è paragonabile a “un conto in banca”: più relazioni si hanno e più conti si possono impiegare per lo sviluppo della propria attività. Tutti i nodi del network devono viversi come una risorsa – anche attraverso un semplice ma regolare scambio di informazioni – utili per non farsi dimenticare.
Fonte: L’Impresa online
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