Florian Ciornei
Nuovi trend: il marketing ora esalta i difetti e l’unicità nei brand. È l’imperfezionismo, che ci libera dai contorni dentro i quali coloravamo da piccoli per approdare a una realtà dove le possibilità sono infinite e gli errori sono ammessi. L'analisi di Florian Ciornei.
Fin da piccoli siamo stati educati e indirizzati verso la perfezione. Dovevamo colorare solo dentro i contorni e avere sempre la camicia a posto. Da grandi la corsa verso la perfezione è stata amplificata dai brand nell’abbigliamento, cibo, costume e stili di vita. A un certo punto ci siamo accorti che il mondo reale è differente. L'hamburger non è mai così gustoso come in pubblicità, la 38 non è per tutte le ragazze, le foto di Instagram sono troppo lontane dal quartiere in cui viviamo.
“Ti dicono di studiare duramente per diventare un dottore o un avvocato. Se non vai bene a scuola, ti guardano dall’alto in basso. Cavolo, alcuni ci danno dentro davvero ma poi non trovano il lavoro che volevano.” E’ la voce di uno dei creativi di Youths in Balaclava (YIB), un collettivo di Singapore che combatte l’establishment della moda e la cultura dominante del successo a tutti i costi. “Da qui a dieci anni tutti potranno fare quello che vogliono e senza timore di essere quello che desiderano”, aggiunge un altro membro.
Una voce simile la puoi sentire facilmente anche in altre città europee. Perché il rifiuto del mondo artificiale costruito a tavolino è ormai globale. Signori e signori diamo il benvenuto agli imperfezionisti. Una comunità di consumatori non recentissima ma che ha subìto una forte impennata grazie ai social media. E il marketing sta cavalcando l’onda.
Prima un po’ di filosofia sui concetti a monte. Nel suo saggio su come essere un’imperfezionista, Stephen Guis scrive che il perfezionismo è una mentalità limitante che opprime la creatività e la personalità. L’imperfezionismo, invece, ci libera dai contorni dentro i quali coloravamo da piccoli per approdare a una realtà dove le possibilità sono infinite e gli errori sono ammessi. In sostanza, non dare retta ai giudizi collettivi ma “preoccupati più di chi vuoi essere e di cosa vuoi fare tu. Preoccupati meno di farlo nel modo giusto, preoccupati piuttosto di farlo.”
Su un livello più sofisticato lo stesso Stephen Hawking ci avvertiva che “una delle regole base dell’universo è che nulla è perfetto. La perfezione semplicemente non esiste … senza imperfezione, né tu né io esisteremmo.”
Cosa significa per il marketing? Consumatori che vogliono esperienze più umane, reali dove l'imperfezione trova il suo posto perchè autentica. Cibo, scarpe o consulenza finanziaria, non importa. Secondo Rohit Bhargava il valore premium per il cliente è dato dall’esperienza unica, non replicabile e che può essere anche imperfetta. I consumatori non solo amano identificarsi con questi prodotti ma ne diventano anche ambasciatori, afferma l’esperto di innovazione e marketing.
A celebrare il “reale” e le piccole o grandi imperfezioni hanno contribuito anche i social media. Instagram non ha lanciato solo le foto patinate e photoshoppate ma anche il #nofilter che premia le foto originali e fatte da persone comuni. C’è anche un forte movimento femminile che rivendica il corpo così com’è. A Megan Jayne Crabble (@bodyposipanda) piace parlare del “positivismo del corpo, del femminismo e di come i cani siano meglio degli umani”. @Nienke mostra tranquillamente le sue gambe al naturale perchè ha la cellulite “come ogni altra donna sul pianeta”. @skinnier dà invece consigli su come stare in forma ma senza l’ossessione della taglia slim. Meglio mostrare i corpi così come sono e non creare false illusioni. Quindi bando al fotoritocco come ha fatto la Francia con la legge del 2017 che impone di segnalare e etichettare le immagini photoshoppate nella pubblicità.
L’originalità e l’autenticità sono alla base del successo di diversi social influencer. A differenza delle celebrities tradizionali, i nuovi personaggi sono più raggiungibili, si mettono in mostra e si raccontano così come sono nella vita di tutti i giorni (o quasi). Secondo T.J. Leonard, CEO della banca immagini Storyblocks, i consumatori diventano più ricettivi verso i contenuti marketing che riflettono vite che ci sembrano reali, familiari e non artificiali. Insomma, bando alle banche immagini o al fotoritocco.
E i brand come comunicano? Tra i primi ad aver compreso il cambiamento in atto è stato sicuramente Unilever. Già nel lontano 2004 (chapeau) la campagna Real Beauty di Dove (agenzia Ogilvy & Mather) aveva ribaltato il tradizionale trattamento perfezionista del corpo femminile a favore dell’autenticità e auto consapevolezza. “Ogni corpo è bellissimo”, punto.
Anche nella moda, Egle Ziemyte, la fondatrice di D.Efect si interroga sulle “donne perfette”: “I loro vestiti sono perfetti. I loro capelli sono perfetti. Persino i denti sono perfetti. Non è facile accettare come sei realmente, vero?” Anche i vestiti sono imperfetti e attraverso la campagna #thebeautyofimperfection lascia intenzionalmente piccoli difetti nei capi per esaltare un'identità diversa, più autentica.
Le scarpe Crocs non nascono certo per essere belle ma per essere autentiche. Con una forza decisa di brand: “Come as you are”, ovvero ti accogliamo così come sei. Sentiti a tuo agio (possibilmente con un paio di Crocs ai piedi).
Anche gli stivaletti UGG nascono con una forte identità. Forse derisi all'inizio per la loro forma, poi sono diventati “hot”, complice anche la spinta di Vogue e di personaggi come Jennifer Lopez e Rihanna che li indossano.
Non perde di certo il treno Diesel che lancia a fine 2017 la campagna #GoWithTheFlaw. Renzo Rosso sottolinea in maniera empatica: “Avevo quindici anni quando ho fatto a mano il mio primo paio di jeans. Naturalmente non erano perfetti, ma ciò li ha resi speciali e unici, come tutto quello che abbiamo fatto finora nella nostra storia."
Nel settore food la Coca-Cola ha da poco lanciato in America #thisisGOOD una campagna per la linea Minute Maid che chiede alle famiglie di condividere immagini dalla vita di tutti i giorni. Che siano però realistiche e non “Instagram-ready. In effetti, dalla ricerca svolta da Minute Maid emerge che oltre un terzo dei genitori americani posta video o immagini della propria famiglia preparandosi quasi da set fotografico. Minute Maid vuol dimostrare invece che i suoi succhi di frutta sono originali e consumati da persone vere.
Perchè non fare anche le patatine imperfette? Ci ha pensato già Dieffenbach che utilizza le patate meno belle, quelle che solitamente sono scartate. Al consumatore viene proposto un prodotto più conveniente, con personalità e un tocco di responsabilità sociale. Tutti contenti no?
Ci sono poi supermercati come la francese Intermarché e poi la stessa Wal-Mart che hanno promosso la vendita di frutta e verdura più bruttine con l'intento di combattere gli sprechi alimentari.
L’imperfezione, che vuol dire unicità, realismo e autenticità, è ormai un trend affermato. Un nutrito gruppo di consumatori, spontanei o guidati, sta emergendo con forza. I brand di nicchia stanno cavalcando benissimo questo particolare segmento mentre quelli di largo consumo devono trovare il giusto equilibrio nell'identità di marca. Questo significa mostrare il lato autentico, verace del brand aprendosi al pubblico. Significa puntare eventualmente sull'auto ironia, giocando su alcuni elementi del prodotto in maniera leggera facendo intravedere che nessun marchio è imbattibile, ideale, perfetto. Come d’altronde tutti noi.