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Industria del cibo rimandata a settembre
26/06/2006
Un nuovo studio indica che l'industria alimentare non ha preso abbastanza seriamente la salute dei consumatori e che l'informazione corretta è ancora insufficiente.
La salute non è una cosa abbastanza seria per le food companies: nonostante la sbandierata Csr e i mea culpa da parte dei big del cibo, uno studio della London City University evidenzia le lacune di questo settore nel fornire ai consumatori le necessarie informazioni e la giusta consapevolezza. Le ottanta pagine del rapporto sottolineano che dei 25 maggiori produttori esaminati la maggior parte riporta poche o nessuna informazione che riguardi la salute nei loro report annuali o nei loro siti web. Solo 11 superano la sufficienza; dieci su 25 riportano le indicazioni di base circa l'apporto di sale, solo 5 sul contenuto di zucchero e solo 4 sui grassi.
Le aziende più attente sono state giudicate Unilever, Danone, Cadbury Schwepps, Kraft e McDonald's. Altro indicatore preso in considerazione dagli analisti londinesi è la pubblicità ai minori. A questo proposito sono ben 13 le società produttrici di cibo che trascurano di fornire informazioni sulla loro spesa pubblicitaria e che si sono premurate di dotarsi di un codice deontologico a riguardo. E i governi?
La Gran Bretagna si è dotata di un manifesto etico volontario, la Francia ha introdotto un'imposta a carico delle aziende che non pretano attenzione al tema salute nei loro messaggi pubblicitari. L'Europa si è attivata nel controllo di bevande gasate per quanto riguarda i distributori delle scuole e la Commissione europea ha iniziato a inbire l'uso di scritte recanti informazioni ingannevoli o fuorvianti ("riduce i rischi di attacchi cardiaci"), mentre si profila una crescita galoppante delle dispute legali sulla nocività di alcuni prodotti.
L'unica risposta seria da parte dell'industria del settore è aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo allo scopo di mettere a punto prodotti più healthy-friendly a costi inferiori. Ma un segnale incoraggiante viene dagli analisti di JP Morgan: i prodotti più salutari nel lungo periodo assicurano margini di guadagno più elevati rispetto ai loro concorrenti non-healthy. La Csr, oltre a essere etica, paga anche.
Emanuela Di Pasqua - Totem