È il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a porre fine alle ipotesi di migrazioni contributive da INPS a INPGI, l’Istituto di previdenza privato dei giornalisti, in dissesto finanziario da troppi anni. Migrazioni contributive inutili e inaccettabili, contrastate anche dal Presidente INPS, Pasquale Tridico. Posizioni che, nel corso degli anni, anche ReteCoM, la Rete delle Associazioni della Comunicazione e del Management, ha fortemente sostenuto, motivando con rigore le proprie posizioni.
Garantire rigore e autonomia significa prendere atto che ai giornalisti iscritti all’Ordine e, dunque, chiamati a svolgere un’attività racchiusa nell’ambito di specifiche regole deontologiche, vanno applicate quanto meno garanzie eguali alle categorie di lavoratori, a partire dall’ambito previdenziale, nel quale è ragionevole che valga, per la prestazione pensionistica, la garanzia pubblica assicurata a tutti i lavoratori dipendenti…” È la dichiarazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (alla cerimonia del Ventaglio di ieri, 28 luglio), che mette fine alle ipotesi di migrazioni contributive da INPS a INPGI, l’Istituto di previdenza privato dei giornalisti, in dissesto finanziario da troppi anni. Migrazioni contributive inutili e inaccettabili, a nostro parere, contrastate anche dal Presidente INPS, Pasquale Tridico nel corso dell’audizione alla Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti previdenziali del 24 giugno scorso"… I numeri sono quelli noti, le difficoltà dell’INPGI sono strutturali. Quello che non vorrei che succedesse è dare ulteriori lavoratori, comunicatori o altri tipi di contribuenti. Spostarli da INPS verso INPGI secondo me non è la soluzione".
Concetti che ReteCoM, la Rete delle Associazioni della Comunicazione e del Management, ha fortemente sostenuto, motivando con rigore le proprie posizioni. ReteCoM ha combattuto per far capire che quella del comunicatore e quella del giornalista sono due professioni diverse, ha dimostrato che la “deportazione contributiva” dei comunicatori dall’INPS all’INPGI non avrebbe salvato l’INPGI perché il dissesto finanziario è conseguenza della crisi dell’editoria e del disequilibrio pensionistico: il numero dei pensionati aumenta in modo esponenziale, così come quello dei giornalisti che svolgono la libera professione (non a caso INPGI 2, cassa dei free lance, è più che solida, anzi ricchissima), mentre diminuisce di mese in mese il numero degli assunti.
Se c’è una Commissione Tecnica composta da rappresentanti dei ministeri del Lavoro, dell’Economia, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, da INPGI e da INPS, è anche merito di ReteCoM. Se non fa parte della commissione la FNSI, il sindacato dei giornalisti, è anche un po’ merito di ReteCoM, che in più sedi e con diversi interlocutori istituzionali ha saputo spiegare perché il “salvataggio” dell’INPGI non ha nulla a che fare con la “libertà di stampa”.
Se c’è un’adeguata attenzione sul mondo della comunicazione è anche grazie a ReteCoM che rappresentando gli interessi di un intero settore, è riuscita a diventare un interlocutore di rappresentanza, in grado di contrastare con competenza le argomentazioni dei vertici INPGI.
C’è un giorno preciso in cui si può datare la “questione INPGI”: 17 febbraio 2017, quando l’Ordine dei Giornalisti Nazionale, con delibera approvata all’unanimità, chiede l’intervento del legislatore per imporre l’iscrizione all’Ordine degli addetti stampa delle aziende private. Passano pochi mesi e i vertici dell’INPGI mettono a punto un piano: per mantenere l’autonomia dell’Istituto privato, occorre allargare la base contributiva ad altre figure professionali, comunicatori e relatori pubblici, innanzitutto. La motivazione: le “similitudini” delle varie professioni accumunate dalla trasformazione digitale”. La tattica: fare accordi separati e regalare prebende alle singole sigle del settore della comunicazione, per avere consenso sulle loro proposte di incorporamento contributivo.
La nostra controproposta è stata quella di costruire un fronte unico dei comunicatori, che mettendo a fattor comune relazioni e competenze, è sceso in campo, riuscendo a vincere anche qualche match di una partita non certo facile:
novembre/dicembre 2018, la Legge di Bilancio 2019 non accoglie nulla che potesse mettere in pericolo i comunicatori
marzo e luglio 2019, Stati Generali dell’Editoria: il mondo politico prende atto che c’è un fronte dei comunicatori che esige di essere ascoltato
luglio 2019: la legge n. 58/2019 ipotizza l’allargamento della platea contributiva, anche se non cita espressamente i comunicatori. Si intensificano i confronti con le varie associazioni e a
settembre 2019 entra in scena ReteCoM: non solo un contenitore, ma un luogo/logo di rappresentanza unitaria del settore
dicembre 2019: conferenza stampa alla Camera dei Deputati
gennaio 2020: incontro con l’allora sottosegretario al DIE (Dipartimento informazione ed editoria) Andrea Martella
... la Rete conquista visibilità di mese in mese e diventa un riferimento istituzionale, motiva le proprie posizioni, elabora documenti, si confronta con le Istituzioni e con le Parti sociali.
Questo sintetico e non esaustivo excursus dimostra che non ci fosse stata ReteCoM i comunicatori oggi non avrebbero potuto tirare un sospiro di sollievo.
Senza ReteCoM sarebbe stata scritta un’altra storia.