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Italia è Cultura

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07/02/2020

Federico Rampin

Una rete di associazioni, la comunicazione della cultura. L’esperienza di della Conferenza nazionale di AICI dello scorso novembre a Firenze raccontata da Federico Rampin.

L’edizione 2019 della Conferenza nazionale di AICI (Associazione degli Istituti di Cultura Italiani) ha confermato nei fatti il messaggio che il suo titolo veicola: “Italia è Cultura”. Cultura che si mangia e dà da mangiare, che deve essere alimentata e tutelata. Ogni anno AICI chiama a raccolta i suoi soci (circa 105) da tutta Italia per una serie di iniziative che, nel loro insieme, restituiscono uno scorcio generale sullo stato dell’arte della cultura italiana. La città ospitante quest’anno è stata Firenze; quale migliore scelta per un evento del genere nel 500esimo anniversario della morte di Leonardo da Vinci?

AICI è una rete di associazioni e istituti culturali che uniscono le forze con lo scopo di promuovere la conoscenza reciproca, di affrontare insieme problemi comuni e cooperare per l’innovazione delle strutture gestionali e organizzative. AICI e FERPI sono accomunate dal riuscire a qualificarsi come interlocutore di spessore nei confronti delle istituzioni, del mondo dell’impresa e di tutti gli attori politici.

Comunicazione culturale

Di comunicazione si è parlato molto; la cultura stessa vive del concetto di trasmissione di letture simboliche, di sapere, di sistemi di significato, di frame interpretativi condivisi da comunità. In una società in cui la percezione del “valore” è diventata la condizione necessaria per l’esistenza stessa del valore, il mondo della cultura non può fare a meno di accettare il ruolo determinante della comunicazione; le associazioni culturali sono in qualche modo “naturalmente votate” a occuparsi di comunicazione della cultura e dai vari workshop di Firenze è emersa la necessità di avvalersi di un approccio esperto.

Pur trattandosi di ripartizioni fittizie, la divisione del patrimonio culturale in digitale, intangibile, tangibile e naturale ha dato degli appigli concreti per la riflessione sulla comunicazione. Per quanto riguarda il patrimonio immateriale la parola chiave è stata immersione: nei riti e nelle feste tradizionali, nelle tecniche locali di agricoltura, nell’uso delle espressioni orali. Il “turismo esperienziale” si basa proprio sul visitare non solo i luoghi, ma anche le usanze, i modi di vivere. La cultura immateriale, però, non è solo un elemento su cui punta sempre di più il turismo, ma rappresenta anche (e soprattutto) le caratteristiche identitarie di una società. Si moltiplicano le proposte di integrare i programmi scolastici dell’istruzione primaria con una “didattica degli usi, delle tradizioni” tipiche locali; le scuole collaborano con le associazioni culturali, con chi detiene la memoria storica del patrimonio immateriale. I bambini fanno giardinaggio, si cimentano con l’artigianato e, imparando, diventano i custodi stessi di quella cultura.

Anche il patrimonio naturale gode di una propensione al turismo, specialmente in un Paese come il nostro. Sappiamo bene quale contributo portino all'economia i nostri paesaggi, ma ancora una volta il turismo non è tutto: le associazioni culturali che promuovono le ricchezze naturali dei nostri territori mirano a trasmetterne il valore soprattutto ai cittadini che quei luoghi li vivono. Se i cittadini sono consapevoli della ricchezza che abitano, saranno più propensi alla tutela ambientale e paesaggistica, per esempio quando si prospettano possibili danni frutto di scelte urbanistiche o architettoniche incaute.

Per quanto riguarda la comunicazione del patrimonio materiale (che comprende ovviamente la lista più ampia di beni culturali: statue, libri, edifici, etc.) ci si è concentrati sull'importanza degli archivi aperti e comunicanti. Tutti gli istituti culturali che vantano archivi bibliografici (e non solo) si dirigono verso l'obiettivo di rendere il loro patrimonio facilmente fruibile al pubblico, agli studiosi e agli altri istituti. Oltre ad essere aperte, le varie raccolte sono sempre più comunicanti tra di loro, formando un sistema connesso di diversi archivi.

Il ruolo della comunicazione del patrimonio digitale potrebbe sembrare scontato, ma va al di là dell'organizzazione dei contenuti digitali a supporto dei "patrimoni tradizionali". Per il mondo della cultura, il patrimonio digitale costituisce ancora una novità: che ruolo avrà? I musei interattivi sostituiranno quelli materiali? I file digitali renderanno i manoscritti obsoleti? I servizi digitali potranno sostituire il ruolo degli archivisti e dei bibliotecari? Il patrimonio digitale, quindi, necessita anche di una comunicazione che faciliti agli stessi professionisti della cultura la comprensione delle sue caratteristiche e delle sue possibili funzioni.

In conclusione, la Conferenza nazionale di AICI ha confermato quanto la cultura abbia bisogno di una comunicazione professionale per poter godere dei finanziamenti di cui ha bisogno. La reputazione delle associazioni e degli istituti di cultura non può essere meno prestigiosa di quella dei patrimoni che tutelano e valorizzano.

 

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