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La comunicazione non può prescindere dalla tecnologia

01/07/2010

“Le parole chiave senza dubbio centrali nelle strategie di comunicazione sono: ascoltare - monitorare, partecipare e condividere”: lo ha dichiarato Daniele Salvaggio in un’intervista con _Data Manager_ , in cui affronta il rapporto tra comunicazione e tecnologie digitali e i cambiamenti che queste ultime hanno portato negli ultimi anni.

di Antonio Savarese
La crisi dell’editoria ormai non fa neanche più notizia, la carta stampata sta lentamente ma inesorabilmente subendo il sorpasso del mondo digitale. Ormai le notizie escono prima sui blog dove grazie anche a contenuti multimediali come i video riescono a colpire l’utente . Come si evolve in questo scenario il mestiere del comunicatore d’impresa? Ne abbiamo parlato con Daniele Salvaggio – Coordinatore dell’Ufficio Stampa della FERPI, la Federazione delle Relazioni Pubbliche italiana.
Qual è il rapporto tra le nuove tecnologie e la comunicazione?
L’evoluzione dei media tradizionali e la nascita dei social media, non possono non viaggiare sullo stesso binario, visto che nel loro insieme permettono di raggiungere tutti gli stakeholders di aziende, enti pubblici e associazioni, indipendentemente dal settore in cui operano.
Questo nuovo fenomeno è una sfida che coinvolge anche il mondo delle relazioni pubbliche; i social media, che altro non sono che un’ evoluzione dei media tradizionali, solo più vivaci ed interattivi. Essi hanno davvero rappresentato una svolta nel modo di comunicare e di fare strategia. Rifiutarsi di capire la forza comunicativa e globale della rete, snobbare il ruolo di megafono dei migliaia di siti, blog, social network, ritenere che ciò che è in rete sia informazione di serie B e quindi da sottovalutare, sarebbe un grave errore. Basti pensare che in Italia, ad esempio, il 27% degli utenti legge il giornale in rete e che a dicembre 2009 sono stati rilevati 127 milioni di blog con un tasso di crescita di 42 mila al giorno. La comunicazione non può quindi prescindere da tutto quello che le nuove tecnologie hanno costruito in questi ultimi anni: mai come oggi un pubblico così variegato si trova a comunicare in modi assolutamente inimmaginabili sino a qualche decennio fa. Questo ha portato alla crisi di identità di un vecchio stile lanciando un forte impulso verso un modello di comunicazione più veloce, più formatizzato, ma non per questo meno strategico e propulsivo.
Come cambia il lavoro dell’ufficio comunicazione nell’era del 2.0?
Un buon relatore pubblico deve saper chiedere e saper conversare. Ovviamente quando parliamo di spazi digitali cambiano le modalità e gli strumenti ma gli obiettivi rimangano sempre quelli di essere in grado di costruire un’opinione e di saperla poi “comunicare”.
Analizzare i dati invece è una competenza del tutto nuova; infatti una parte molto sostanziosa dell’attività di ascolto dei pubblici di un’organizzazione oggi può essere svolta ricorrendo all’analisi di dati raccolti dalla rete. E’ indubbio che oggi abbiamo molte possibilità di ascoltare, ma dobbiamo anche essere consapevoli che tale ascolto – nelle relazioni pubbliche così come in altre aree di management – dovrebbe essere organizzato tenendo conto di tre componenti fondamentali:
• statistica, perché ascoltare i pubblici significa sempre di più estrarre conoscenza da una grande mole di dati strutturati e non strutturati;
• informatica, perché in alcuni contesti non si può fare a meno di utilizzare strumenti informatici e a volte tali strumenti devono essere creati ad hoc;
• manageriale, perché l’ascolto nelle relazioni pubbliche potrebbe sicuramente beneficiare dalle pratiche sviluppate nell’area della business intelligence e del knowledge management.
Cosa ha portato tutto questo? L’enorme sviluppo della società relazionale e dei social media ha indotto il management a prendere atto della caduta delle barriere fra comunicazione interna ed esterna e sempre più spesso il direttore della comunicazione si occupa anche dell’insieme dei comportamenti comunicativi dell’organizzazione. Di conseguenza è si è ampliata quantitativamente qualitativamente la professione del comunicatore, oggi è sempre di più un manager in grado di operare su più fronti, con pubblici il più delle volte diversi.
Non temete che si possa arrivare anche alla “user generated communication”?
La rete rappresenta un grande Focus Group dove poter leggere cambiamenti, opinioni, percezioni, bisogni, pressioni, attese della società. Alcuni dati aiutano a capire bene un fenomeno che sta cambiando radicalmente il modo di comunicare delle persone e delle organizzazioni.
• 13 ore di video caricati in media ogni minuto.
• 3,6 miliardi il numero di foto archiviate (Giugno 2009), quasi una foto per ogni due persone sul pianeta
• Sono circa 1 milione i contenuti condivisi ogni settimana (web link, news stories, blog, posts, notes, foto, etc.)
• 3 milioni il numero medio giornaliero di Tweet
E’ proprio in questo contesto che alcuni brand sono diventati straordinariamente efficaci nell’engagement dei loro interlocutori. È il caso di Obama, a livello di politica internazionale, e quello della sinergia di alcuni grandi marchi, Gucci, Puma, Bottega Veneta, PPR, GoodPlanet.org, ecc.
La rete dunque è lo strumento attraverso cui le persone premiano brand accrescendone la loro reputazione. Quindi perché non mettere al servizio delle nostre aziende, dei nostri partiti, delle nostre attività, la forza dell’intelligenza collettiva della rete? La questione fondamentale è che occorre imparare ad utilizzare questi canali per creare vantaggio competitivo stabile basato su un’attenta analisi di grandi quantità di informazioni. Il processo di intelligence è il risultato di un lavoro di collezione, valutazioni e comprensioni di una serie di informazioni relative a situazioni e argomenti attuali o potenzialmente rilevanti per l’azienda. Tre sono le parole chiave senza dubbio centrali nelle strategie di comunicazione: ascoltare-monitorare, partecipare e condividere.
La Ferpi che iniziative ha messo in campo per formare i suoi iscritti?
La Ferpi, per promuovere la formazione, l’aggiornamento e la specializzazione dei propri associati e di quanti, neolaureati e professionisti, vogliano approfondire le conoscenze sull’attività di Relazioni Pubbliche su differenti piani, offre e propone seminari e corsi strutturati in modo differente. La CASP – Commissione Aggiornamento e Specializzazione Professionale – propone periodicamente corsi di formazione professionale validi per l’accreditamento dei soci professionisti. I seminari CASP hanno una durata media di una giornata e trattano temi attuali per la professione come: social media, responsabilità sociale di impresa, etica nelle PR, governo delle relazioni, cerimoniale, stakeholders.
Accanto a questi incontri utili ad elevare ed ad approfondire la conoscenza delle attività professionali di Relazioni Pubbliche, si colloca il corso di preparazione alla pratica professionale nelle Relazioni Pubbliche (RP) e nella Comunicazione d’Impresa (CI). Questa proposta formativa è rivolta soprattutto a collaboratori e dipendenti di agenzie e studi di rp, di imprese e organizzazioni pubbliche o private, che svolgono un’attività di relazioni pubbliche ed a neolaureati o diplomati.
Quale è il giusto mix di comunicazione da adottare per un azienda del nuovo millennio?
Proprio questo tema è stato oggetto di discussione al World PR Forum che si è tenuto nei giorni scorsi a Stoccolma. Le relazioni pubbliche hanno raggiunto un grado di maturità tale da poter mettersi in discussione e riflettere sui cambiamenti in atto. In effetti la professione sta cambiando, è cambiata rispetto a qualche decennio fa: oggi il responsabile comunicazione dipende sempre più dal CEO dell’azienda e non come accadeva in passato dal direttore marketing o delle risorse umane. Se negli anni 70 le imprese erano diventate marketing oriented oggi sono sempre più communication oriented dove è la comunicazione ad essere fondamentale per il successo delle aziende. Oggi tutte le persone sono diventati dei media, vogliono comunicare, dire la loro, non solo essere informati e tutte le imprese e organizzazioni devono soddisfare questo bisogno. Saper interagire quindi in modo giusto con i clienti, i dipendenti,i venditori, è la chiave per sviluppare una buona reputazione e fare business. Ecco perché il direttore della comunicazione oggi entra nel board dell’ impresa ed è fondamentale nei processi decisionali. La direzione è quindi quella di una professione sempre più strategica, secondo Giampaolo Azzoni, professore ordinario dell’Università di Pavia, network, organizzazione comunicativa, stakeholders, rapidità/tempestività, equilibrio/bilance, sono le parole chiave che delineano i cambiamenti rilevanti nella definizione del ruolo della comunicazione.
Tratto da Data Manager
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