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La misurazione del capitale comunicativo al centro di #FerpIncontra

16/03/2018

Serena Bianchini

Capitale comunicativo, misurazione, performance, management: sono state le principali parole-chiave del confronto tra professionisti e manager d’impresa, organizzato lo scorso 6 marzo da Ferpi Lazio, all’interno del programma #Ferpincontra. La cronaca di Serena Bianchini.

Un pomeriggio di confronto tra professionisti e manager d’impresa, quello di martedì 6 marzo, organizzato da Ferpi Lazio, guidata dal delegato Giuseppe de Lucia, all’interno del programma #Ferpincontra.

Il tema proposto è attualissimo ed è ormai pensiero comune che approfondirlo è diventato urgente: capitale comunicativo, misurazione, performance, management. Potrebbero essere queste le principali parole-chiave sulle quali misurare la giornata, ripetute nei molti tweet prodotti durante l’evento e nei contributi espressi dai presenti. Ovviamente, con le dovute variabili!

Partiamo da un semplice esempio di misurazione per raccontare la giornata al Centro Studi Americani, luogo straordinario che ormai ospita molti degli eventi di Ferpi Lazio, dove, attorno a un grande tavolo, ci si guarda negli occhi e si prova a condividere successi e difficoltà di questa professione.

Motivo dell’incontro la presentazione romana del libro edito da Franco Angeli, "Misurare il Capitale Comunicativo Modelli e indicatori di performance della comunicazione per le imprese" di Stefania Romenti, docente di Comunicazione Strategia e Relazioni Pubbliche allo IULM e Adjunct Professor alla IE Business School di Madrid dove insegna la misurazione degli intangibili e dei KPI.

Con lei, Daniele Chieffi, capo della comunicazione digitale di Agi, agenzia giornalistica del Gruppo Eni e giornalista, uomo d’azienda che ha contribuito ad accrescere il valore dello “strumento” digital come strategia non solo di comunicazione ma di business aziendale.

Teoria e pratica si sono dunque rincorsi grazie anche all’apporto di casi d’uso aziendali inediti presentati dalla professoressa Romenti come la “Misurazione degli eventi nei centri commerciali” e la ”Misurazione della partecipazione alle fiere di settore”: sul primo, le misurazioni si concentravano sul livello di sorpresa e novità unita all’esperienza precedente del pubblico, alla Brand Experience al fine di creare un’esperienza memorabile; il secondo, calcolando ben altre metriche come il ROO, Return of Objectives o il Top of Mind Awareness, metrica KPI di business usata come indicatore della propensione all’acquisto dei visitatori; esempi tangibili che hanno dato ancora più valore al dibattito.

Nell’organizzazione di questo panel, così tecnico e verticale, abbiamo provato ad impostare la sezione Q&A facendoci raccontare dai presenti le proprie esperienze in azienda. Abbiamo avuto un ottimo feedback, uno tra tutti quello del professore Toni Muzi Falconi che, ricordando la propria difficoltà riscontrata nel far accettare l’opportunità di misurare l’attività di comunicazione verso l’opinione pubblica e quindi di darne un prezzo, sottolinea, (invitando a seguirlo al simposio internazionale BledCom, il prossimo luglio) quanto sia necessaria per la nostra professione avere una prospettiva più ampia esplorando, attraverso un ecosistema condiviso le competenze che si evolvono all’interno delle relazioni pubbliche.

Cosa ci portiamo a casa?

Che il primo passo di qualsiasi azione è l’individuazione dei KPI di business sui quali il valore creato dalla comunicazione può avere un impatto.

Che ogni metodo di valutazione non viene mai applicato in un vuoto organizzativo ma in un contesto ricco e ben delineato. La mappatura dei soggetti impattati e l’audit della cultura interna sono le attività di analisi iniziale. Sono le misure su cui costruire le mappe narrative del valore della comunicazione.

Che “i migliori professionisti di comunicazione sono prima di tutto buoni analisti” ma il rigore scientifico deve andare di pari passo con gli aspetti relazionali, temporali e organizzativi per il successo stesso del processo di valutazione. Il modello di valutazione proposto da mettersi in tasca è il Communication Capital Performance Measurement (CCPM).

Che la misurazione social è inserita in questo stesso scenario, bisogna partire dagli obiettivi di organizzazione e di business e guardare con attenzione l’impatto che comunicazione on line ha sugli stessi avendo consapevolezza che i social media continuano a modificare le proprie caratteristiche e di conseguenza cambiano le metriche, peraltro differenti per ogni canale.

Che le potenzialità della misurazione sono sfruttate appieno quando sono strumento di misurazione tattica, quando diventano parte del sistema strategico del management, ovvero quando c’è un pieno consenso da parte del top management. Il fatto che la comunicazione possa misurare la propria performance attraverso strumenti riconosciuti e condivisi dalle aree direzionali, dagli “uomini di numeri” per intenderci, legittima e consolida il ruolo della comunicazione stessa.

 
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