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La qualità vince sul brand

07/09/2010

Spesso il brand viene ritenuto un elemento fondamentale a garanzia di uno studio professionale. _Giampietro Vecchiato_ illustra come però la capacità di comunicare l'expertise sia più importante del nome.

di Giampietro Vecchiato, in collaborazione con Laura Calciolari, Mariapaola La Caria, Antonio Riva
È ancora attuale una ricerca Censis del 2003 da cui emerge che le organizzazioni professionali, pur rappresentando “uno dei volani occupazionali principali della nostra economia e nonostante siano la parte più qualificata del terziario, non hanno una visibilità sociale altrettanto significativa”. Questo è un problema legato alla comunicazione. Scorrendo la ricerca, vediamo che il 63,2% degli italiani si aspettano dai professionisti affidabilità, prima ancora che efficienza (34,8%). Anche l’affidabilità ha bisogno di essere comunicata in maniera adeguata. Questi dati trovano conforto in una ricerca che nel 2006 è stata fatta a livello europeo su come le Pmi acquistano i servizi legali. In Italia al primo posto vi è la focalizzazione sugli obiettivi, poi la fiducia/affidabilità, seguono il senso di responsabilità, l’efficienza, il rapporto costi-benefici. Da notare, inoltre, in questi tempi in cui si parla di reintrodurre le tariffe minime, che per le Pmi il fattore prezzo è al penultimo posto, confermando quindi il vecchio e diffuso concetto che la “qualità non ha prezzo”.
Cosa chiedono le Pmi
La qualità nelle professioni intellettuali è frutto dell’aggiornamento continuo del professionista e viene ripagata dalla fedeltà del cliente (a differenza che nei beni di consumo dove il cliente è spesso portato a provare nuovi prodotti). Quando parliamo di qualità intendiamo ovviamente non la qualità erogata ma la qualità percepita, ovvero l’impressione della qualità dal punto di vista del cliente. Che il fattore costo non sia così determinante è anche avallato sia dal fatto che la stragrande maggioranza delle Pmi non pianifica un budget ad hoc per i servizi di consulenza (legali, commercialistici, etc.), sia dalla tendenza alla fedeltà molto elevata, per cui raramente le Pmi si servono di più professionisti nello stesso settore e campo specifico, che quindi si trovano spesso in una situazione di quasi monopolio.
Come comunicare l’expertise
Anche se in molti casi il professionista viene scelto all’interno di una cerchia di amici e conoscenti, normalmente le imprese valutano due fattori chiave:

l’expertise in un determinato campo o settore;
il valore aggiunto dato dalla capacità di portare il risultato concordato.

La sfida per i professionisti è quindi quella di saper comunicare il proprio expertise accumulato nel tempo, in maniera circostanziata e reale (sempre nel rispetto della tutela della riservatezza dei propri clienti). L’expertise inizia a essere più importante del nome del professionista o del brand dello studio professionale, perché garanzia di risultato.
In secondo luogo occorre saper comunicare la qualità, intendendo per qualità non solo il sapere fare bene il proprio mestiere, ma il saperlo fare in relazione al risultato da portare a quel cliente. Questo, giova ripeterlo, significa prendere in considerazione non tanto la qualità erogata (che si assume essere sempre al massimo), ma anche e soprattutto la qualità percepita dal cliente. Per coglierla è necessario instaurare una relazione basata sulla trasparenza e sulla fiducia, in un clima sereno di reciproco scambio, per cui il professionista abbia il coraggio di farsi valutare dal cliente e il cliente abbia la possibilità di rispondere con libertà.
Stakeholder del territorio
Un altro aspetto da non sottovalutare è la relazione con il territorio di riferimento, infatti in Italia l’80% delle Pmi tende a rivolgersi a professionisti geograficamente vicini. Instaurare relazioni positive ed efficaci con la comunità locale richiede una comunicazione costante. L’essere un punto di riferimento in una specifica materia e mantenere relazioni positive con gli stakeholder del territorio diventano quindi un fattore strategico di competitività. E necessario per che la costruzione e gestione della relazione tra il valore del professionista, da una parte, e la possibilità di scelta dell’impresa, dall’altra, siano governate dai professionisti delle relazioni. «I relatori pubblici – afferma Roberta Zarpellon, coordinatore del working-group Ferpi – possono affiancare il professionista nel definire il percorso di comunicazione ottimale e nel rafforzare la propria reputazione con l’utilizzo di strumenti mirati sulla base degli obiettivi e dei pubblici da raggiungere. L’avvicinarsi dei professionisti alla comunicazione è avvenuto soprattutto dopo la legge Bersani nel 2007, quando per molte professioni intellettuali sono venuti a cadere alcuni tabù legati alla percezione della comunicazione». A supporto di tale considerazione, che apre la strada ad alcuni approfondimenti sugli ambiti della comunicazione, possiamo citare una ricerca realizzata nel 2007 su un campione di dottori commercialisti del NordEst che evidenziava l’importanza data a strumenti relazionali mirati (newsletter per i clienti e l’organizzazione o partecipazione a eventi e convegni) nella scelta delle modalità con le quali comunicare il valore del proprio Studio.
Spunti per crescere
Le relazioni pubbliche.
Per affermare la propria esistenza sul mercato è necessario definire una strategia di relazioni pubbliche che contribuisca ad attuare le politiche di marketing già individuate e a migliorare la reputazione dello Studio nei confronti dei diversi pubblici presenti nel territorio in cui si opera.
Studiare un piano di relazioni pubbliche vuol dire in primo luogo definire degli obiettivi e determinare i pubblici con cui vogliamo interagire, dopodiché sarà utile individuare le azioni da compiere, i tempi e, infine, verificare i risultati ottenuti.
Tra gli strumenti solitamente utilizzati, un ruolo fondamentale lo ricoprono gli eventi speciali, iniziative di comunicazione complesse che permettono di relazionarsi con il proprio pubblico in maniera mirata, con l’obiettivo di rendere la partecipazione all’evento un’esperienza unica e quindi “da ricordare”. Altrettanto importante è il rapporto con i media, “le media relations” sia on line che off line, strumento di relazione con i costruttori dell’opinione pubblica che per uno Studio professionale possono essere veicolo di promozione indiretta.
La comunicazione interna.
Sono cinque i punti fondamentali per creare una buona comunicazione interna e interpersonale: imparare ad ascoltare; non dare per scontato che gli altri siano in errore; leggere quello che c’è e non ciò che ci aspettiamo di trovare; confrontarsi con gli altri; condividere i risultati. Il valore del capitale umano per uno Studio professionale è indiscutibile, le persone però non sono delle macchine che eseguono i nostri ordini senza alcun problema. Il professionista che condivide lo Studio con soci, collaboratori, dipendenti dovrà quindi tenere conto della percezione che gli altri hanno delle sue parole, dei suoi gesti e dei suoi comportamenti. La prima regola per creare una buona comunicazione interna è quindi la trasparenza, per limitare ai minimo incomprensioni ed errori: ciò vuol dire favorire l’accesso alle informazioni valide ed esaurienti, definire e rispettare regole condivise. La definizione delle regole permette inoltre il rispetto del lavoro proprio e dell’altro e quindi un clima sereno. Ultimo spunto: ricordare che un errore fatto da un collaboratore, un socio, un dipendente lo è anche dello Studio nella sua interezza. E necessario quindi, da un lato, non denigrare la persona che ha errato, ma criticare solo la sua azione; dall’altro, ammettere davanti al cliente l’errore come errore della squadra, al quale la squadra stessa potrà rimediare.
Il marketing.
Se la comunicazione e le relazioni pubbliche contribuiscono all’esistenza dello Studio professionale nel mercato, il marketing invece aiuta i professionisti a creare nuove opportunità di guadagno. La definizione che ne possiamo dare, quindi, è quella di un processo che mira ad individuare le esigenze dei potenziali clienti e le soddisfa attraverso la progettazione, comunicazione, la determinazione economica e la distribuzione di offerte appropriate e competitive. Fare marketing per uno Studio professionale vuoi dire mettere il cliente al centro della propria attività, e contemporaneamente riflettere sulla propria identità per capire meglio le proprie caratteristiche, i propri servizi di punta, il cliente al quale si vuole offrire la propria professionalità e come differenziarsi dai concorrenti. Uno studio professionale che decide di intraprendere un processo di marketing inizierà a individuare i propri clienti e a capire, quindi, quali sono i motivi per cui è stato scelto da quei clienti. La fotografia della realtà permetterà poi di studiare i propri servizi e progettare azioni e iniziative utili per promuoverli nei confronti dei potenziali clienti. Il marketing è un processo che una volta iniziato coinvolge tutti coloro che operano all’interno dello Studio, dalla segretaria al dominus, ognuno in relazione al proprio ruolo e alla propria funzione.
Tratto da L’Impresa
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