La svolta sacra e quella profana
01/03/2013
Un momento storico eccezionale, in cui si intersecano due vicende di primo piano per l'Italia ed il mondo, i risultati delle elezioni e le dimissioni del Papa. Due diversi volti della comunicazione. La riflessione di _Orietta Rappolli._
I due volti della comunicazione.
di Orietta Rappolli
Che contrasto.
Due vicende eccezionali, si chiudono quasi simultaneamente ed altrettanto sincronicamente aprono scenari sospesi e complessi.
L’una, quella politica, torbida, avvelenata, scaduta, rumorosa e infida.
L’altra, la conclusione di un papato, avvolta di emozione, sconcerto, interrogativi.
La prima a mettere in gioco se stessa con ogni mezzo e per ogni ritorno.
La seconda esprimersi misurata e nel segno essenziale.
La politica disposta a tutto, la conosciamo bene.
Quella che trucca i suoi connotati per parlare alle idee, come ai fatti, e quella che affonda le viscere.
E già siamo in overdose di “pancia”, chiamata a definire una mole di voti pieni di risentimento.
Qualcuno dice di speranza.
Come se la speranza potesse essere di una parte sola. O la pancia.
Le analisi, certo, classificano corrette le appartenenze e le scelte.
Così il pensiero moderato viaggia per la tradizione distribuita (più o meno disomogeneamente) tra leader di destra, centro e sinistra, anche quando lo stile “sessuale” ne “spregiudica” qualcuno (ugualmente negli “antichi e nuovi” gusti), e quello “sovversivo” si accasa ufficialmente, e fieramente, nella rivolta di ventre.
Giustiziero, punitore, autoinvestitosi del potere purificatore.
Che stridore.
Con l’immagine vestita di bianco, che affida alla semplicità tutto il carico di una scelta integra.
Con le parole composte e profonde, limpide ed efficaci come il gesto che spiegano, universali.
Rimettere nelle mani di Dio la “potestà”, richiamare alla dignità la famiglia umana, fare appello al senso ultimo dell’uomo con l’esempio della propria umile forza.
E’ finita l’era dei reality? Forse no.
Anni fa qualcuno teorizzò che la tv sarebbe stata della gente comune e fu un anatema.
Spettatori autori di se stessi a confezionare con la propria smania di notorietà, tv spazzatura.
Un’intera “epoca” mediatica si è sperperata nel linguaggio “di pancia”.
Schiere di addetti a catturare il basso ventre, per fare audience, cassa, fortuna varia.
E’ il momento della politica.
Che arranca il consenso a suon di slogan, attenta il competitor a colpi di dossier, passando per blog e televoto, pur di intercettare la “gente”.
Una mano in tasca, l’altra pure, una terza allestita all’uopo, a mendicare quel pane che è intenta a togliere.
E ad offrire un seggio a tutti.
La politica fatta dalla gente per la gente. Come la tv.
Come l’informazione, ce lo rammenta il citizen journalism.
Che cominci lo spettacolo.
E mentre la campagna elettorale si chiudeva imperversando tra deboli promesse, “spettrali premesse” e violenti vaffa, gli stessi mezzi che soffertamente la riverberavano, ci offrivano con attenzione, dal di là del tevere, il saluto discreto, quanto spiritualmente potente, l’Addio dell’ultima Figura designata a scrivere la Storia dell’umanità e a predisporne il passo futuro.
A generare una risposta di “cuore”. E pensiero.
Appariva, la comunicazione attorno all’annuncio inatteso, esile, intenta alle cose del mondo, a darne traduzione terrena.
Sembrava mancare il cenno spirituale, nell’adempiere alla domanda laica incalzante del come, perché, quando.
Si rivelava, invece, gradulamente, nella forza del messaggio puro, diretto.
Superiore.
Che, per chiunque, credente o meno, ha lasciato spazio alla verità.
Al portato spirituale ineludibile, oltre quello “temporale”, primato senza il quale l’intera Istituzione non avrebbe ragione.
Durante la diretta Rainews 24 della partenza di Benedetto XVI, il conduttore interrompeva correttamente la cronaca per dare spazio suggestivo e significativo, al suono delle campane spiegate in San Pietro e il contemporaneo rumore delle pale dell’elicottero, sull’immagine stessa, a commento efficace e diretto dell’evento.
Nessuna ricerca sensazionale, nessun pathos forzato.
Sappiamo come, la figura di Papa Ratzinger abbia ottenuto in questa ultima, toccante, “occasione di Magistero”, una disposizione diversa e più vicina, in chi non lo apprezzasse.
Le analisi, potrebbero chiamare in causa l’impatto emotivo dell’evento, ma onestà intellettuale vuole che ne sia l’effetto, e invece, il gesto autentico, esemplare nella verità, ad esserne causa.
E ad indurre rispetto e correttezza in chi ha diffuso, commentato, interpretato.
Siamo un paese stremato dalla politica, e non solo, avviato, già dentro, ad una discesa morale, civile, sociale.
Chi opera nella comunicazione, non può sottrarsi alla propria complicità in un senso o nell’altro.
Deve fare i conti con la propria natura di trasmissione attiva e incisiva.
Imporsi di spezzare la spirale del sistema che della comunicazione si serve per “irretire” con le buone o con le cattive.
Il momento sta dimostrando, nella buona comunicazione, che la pancia non è la sola “anima” ad abitare l’uomo. C’è una coscienza.
Gli uomini e le donne delle piazze accese e quelli della piazza commossa, di questi giorni, hanno scoperto debolezza e grandezza di un tempo che si dimena contro se stesso.
E non cede, talvolta, al linguaggio pulito del silenzio.