Secondo una ricerca del Fondo Monetario Internazionale l'intelligenza artificiale avrà un impatto su quasi il 40% dei posti di lavoro a livello globale, sostituendone alcuni e integrandone altri. L’intervento della politica sarà, quindi, importante per sfruttare appieno il suo potenziale, mitigandone gli effetti negativi.
Valentina Citati
La rapida ascesa del fenomeno dell’Intelligenza artificiale ha, come tutte le ultime novità tecnologiche, destato entusiasmi e preoccupazioni, in particolare per i suoi effetti a livello economico e sociale. Basti citare la capacità di produrre in pochi minuti articoli, saggi e perfino romanzi sulla base di istruzioni fornite dal richiedente, di elaborare campagne di marketing o modelli previsionali per intuire come diverse professioni si sentano minacciate da questo rivale tecnologico.
Siamo di fronte all’ennesima rivoluzione che, dopo l’avvento della televisione, di Internet, del web 2.0 con i social media, è destinata a mutare il nostro mondo contrapponendo le schiere degli apocalittici e degli integrati nel disegnare possibili scenari futuri?
Un report dell’FMI, intanto, fornisce qualche dato interessante su cui riflettere: quasi il 40% del mercato dell’occupazione globale sarebbe affetto dall’influenza dell’IA ma, a differenza dell’automazione e delle tecnologie informatiche che hanno avuto effetti soprattutto a livello produttivo/operativo, in questo caso ad essere impattati sarebbero i lavori altamente qualificati (i cosiddetti colletti bianchi in altre parole). Pertanto, sono proprio le economie avanzate che saranno maggiormente interessate (almeno in questa prima fase) dai benefici e rischi ad essa connessi (con circa il 60% dei posti di lavoro influenzati) rispetto a quelle emergenti e in via di sviluppo.
Tra i benefici certamente si cita un aumento della produttività, soprattutto, mi permetto di aggiungere, se tale utilizzo viene associato con competenze di settore capaci di sfruttarlo nel modo giusto e cioè come un valido supporto su cui lavorare ulteriormente e non facendo un mero copia e incolla dei risultati ottenuti. I rischi, invece, sono facilmente intuibili nella possibilità che certi lavori vengano sostituiti dalla potenza di calcolo di queste macchine o addirittura scompaiano.
Per aiutare i Paesi a elaborare le giuste politiche, l'FMI ha sviluppato un indice di preparazione all'IA che ne misura l’efficacia in aree quali le infrastrutture digitali, il capitale umano e le politiche del mercato del lavoro, l'innovazione e l'integrazione economica, la regolamentazione e l'etica.
Con questo indice sono stati valutati 125 paesi. I risultati mostrano come le economie più ricche, comprese quelle avanzate e alcune economie di mercato emergenti, tendono a essere meglio attrezzate per l'adozione dell'IA rispetto ai Paesi a basso reddito, sebbene vi sia una notevole variazione tra i Paesi anche in merito alle misure da adottare.
Il messaggio è chiaro: l’Intelligenza artificiale è qui per restare ma è in nostro potere (dei governi in particolare) guidare il cambiamento perché sia vantaggioso per tutti. Solo così potremmo rendere la transizione all'IA più inclusiva e giusta, proteggendo i mezzi di sussistenza e riducendo le disuguaglianze.