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Meloni: la comunicazione è sempre centrale per le aziende

20/02/2020

Redazione

In occasione della presentazione degli Effie Awards 2020 presso la sede di Google, Carmelo Stancapiano ha incontrato Vittorio Meloni, Direttore Generale di UPA dallo scorso maggio, e gli ha posto alcune domande sulla sua nuova esperienza.

Fino alla nomina di DG di UPA il tuo percorso professionale nell’ambito delle Relazioni Pubbliche è stato notevole. Direttore in Olivetti, Telecom, Alfa Romeo e Intesa Sanpaolo a cui bisogna aggiungere altre cariche in Auditel, Ads e nell’UPA stessa. Adesso sei idealmente dall’altra parte della “barricata”, pertanto, pensi che la tua esperienza sarà utile per confrontarti alla pari con le aziende?
Le esperienze aziendali in settori industriali così diversi mi hanno permesso di vedere la comunicazione all’opera in contesti e con modalità molto differenti. Dal lancio di nuovi prodotti alla gestione di crisi improvvise e difficili, da operazioni finanziarie inedite e complesse a iniziative culturali di grande risonanza. Dal mondo delle aziende ho imparato che la comunicazione è sempre centrale, anche quando, all’apparenza, non viene percepita così dal management. Quindi bisogna sempre concepirla e condurla con la massima competenza e con quella visione strategica senza la quale perde slancio e valore. Il confronto con le aziende UPA parte da questi stessi presupposti: creare le condizioni perché il mercato sia sempre un ambiente favorevole alla comunicazione, in particolare quella pubblicitaria, e possa contare su regole chiare, trasparenti, condivise. In questo senso vanno alcune tra le più importanti iniziative di UPA varate in anni recenti come il “Libro bianco sulla comunicazione digitale”, punto di riferimento per tutta la nostra industry, il lavoro sui KPI, vera e propria guida alla valutazione degli impatti della comunicazione, i recenti accordi con UNA e altri in tema di gare creative e gare media. E l’elenco potrebbe continuare.

Una volta inserito nei meccanismi dell’UPA quali pensi siano le cose da migliorare e/o da proporre al mondo della Comunicazione? Hai qualche idea che avevi da tempo nel cassetto quando eri in azienda?
UPA ha una solida reputazione, costruita in decenni di storia e rafforzata da personalità come Lorenzo Sassoli de Bianchi, che la presiede da oltre un decennio. Sotto la sua guida UPA è cresciuta, svolgendo ancora meglio quel ruolo di cerniera tra i molti mondi della comunicazione: inserzionisti, media tradizionali, media digitali, giganti del web. In questo senso, UPA non è solo un’associazione, centrale nel mercato italiano, ma è anche una società di servizi e il luogo in cui prendono corpo nuovi progetti per la nostra industria e per i numerosi operatori che ne fanno parte a vario titolo. Non sono arrivato in UPA con idee già maturate altrove se non quella, che ritengo cruciale, di spingere l’associazione a proporre e sviluppare nuove piattaforme, capaci di interpretare, a vantaggio delle aziende, la nuova accelerata fase di trasformazione digitale.

Il paradigma del digitale ha sicuramente cambiato, rendendole più complesse, le regole del gioco. Ma ha offerto alla società nuove opportunità. Dato per scontato che l’investimento nel digitale è fuori discussione, qual è per te il corretto modo di precedere?
Il digitale non è più solo una tecnologia, ma un nuovo ecosistema economico. Non si tratta soltanto di adottare nuove tecnologie, quanto piuttosto di sviluppare nuovi modelli organizzativi e di business, che di quelle tecnologie, in continua espansione, si avvalgono. La nuova economia digitale richiede soprattutto una nuova cultura, anche di comunicazione. Il mondo dei media si è profondamente trasformato, così come si sono radicalmente modificate le abitudini dei consumatori. Per le aziende si è aperto uno scenario inedito, ricco di opportunità da cogliere. Si tratta di ripensare le modalità con le quali ‘conversare’ con i propri clienti, utilizzando la potenza delle nuove piattaforme digitali e social per raggiungere milioni di persone, profilando per ciascuno di loro contenuti specifici. I media tradizionali, a loro volta, devono valorizzare i loro brand nell’universo digitale, così come sta accadendo, ad esempio, con i broadcaster televisivi che da qualche tempo possono misurare, grazie ad Auditel, la loro coda lunga su tutte i device digitali. 

Il digitale ha anche evidenziato delle zone d’ombra: gli hacker, i falsi risultati, le rilevazioni dei contatti non sempre trasparenti. L’Upa ha da subito combattuto con interessanti iniziative queste problematiche. Si ha però la sensazione che solo adesso in molte aziende vi sia la percezione a non fidarsi di risultati poco controllabili. Qual è la tua opinione in merito?
La rivoluzione digitale impone regole nuove, che stanno con molta fatica emergendo, soprattutto per iniziativa dell’Unione Europea. Il GDPR, ad esempio, è uno strumento legislativo molto rilevante che dispiegherà in suoi effetti nel tempo ma che già oggi rappresenta un’importante barriera alla violazione su larga scala della privacy. Ci sono altri fenomeni complessi e perniciosi su cui il mercato, con le sue scelte e suoi comportamenti, può fare la differenza. UPA, su questo fronte, è molto attiva nell’orientare le aziende e fornire un quadro di riferimento per l’adozione di politiche trasparenti da parte degli operatori della rete. Il “Libro bianco”, come si è detto, ne è un esempio, cosi come la Digital Chart, messa a punto con lo IAP (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria), insieme a molte altre iniziative, ad esempio nel campo della misurazione e della certificazione delle audience.

Nel corso del recente IAB Forum vi sono stati un paio di incontri con studi legali che proponevano alle aziende contratti ad hoc da proporre agli “influencer” per tutelarsi da comportamenti irregolari. Un recente studio della NATO rivela che sono sufficienti 300 euro per comprare 25.000 like. Ambiti scivolosi. UPA cosa consiglia ai propri associati  per quanto riguardo l'utilizzo di "Influencer?
Gli influencer sono una realtà in forte crescita. Operano in moltissimi ambiti, con una presa crescente sulla comunicazione commerciale. È un fenomeno che seguiamo con attenzione e al quale vogliamo dedicare un momento di approfondimento nei prossimi mesi. Con le aziende che ne fanno uso c’è un dialogo aperto, anche per individuare le migliori formule contrattuali e valutare l’efficacia di questi nuovi media. Bisogna aggiungere che è stato possibile, negli scorsi mesi, coinvolgere diverse importanti piattaforme di influencer, che rappresentano diverse centinaia di operatori, e che hanno deciso di sottoscrivere le regole IAP: un fatto di grande rilievo, che rende più trasparente e riconoscibile l’attività promozionale svolta dagli stessi influencer.

UPA è stata sempre in prima linea nella formazione con master, webinar, workshop con autorevoli esperti su temi ad hoc, convegni anche in collaborazione con altre associazioni. Dal tuo punto di vista cosa può ancora fare UPA per aiutare le aziende?
La formazione è un elemento centrale dell’attività di UPA e sta crescendo. Il 2019 è stato l’anno del varo di due nuove importanti progetti: un Master in diritto della comunicazione commerciale e un Master in data science per la comunicazione digitale. Due iniziative di grande successo che hanno occupato uno spazio specifico nell’offerta formativa di alto livello e che si affiancano al tradizionale, e seguitissimo, Master in strategie di comunicazione integrata. Numerosissimi sono i workshop, con aziende e specialisti anche stranieri, sui più diversi temi d’attualità nella comunicazione e nella pubblicità. UPA vuole continuare ad offrire ai propri associati e al mercato momenti qualificati di aggiornamento e formazione, distribuiti durante tutto l’arco dell’anno. Stiamo anche valutando possibili partnership per ampliare e diversificare l’attività di formazione che rappresenta uno degli aspetti distintivi della nostra attività.

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