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Nuove reazioni alla prolusione di Invernizzi sul ruolo delle rp

02/03/2004

Ecco (in ordine di pubblicazione) Sergio Vazzoler, Nicoletta Cerana e Furio Garbagnati e un ampio intervento di Attilio Consonni. L'introduzione del Presidente Sissi Peloso

Proseguono questa settimana gli interventi a commento della prolusione di Emanuele Invernizzi: dopo Toni Muzi Falconi e Gianpietro Vecchiato, è la volta di Attilio Consonni, Nicoletta Cerana, Furio Garbagnati, Sergio Vazzoler. A fianco di coloro che hanno avuto voglia e tempo di redigere il loro intervento, molti sono stati i commenti pervenuti verbalmente o per e-mail. L'argomento tiene banco nel corso dei contatti personali e telefonici che i soci (e non soci) hanno in questi giorni.Non accade spesso che un tema professionale riesca a coinvolgere ed attivare un cospicuo numero di reazioni e il fenomeno non può e non deve passare inosservato ma, anzi, diventare occasione di riflessione e spunto per consolidare il percorso che impegna Ferpi nel tracciare e definire la cultura professionale.Dalla lettura dei contributi emerge chiaramente la tendenza (necessità) di conciliare e integrare tra loro le posizioni accademiche con quelle professionali: se ciò è vero, in generale, per qualsiasi professione, ancor più lo è per le R.P. che possono contare su un corpo di conoscenza che, sebbene condiviso, non può prescindere dai mutamenti e dalle sollecitazioni a cui è sottoposta quotidianamente.Ciò avvalora e rende ancora più significativa la scelta fatta dal direttivo Ferpi quattro anni or sono di attivare la Sezione Education proprio con l'intenzione di rendere permanente un confronto tra il mondo accademico e quello professionale, che non può non condizionare il presente e il futuro della professione, rendendoci (e credo di non esagerare) protagonisti di un processo teso ad affermare con forza il ruolo ormai imprescindibile delle R.P. nella governance di un'organizzazione.Il mio invito è quello di continuare ad alimentare il dibattito, arricchendo le riflessioni di ciascuno di noi ed offrendo spunti e punti di osservazione di cui la professione può solo che beneficiare.Un grazie a Emanuele Invernizzi per una duplice ragione: per aver avviato il confronto e per aver segnato una tappa storica della professione, dedicando la prolusione dell'apertura accademica dello IULM alle Relazioni Pubbliche; un grazie davvero sentito a tutti coloro che sono intervenuti e a coloro che, spero numerosi,  vorranno ancora intervenire sull'argomento.Sissi Peloso - Presidente Ferpi
INTERVIENE SERGIO VAZZOLERQuestionario inevaso: la reputazione passa anche da qui...Caro Direttore,Ho letto con grande interesse la prolusione di Emanuele Invernizzi e i successivi commenti di TMF e Vecchiato: concetti importanti, su cui vale la pena soffermarsi a riflettere, per tentare di capire chi siamo veramente (intendo professionalmente, anche se il sottoscritto ogni tanto estende la riflessione in senso introspettivo....).Concetti quali l'etica, il governo della reputazione, l'influenza...così complessi da definire, così soggetti a libera interpretazione...portano ovviamente a dividersi, a puntualizzare, a dissertare...Certo, la rappresentazione di Vecchiato sulla nostra professione utilizzata su "commessa" mi pare senza dubbio la più realistica. Così come condivido il richiamo di TMF al saper comunicare efficacemente, anziché premere l'acceleratore sul cosa comunicare.Ma a parte questo, caro direttore, abbandono i concetti altisonanti e viro rapidamente sui numeri: dalle informazioni raccolte risulta che dopo 2 settimane dei 1000 volti della Ferpi, meno di 10 si sono svelati per accogliere la tua proposta di compilare il questionario della nostra amica laureanda.Qui non si tratta, come dici tu, di avere un cuore di pietra...il problema è da ricercare nella distanza tra le dissertazioni e l'applicazione di concetti quali l'ascolto, l'analisi, le strategie-riflettive (?)...Nel suo questionario, Luisa Da Re ci chiede:Cosa significa secondo Lei "fare relazioni pubbliche alla professione"?Ottima domanda, caro direttore, inevasa ma pur sempre ottima....Sergio VazzolerINTERVIENE NICOLETTA CERANAI paradossi che fanno crescere la professione(Di Nicoletta Cerana potete leggere anche una riflessione sul tema della reputazione, da scaricare in .doc)Tra il 1994 e il 2004 le relazioni pubbliche hanno fatto più passi avanti di quanti non ne abbiano fatti nei 30 anni precedenti. Se oggi possiamo parlare di "professione" e non più di "mestiere" lo dobbiamo non soltanto alla capacità tecnica dei suoi operatori e all'impegno della Ferpi ma anche allo sforzo con cui il mondo accademico ha accompagnato lo sviluppo del settore creando un corpo di conoscenze comuni e  promuovendo il miglioramento continuo delle competenze specialistiche.I risultati di questo sforzo accademico che ha favorito la crescita della nostra industry hanno trovato nella prolusione con cui Emanuele Invernizzi ha aperto l'anno accademico dell'Università IULM una sintesi intelligente ed una provocazione che non può non piacere a chi si interroga sul futuro della professione.E' stimolante la tesi di Invernizzi secondo cui l'affermarsi di dinamiche relazionali ed etico valoriali complesse stia determinando un progressivo mutamento  delle finalità e del ruolo delle relazioni pubbliche:  da  creazione dell'immagine a  gestione e sviluppo  della reputazione. Dal mio punto di vista la tesi è stimolante per due ordini di motivi

in primo luogo perché apre ufficialmente il dibattito sul tema della   reputazione, valore intangibile e concetto di stretta attualità manageriale. Il tema della reputazione, insieme a quello della fiducia  merita un confronto che mi permetto di aprire (vedi considerazioni sul tema "Immagine, credibilità, reputazione e fiducia") augurandomi che altri comunicatori e relatori pubblici vogliano esprimere la loro opinione in merito;
in secondo luogo perché  aiuta la riflessione di quanti, nell'ambito delle relazioni pubbliche, si occupano più specificamente di responsabilità sociale, tema strettamente interdipendente a quello della reputazione (la performance sociale gioca un ruolo cruciale nella costruzione della reputazione) e sul quale è necessario capire quale è e quale potrà essere in futuro il ruolo concreto dei relatori pubblici.
Ben vengano quindi dal mondo accademico i paradossi e  le  provocazioni necessarie  per  continuare a riflettere in modo nuovo sulla la professione e  per non appiattarsi sul già visto e conosciuto.Nicoletta CeranaINTERVIENE FURIO GARBAGNATIPoche parole di commento alla prolusione di Invernizzi ed al successivo dibattito che ha visto gli interventi di Muzi Falconi e di Vecchiato. Innanzi a tutto un ringraziamento ad Invernizzi per aver posto il tema delle relazioni pubbliche come centrale in occasione della inaugurazione dell'anno accademico dello IULM: credo che per tutti noi sia stato un momento molto significativo e che, come ha giustamente scritto Muzi Falconi, resterà nella storia delle relazioni pubbliche italiane. Personalmente credo che, al di là del dibattito (e delle polemiche) immagine/reputazione, l'elemento più importante (e totalmente condivisibile) della prolusione di Invernizzi risieda nella individuazione del nuovo ruolo che le relazioni pubbliche ed i suoi operatori rivestono nel contesto strategico ed operativo delle organizzazioni entrando a far parte della "coalizione dominante " che governa l'impresa. Non vi è alcun dubbio che il ruolo del comunicatore sia cresciuto passando da puro tecnico a quello di componente del sistema complesso di management dell'impresa e ciò in quanto la comunicazione  come strumento per creare domanda sull'impresa stessa ne diviene la necessaria ed indispensabile estensione delle politiche strategiche, finanziarie e commerciali. Non è poi questione di lana caprina, la sottolineatura fatta da Invernizzi, che questo ruolo non spetti solo alla comunicazione come entità "astratta" ma ai professionisti della comunicazione. E' a mio parere, un punto molto importante poiché è qui che si inserisce il vero meccanismo di passaggio che fino ad oggi non era mai stato evidenziato con forza e scientificità. Se questo, ripeto, è il punto centrale della prolusione, due parole vanno anche spese sulla questione immagine/reputazione. I terreni semantici sono spesso scivolosi ed ancora più spesso equivoci e si rischia di avvitarsi in discorsi astratti . Personalmente non condivido appieno né l'interpretazione di Invernizzi che sembra porre una distinzione antagonista tra le due cose né l'immagine del "sarchiapone consulenziale " di Muzi Falconi. E per dirla tutta non condivido neppure la tesi di Grunig  che la comunicazione e le relazioni pubbliche non possono incidere sulla reputazione. E' verissimo, tanto da essere ovvio, che il valore aggiunto del comunicatore sta nel saper comunicare (e non credo che Invernizzi ne abbia voluto negare il valore) ma bisogna stare attenti a non confinare questo ruolo nella tecnica. Non vi è dubbio che oggi il professionista di relazioni pubbliche sia un "sostenitore" di reputazione ed è la naturale conseguenza dell'evoluzione del sistema culturale che da cultura del prodotto è passato a cultura del brand e quindi di reputazione. Nostro obiettivo primario è la costruzione di sistemi di relazione di cui reputazione ed immagine sono elementi centrali che si riflettono uno sull'altro in un circolo virtuoso (o vizioso) e spesso con grande rapidità. Non è affatto vero che la reputazione non si possa modificare rapidamente mentre è verissimo che la reputazione si costruisce attraverso un processo lungo e complesso basato essenzialmente sui comportamenti e sulle azioni compiute dall'organizzazione ma anche e non dimentichiamocelo sulle modalità con cui questi comportamenti ed azioni vengono comunicati. Il relatore pubblico e più in generale il comunicatore quindi, a mio parare, incidono eccome sulla reputazione di una  azienda : il passaggio da valore economico a valore di mercato (di cui la reputazione è elemento essenziale) è conseguente proprio ai processi comunicativi messi in atto dall'impresa o dall'organizzazione.Furio GarbagnatiINTERVIENE ATTILIO CONSONNIDesidero motivare il mio primo e immediato commento alla "prolusione" di Emanuele Invernizzi che ho ascoltato di persona allo IULM in occasione dell'apertura dell'anno accademico. Ho subito inviato un messaggio al Presidente della Commissione di Aggiornamento e Specializzazione, Alessandra Veronese, e al Presidente Ferpi, Sissi Peloso, proponendo loro di fare dell'argomento "le relazioni pubbliche dalla costruzione dell'immagine al governo della reputazione" oggetto di uno specifico seminario di specializzazione, convinto che una discussione su questo tema coinvolgerebbe molti colleghi con esperienze professionali significative, segnando l'avvio di un approfondimento di forte impatto nel definire e qualificare una "cultura professionale" e nel fissare elementi utili a precisare l'identità delle attività professionali di relazioni pubbliche.Sono convinto, anche per il ruolo che negli ultimi anni sono stato chiamato a svolgere nell'ambito della Ferpi come presidente della Commissione di Esami e di Verifica e per i colloqui individuali che ho avuto con qualche centinaio di colleghi, che approfondire le "definizioni" e le metodologie applicate sia un dovere per un'associazione di carattere professionale, come è la Ferpi e vuole continuare ad essere.Mi ritengo "legittimato" ad esprimere questo mio convincimento perché so di essere tra i pochi che possono dare testimonianza diretta sul percorso compiuto e, perché no, sulle prospettive future delle attività professionali di RP.Nel prossimo mese di maggio saranno per me quarant'anni di un cammino tutto e sempre nel mondo professionale delle RP, di cui i primi trentacinque trascorsi in una multinazionale, con esperienze in Italia ed in altri Paesi, accompagnati da un altrettanto lungo confronto nelle associazioni professionali, prima nella FIERP poi dalla sua fondazione nella FERPI, da una partecipazione a livello europeo nella CERP per quasi vent'anni e nell'IPRA. In tutte queste situazioni ho avuto l'opportunità di confrontarmi con la realtà della nostra professione in altri Paesi, grazie a decine, centinaia di colleghi professionisti nelle relazioni pubbliche di cui ho conosciuto ruoli, responsabilità ed esperienze professionali.Negli anni '70 e negli anni '80 la FERPI ha avuto un ruolo decisivo nel costruire l'identità della nostra professione, in sintonia con le esigenze del mondo dell'impresa e della società nel suo insieme. Questo ruolo fu costruito giorno per giorno, nel quadro di una "responsabilità istituzionale" che caratterizzava la nostra Associazione nei suoi vari livelli, dal Consiglio Direttivo Nazionale ad alcuni dei Comitati Regionali allora attivi.Nacquero allora le "schede di accreditamento", che posero le basi di definizioni e di metodologie comuni, attraverso seminari autogestiti di una giornata che seguivano ogni riunione del Consiglio Direttivo Nazionale ed a cui partecipavano con contributi significativi tutti i componenti del Consiglio e degli Organi sociali eletti dai soci in ragione di una loro riconosciuta leadership e capacità professionale, titolari di agenzie, consulenti, quadri dirigenti di funzioni di RP anche di grandi imprese.I punti di vista, comuni e condivisi, espressi nei testi delle schede furono alla base di convegni a livello nazionale e locale in cui si traduceva e si trasmetteva un insieme di linee guida, di veri e propri "elementi chiave" di una cultura e identità della professione, i cui caratteri furono riconosciuti ed accettati perché chiarivano strategie e obiettivi, proponevano criteri di analisi e metodologie, in un contesto in cui mancava qualsiasi altro riferimento.Per questa "storia", per le esperienze allora vissute è opportuno rilanciare nella nostra Associazione professionale una discussione ed una capacità di elaborare una nostra cultura e identità professionale, in sintonia con i cambiamenti che caratterizzano la vita sociale ed economica del nostro Paese, con le profonde modifiche che sono intervenute ed intervengono nell'economia, nei servizi, nel sociale, con la disponibilità di nuovi mezzi e strumenti.La FERPI deve riassumere un ruolo propositivo, per dare valore all'insieme delle proposte che i nostri iscritti hanno condiviso nell'Assemblea Generale di Roma lo scorso anno, quando furono eletti il Consiglio e gli Organi sociali.La "prolusione" di Emanuele Invernizzi, professore di ruolo allo IULM e Consigliere nazionale FERPI, è per me importante perché la considero il punto di partenza, lo stimolo di una discussione che non deve però limitarsi al contributo di qualche collega più autorevole o più attento, ma deve proporsi come avvio di un processo di elaborazione e di decisione che porti a raggiungere conclusioni condivise, tali da "fissare" attraverso documenti e testi i contorni e gli elementi chiave dell'identità della nostra professione. Il "come" arrivare a queste conclusioni è compito del Presidente, del Consiglio Direttivo nazionale, dei diversi Organi sociali, ciascuno per le sue competenze. Quello che conta è il risultato finale, ambizioso ma che dobbiamo proporci di raggiungere.E' vero che oggi esistono corsi di laurea in Relazioni Pubbliche e di Scienze della Comunicazione, da pochi anni. Non si tratta di "certificarne la qualità" ma come Associazione professionale dobbiamo precisare quali sono gli elementi e i contenuti che li devono caratterizzare, i riferimenti operativi per garantire una formazione adeguata alle opportunità ed alle necessità del mondo professionale che la FERPI rappresenta.La FERPI deve mantenere e sviluppare una sua identità come associazione professionale, una capacità di elaborare modelli, metodologie, contenuti propri di una attività professionale in cui si collocano e si riconoscono non solo gli iscritti, ma migliaia e migliaia di colleghi che operano con responsabilità di RP per imprese, enti, organizzazioni, nei più disparati campi di attività economiche e sociali.Abbiamo alla base una definizione condivisa che vuole le relazioni pubbliche come attività rivolte a pianificare e gestire (e quindi governare) i sistemi di relazione con un'ampia serie, quasi infinita di pubblici, di cui abbiamo imparato a distinguere e a classificare gli interessi in funzione della loro collocazione come "stake holders".Abbiamo in comune una capacità di analisi sui "problemi" che i nostri committenti o datori di lavoro devono affrontare, sappiamo proporre strategie e determinare obiettivi propri per i diversi sistemi di relazione.Sappiamo che un'impresa o un'organizzazione, indipendentemente dalla sua collocazione e posizionamento nel mercato, viene considerata come un soggetto attivo in un processo che coinvolge e lega l'impresa e l'organizzazione, i prodotti, i servizi, i consumatori e gli utenti, l'opinione pubblica in generale oppure espressa da gruppi ed organizzazioni, la concorrenza, in una rete e processo di scambio ricco di interazioni. Una rete e un processo "culturale" perché per il solo fatto di esistere un'impresa, una organizzazione, scambia le sue conoscenze con le conoscenze e i valori di altri soggetti attraverso le informazioni.Sappiamo che in una rete di relazioni, in un processo di scambio si determinano emozioni, sentimenti, giudizi attraverso cui dall'informazione si fissa un'immagine per realizzare una percezione. Il confronto tra immagine e percezione porta a definire e concretare una reputazione.Abbiamo imparato che il sistema di relazioni avvia un percorso in cui ogni traguardo non è un punto d'arrivo, ma il punto di partenza per migliorare le conoscenze, la "stima" nei confronti di un'impresa, di una organizzazione, di una persona.Abbiamo imparato ad identificare i valori, quell'insieme di elementi che presidiano e orientano le strategie ed i comportamenti su cui l'opinione pubblica, gli "altri" giudicano, valutano e misurano.La trasparenza, l'equità dell'impresa, la determinazione, la ricerca dell'eccellenza, la capacità di anticipare i cambiamenti sono alcuni dei valori condivisi in cui si identifica la nostra professione.Perché attivare sistemi di relazioni attraverso cui comunicare?Perché dobbiamo fare sempre tutto quello che è necessario fare per far crescere e gestire la buona reputazione dell'impresa, dei suoi prodotti, dei suoi servizi, della sua gente.Abbiamo imparato a distinguere l'informazione dalla comunicazione, perché diverse sono le qualità delle intenzioni, degli obiettivi della fonte, del soggetto attivo nel sistema di relazioni che ritiene di avere qualcosa da dire e che per questo elabora un messaggio.Suggeriamo una notizia, segnaliamo qualcosa che apparentemente qualcuno non conosce e per questo informiamo. Quando cerchiamo di capire attraverso l'analisi come questa notizia viene ricevuta dai soggetti a cui è destinata, quali sono le sue reazioni e le confrontiamo con i nostri obiettivi, allora cominciamo a comunicare.Quando poi teniamo conto delle reazioni e dei giudizi che vengono originati in soggetti diversi da quelli a cui abbiamo indirizzato la nostra notizia, quando teniamo conto dell'insieme delle opinioni nei pubblici allargati, abbiamo imparato a comprendere che non possiamo limitarci all'informazione di un prodotto, di un servizio, ad una mera informazione alla stampa o ad altri interlocutori.Le informazioni e le notizie divengono elementi costitutivi dell'immagine di un'impresa, di un prodotto, di un servizio, di una organizzazione, perché raggiungono destinatari che l'impresa e l'organizzazione ha individuato e scelto perché abbiano conoscenze concrete.Il campo di azione, quando si lavora per l'immagine, è delimitato e ristretto, mira ad informare per ottenere un'adesione di pubblici circoscritti, prossimi per i loro interessi o per le loro caratteristiche all'impresa o all'organizzazione.Quando pianifichiamo e gestiamo sistemi di relazione, determiniamo i destinatari dell'attività d'informazione, ci proponiamo obiettivi di costruzione o di qualificazione a livello di immagine che via via si affinano e attraverso le reazioni che l'analisi ci consente di valutare, si trasformano in obiettivi di "percezione" in cui assumono un peso le opinioni espresse da pubblici più lontani che influiscono sulla percezione.Informiamo e comunichiamo, alimentiamo l'immagine dell'azienda, dell'organizzazione, dei prodotti e dei servizi, raggiungiamo una percezione in cui nella rete incidono opinioni e giudizi di pubblici più lontani. Allora e solo allora siamo in grado di valutare la reputazione complessiva con cui un qualsiasi pubblico misura l'impresa, l'organizzazione, i prodotti e i servizi.La missione della comunicazione, guidata dalla scelta di attivare sistemi di relazioni con una serie di pubblici, si esprime attraverso una capacità di "management of the reputation", in cui si configurano tre diversi livelli, l'immagine, la percezione e la reputazione che si riferiscono ad altrettanti obiettivi, graduali e differenti in un processo di logica e di razionalità. Immagine, percezione e reputazione aiutano a comprendere e conoscere cosa si fa, perché e per chi lo si fa, sono livelli che identificano altrettante fasi evolutive nella pianificazione e gestione di sistemi di relazioni.Questi livelli corrispondono ad un percorso di evoluzione "storica" delle attività professionali di RP nel nostro Paese dalla fine degli anni '60 ad oggi, ma appartengono e saranno sempre alla base di una qualsiasi scelta di operare verso i pubblici e caratterizzano le attività di RP nella loro dinamica quotidiana. Nelle imprese ed organizzazioni, in cui la scelta di attivare sistemi di relazioni pubbliche è più matura e convinta, si guarda alla reputazione come obiettivo da raggiungere; in altre, in cui il percorso è stato appena avviato, si lavora a livello d'immagine; in altre ancora l'attività è rivolta a qualificare la percezione. L'impegno e la qualità ricercate nei tre livelli richiedono capacità e professionalità omogenee nell'analisi, nell'elaborazione di strategie ed obiettivi, nella gestione di mezzi e strumenti semplici e complessi.Questi sono gli aspetti di base e la "chiave di lettura" che ho ritrovato nella "prolusione" di Emanuele Invernizzi, in cui ho riconosciuto quello che ho imparato in quasi quarant'anni. Altri elementi possono essere approfonditi, a mio avviso, solo e se si sarà d'accordo su queste premesse.Attilio Consonni Presidente Commissione Esami e Verifica Professionale Ferpi
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