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Perché alle Relazioni pubbliche interessano i social media?

19/03/2008

A questa domanda ha cercato di rispondere la terza edizione dell'Euroblog, il simposio internazionale promosso da Euprera in collaborazione con Edelman. La cronaca di Amanda Jane Succi, docente universitaria e consigliera nazionale Ferpi.

Si è appena conclusa a Bruxelles un'altra interessante avventura Euroblog, simposium internazionale che tocca tematiche legate al mondo dei social media e alle sue infinite sfaccettature e applicazioni.
Il titolo di quest'anno "Social Media e il futuro delle Relazioni Pubbliche: nuove idee, nuove ricerche e un nuovo modo di fare business" ha attirato e coinvolto accademici e professionisti del mondo delle rp provenienti da diversi paesi e organizzazioni internazionali.
Dopo il saluto di benvenuto di John Van Tiggelen, direttore dell'IHECS (sede del convegno), Sue Wolstenholme, presidente Euprera e Jere Sullivan, Executive Vice President di Edelman Europa, il convegno ha preso il via con la sessione di apertura, moderata da Toni Muzi Falconi, che ha focalizzato sul quesito "perché alle relazioni pubbliche interessano i social media?". Benchè si tratti di nuovi strumenti tecnologici a nostra disposizione, l'elemento umano la fa da padrone in quanto è proprio l'uomo, sia individuo che professionista, a dimostrare di avere qualche timore e tentennamento nell'adeguarsi all'utilizzo dei social media. Certamente anche la necessità di dover fare i conti con una flessibilità ed una versatilità fino ad ora mai vista. Un momento importante per i relatori pubblici che si ritrovano ad avere a disposizione una cassetta degli attezzi arricchita da tools professionali da cui poter attingere per preparare strategie di comunicazione sempre più interessanti da proporre al proprio cliente, ampliando la propria offerta competitiva. Vantaggio che però dobbiamo anche essere in grado di cogliere.

Le riflessioni emerse hanno fatto notare, però, l'enorme gap esistente tra i pochi conoscitori e utilizzatori dei social media e i più che in ambito delle relazioni pubbliche stanno ancora valutando cosa fare. È stato, inoltre, messo in evidenza il forte timore esistente, non solo nella categoria degli rp, all'approccio funzionale e all'uso concreto dei tools dei social media. Il punto è che generalmente le persone hanno paura di tuffarsi in qualcosa che non sanno come misurare.
Fra l'altro, quando si vuole comunicare efficacemente, generalmente si vuole anche essere perfetti: ma con alcuni strumenti dei social media la perfezione canonica deve lasciare il passo ad un'imperfezione legata all'autenticità della relazione che si decide di instaurare. Ecco perché, come più volte sottolineato da diversi relatori, chi non si sentisse a suo agio nella sfera dei social media, chi non dovesse ritenersi sufficientemente comunicativo con l'uso di questi nuovi strumenti, chi non avesse la velocità di risposta o di gestione di tali media non deve sentirsi obbligato a utilizzarli, anzi ha quasi il dovere di starne lontano. Ma come fare per stabilire se si è all'altezza oppure no? Come fare a capire la versatilità e il valore aggiunto che rappresentano per la nostra professione? Da qui il secondo punto chiave affrontato durante Euroblog, ossia la problematica dell'insegnamento dei social media, soprattutto da parte del mondo accademico.
A tal proposito sono stati presentati quattro case studies da parte di professori universitari che hanno illustrato come hanno sperimentato l'uso di alcuni strumenti in ambito didattico con l'intento di migliorare il metodo di insegnamento e il sistema di apprendimento. L'elemento interessante risiede nel fatto che si tratta comunque dei primi passi nella sperimentazione personale che ogni docente pone in essere secondo un proprio processo mentale e funzionale.
Non si poteva non fare il punto della situazione e Philip Young (Università di Sunderland – UK), Neville Hobson (ricercatore e blogger), Steve Rubel (Senior Vice President Edelman/NY) e David Weinberger (Fellow all'Harvard Berkam Center) hanno esposto una panoramica degli sviluppi fatti negli ultimi cinque anni soprattutto  nell'utilizzo dei blog da parte delle imprese, dei professionisti in relazioni pubbliche e dell'evoluzione del contesto comunicativo. Lo scetticismo iniziale da parte delle aziende e la mancanza di conoscenza dello strumento blog da parte dei professionisti e  consulenti in relazioni pubbliche si è piano piano trasformato in accettazione di strumenti innovativi e di altissimo valore strategico sia per le aziende che li utilizzano, sia per i professionisti che li propongono e li inseriscono nei piani di azione. Certamente la strada da percorrere è ancora lunga e non semplice per molti.
"I social media in azione" è stato l'oggetto delle presentazioni e del dibattito previsto nella terza sessione, in cui i relatori, tra cui il carismatico Roberto Zangrandi di Enel, hanno illustrato casi di applicazione concreta e di elevata importanza strategica e comunicativa.  

Molto interessante e direi innovativo è stata la copertura dal vivo della conferenza, generando interazione di persone che, da diverse parti del mondo, hanno potuto assistere, seguire e commentare quanto accadeva a Euroblog. Benchè in sala fossimo circa un'ottantina di persone, attraverso l'uso di uno dei tanti strumenti di social media, e grazie alla presenza di una figura dedicata, è stato possibile seguire un dibattito molto pareticolare che avveniva non solo in sala tra i presenti, ma anchre grazie alla partecipazione di chi, come Kathrine dalla Nuova Zelanda, ha commentato con proprie riflessioni e posto quesiti pertinenti e interessanti. Chissà quanti altri, poi, hanno seguito il convegno senza volersi esprimere ma apprendendo lo stesso le meraviglie che la nuova tecnologia ci consentirà di fare. Il tutto svolto e curato con un approccio snello e informale, libero e flessibile, aprendo nel modo più semplice orizzonti di vera integrazione globale.
Il punto critico che è emerso riguarda la mancanza di una regolamentazione etica del modo in cui questi strumenti possono e devono essere usati. A questo proposito c'è un grande dibattito tra i bloggers su cosa fare circa un eventuale codice di comportamento etico e della relativa normativa da adottare su scala internazionale. Sue Wolstenholme ha infatti riportato che da una statistica effettuata la maggior parte dei bloggers non gradiscono di essere regolati da un codice di etica. Questo apre, a mio avviso, implicazione sul concetto di integrità personale (oltre che dell'azienda utilizzatrice) su quanto si sia consapevoli che anche, o soprattutto, in ambito online, sia per scopi professionali che personali, si è responsabili di quello che si è potenzialmente in grado di scatenare (trigger) dal punto di vista relazionale, per noi stessi o per il nostro cliente, nei confronti degli stakeholder o di pubblici genericamente meno definibili.
Se si parla di etica non si può non affrontare l'argomento della politica. Interessante il caso Royale alle corse per la presidenza francese (poi persa) e del modo in cui i social media sono stati applicati come strumento di generazione del consenso, di elezione e di impegno.
Il momento finale e di chiusura del convegno ha visto impegnati Toni Muzi Falconi, Ansgar Zerfass e Chris Rushton in un dibattito e riflessione sulle tematiche discusse nella tre giorni. Tutti d'accordo sulla necessità impellente di fare convogliare teoria, ricerca empirica e pratica in un percorso comune al fine di avere sempe un quadro completo dell'evoluzione e dell'applicazione dei social media nel nostro mestiere, soprattutto in considerazione dello scenario sempe più ricco di strumenti nuovi, dinamici e che creano un volano relazionale sempre più complesso da gestire. Viene anche posto il problema di come stare al passo con i tempi riuscendo a mantenere alta la qualità professionale proposta ai nostri clienti.
Ecco quindi, secondo quanto suggerito da Toni Muzi Falconi, i tre elementi da tenere presente in questo nuovo contesto. Per le organizzazioni è molto importante considerare il problema tempo, e la sfida primaria è infatti quella di velocizzare il processo decisionale proprio per le organizzzioni che, in tal modo, creano un vantaggio temporale rispetto al sistema e ai concorrenti. Ma, se siamo in grado di assistere le aziende nel migliorare il loro processo, dobbiamo innanzitutto ascoltare. E qui la domanda: il processo di ascolto cambia con i social media? Certo che si. Infatti, il processo di ascolto richiede tempo, e questo è essenziale per evitare rischi. Bisogna avere tempo per creare un dialogo esente da rischi. Ma, allo stesso momento, in a twitter conference il tempo non esiste in quanto la velocità di risposta e di relazione è talmente stressata che il rischio risiede proprio nella velocità della comunicazione (non si può contare fino a 10 per dare una risposta) con l'impossibilità di correggere il tiro. Come facciamo, allora, a gestire tutto questo (ascolto da un alto e velocità dall'altro). La seconda lezione emergente dal convegno è proiprio la tematica dell'etica. Non si può parlare di etica in generale, ma bisogna essere più specifici, quindi dobbiamo considerare le implicazioni etiche in quello che facciamo, come profesisonisti, in questo nuovo ambito. Va regolato. Infine, la problematica legata alla teoria. Esiste un neo nel mondo accademico che espone una teoria (questo vale negli USA come in Europa) ma che nella pratica trova poche applicazioni. In sostanza, quanto siamo distanti dalla teoria? Altro punto di riflesione su quello che studiamo, o insegniamo, e quello che invece relamente nella pratica si fa.
Un convegno, quindi, in cui è chiaro che il ruolo delle relazioni pubbliche nella comunicazione sta ulteriormente cambiando. Il punto è cosa dovremmo fare e quale è la soglia che dobbiamo individuare e accettare come eticamente corretta? Se come professionisti, però, siamo in grado di adeguarci alle nuove tendenze, è fondamentale coinvolgere il management e il middle management a adeguarsi anch'essi alle nuove applicazioni che, in questo mercato globale, fanno davvero la differenza competitiva. Spronarli e "educarli" a seguire con fiducia quanto abbiamo da proporre. Allora si che il ruolo delle relazioni pubbliche diventa determinate!
Amanda Jane Succi
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