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Perché le Relazioni Pubbliche hanno bisogno delle Scienze Cognitive

17/07/2023

Santina Giannone

Cosa sono le Relazioni Pubbliche se non una forma codificata di Relazione Speciale Affiliativa? E quanto del ruolo di helper svolge chi si occupa di Relazioni Pubbliche per professione? A partire dall'etologia, la socia Santina Giannone propone una riflessione su RP e Scienze Cognitive.

Il mio primo incontro con la parola “relazione” come concetto scientifico la devo alle Scienze Cognitive.

Durante il Dottorato di Ricerca, infatti, ho studiato i rapporti riproduttivi, sociali e politici di molte comunità animali, per coglierne i meccanismi di gerarchia e potere.

Durante le ricerche gli etologi si erano accorti di un rapporto diverso tra i componenti dei gruppi di primati, sulla base della frequenza e della qualità delle interazioni.

Mentre in molto casi scimpanzè, bonobo, orango tango interagivano sulla base di bisogni occasionali legati al cibo, al sesso o a scontri occasionali tra gruppi, le attività qualitativamente più interessanti si svolgevano tra individui che instauravano una relazione.

È stato in questo contesto che ho compreso la differenza tra il concetto di “interazione” e quello di “relazione”: nel primo caso si tratta di un incontro/scambio occasionale, nel secondo di una serie di interazioni ripetute nel tempo e finalizzate a scopi non sempre immediati.

C’era bisogno di una relazione, ad esempio, per instaurare rapporti speciali quali sostegno politico, difesa dai pericoli, protezione e cura della prole.

In particolare alcune relazioni erano definite “speciali” perché prescindevano dalla soddisfazione di bisogni contingenti (come l’accoppiamento o l’acquisizione di cibo) e si dispiegavano in tempi più o meno lunghi, attraversando delle fasi strategiche che portavano poi al sostegno di un membro del gruppo come capo o all’accudimento dei cuccioli, anche quando non biologicamente imparentati.

I rapporti di potere e le condizioni di benessere, attraverso cui si esercita l’influenza, si creano gruppi e comunità, si sale (o si scende) dalla scala sociale, passano dalla relazione anche nei gruppi animali, soprattutto quelli che dal punto di vista evolutivo hanno una contiguità maggiore con la specie umana.

Questa evidenza si coglie in maniera ancora più forte perché i linguaggi animali hanno delle caratteristiche che li mettono al riparo dalla nostra  sovrastruttura retorica, che spesso rende contraddittoria e inefficace la comunicazione, almeno al fine dell’assunzione di decisioni condivise. 

Tra le relazioni animali gli etologi ne hanno individuato alcune che hanno definito “speciali” (special affiliative relationship).

Si tratta di relazioni stabili che si instaurano tra due estranei dal punto di vista genetico, prevedono uno scambio di beni e servizi reciproci, non sono esclusive, conducono alla formazione di coalizioni.

In particolare nelle differenti modalità attraverso cui queste relazioni “speciali” si instaurano, gli etologi ne hanno individuato alcune legate al ruolo dell’helper; difficile tradurre questa parola senza cadere nella tentazione di antropomorfizzare, ovvero rendere a misura di essere umano il concetto che implica. Qualcuno lo pensa come un “amico”, qualcun altro si limita a constatare come sia un “aiutante”.

Dopo diversi anni che ho traghettato le mie competenze di comunicazione e i miei studi di scienze cognitive nell’ambito del management e del business, potrei definire l’helper un facilitatore dei rapporti sociali, delle loro implicazioni positive e del benessere del gruppo.

Una delle misure che gli scienziati usano per determinare l’esistenza e l’impatto delle relazioni speciali in etologia è la capacità che esse hanno di determinare cambiamenti evidenti nella struttura demografica, sociale e politica dei gruppi.

Attraverso le SAR (special affiliative relationship), si possono individuare le nicchie di opportunità insite nel gruppo ed esplorarle nell’ottica del cambiamento e della massimizzazione dei vantaggi per una parte più o meno ampia dei componenti.

Cosa sono le Relazioni Pubbliche se non una forma codificata di Relazione Speciale Affiliativa?

E quanto del ruolo di helper svolge chi si occupa di Relazioni Pubbliche per professione?

Questa lettura del nostro ruolo, con i suoi molteplici risvolti di tipo organizzativo, manageriale, politico, culturale e sociale, ci richiama alla responsabilità della comunicazione come leva di relazione.

I meccanismi cognitivi dell’individuo, dunque, si innestano nella prospettiva inter- brain più ampia di cui ha parlato recentemente Massimo Morelli per FERPILab e costituiscono il tessuto stesso di cui le Relazioni Pubbliche, anche quelle umane, sono costituite.

Il recupero di questa prospettiva e il confronto con un punto di vista etologico e sociologico, ci può certamente aiutare a leggere con maggiore sensibilità i dati e le dinamiche sociali che siamo abituati a maneggiare ogni giorno, restituendo loro una pienezza consapevole che è la ricchezza più significativa della professione che svolgiamo.

 

 

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