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Quello della conoscenza è il mercato in cui investire

18/05/2011

“L’Italia è percepita nel mondo come un simpatico mattacchione che ogni tanto ne imbrocca una, ottimo compagno di svago, ma difficilmente preso in considerazione in scenari più complessi”. Lo afferma _Salvo Mizzi,_ Internet Media e Comunicazione Digitale nella Direzione External Relations del gruppo Telecom Italia.

Salvo Mizzi è responsabile Internet Media e Comunicazione Digitale nella Direzione External Relations del gruppo Telecom Italia. Il suo focus attuale è sullo sviluppo dei social media network e sulla diffusione pervasiva del Web anche attraverso progetti come ‘Working Capital’ in cui il Web 2.0 diventa un mezzo per sviluppare l’imprenditorialità.
Il suo vastissimo portfolio di esperienze, collegate ai vari aspetti del mondo della Comunicazione Interattiva, include la fondazione, nel 2000 di MyTV, la prima tv via internet italiana, non soltanto una delle prime affermazioni del video sul web, ma un vero e proprio milestone della prima, pionieristica, fase dello sviluppo di Internet in Italia.
di Carmelo Cutuli
Qual è secondo lei la differenza principale tra il mercato dello Start-up nazionale e quello USA?
Tra l’Italia e gli USA corre la stessa differenza esistente tra artigianato (arts&crafts di qualità ma in pezzi limitati) e il modello T della Ford (l’industria che considera vera innovazione quella resa accessibile a tutti, ovvero “mercato”).
In fondo dietro il celebre manifesto “etico”, la lettera di Page e Brin che accompagnò Google alla IPO, oltre al notissimo “Don’t be Evil”, era scolpita in chiaro una mission molto simile alla logica di Henry Ford: “Aggregare tutta l’informazione del mondo e renderla facilmente disponibile a tutto il pianeta”. Se non si parte da questo presupposto, non si può comprendere in pieno la differenza tra i due ‘mondi’.
E’ una questione di scala, volumi, cultura del rischio, successi concreti, egemonia culturale in forma di soft power dell’intelligenza creativa – da una parte e di supporto strategico a questo sistema da parte delle Amministrazioni.
Da questo punto di vista, basti pensare alla genesi di Arpanet, la prima infrastruttura Internet, o il sostegno esplicito di Obama con il piano “StartUp America” o con gli incontri tra lo stesso Obama e i grandi protagonisti della Rete in Silicon Valley. Le foto-ricordo del Presidente Usa a tavola con i founders di Facebook, Twitter, Google etc – a casa di uno dei principali Venture Capitalist della Valley – mentre discutono del “what’s next”, sono la rappresentazione più plastica della differenza tra gli USA ed il nostro Paese.
Cos’è che penalizza maggiormente la situazione italiana, agli occhi di un investitore?
L’Italia è percepita nel mondo come un simpatico mattacchione che ogni tanto ne imbrocca una, ottimo compagno di svago e di leisure, ma difficilmente preso in considerazione in scenari più complessi.
Detto questo, gli Italiani di Frontiera – come li definisce il grande Roberto Bonzio – sono tanti e testimoniano l’eccellenza assoluta delle individualità che il nostro Paese è in grado di esprimere. Sul fronte più puntiforme della Qualità siamo all’avanguardia, ma dobbiamo rimuovere pregiudizi e produrre una nuova cultura generale del rischio e del fare impresa che necessita di interventi strutturali, sia sul fronte della semplificazione e della chiarezza legislative, sia nella capacità di comprendere la rilevanza dell’innovazione per il nostro futuro.
Penso all’iniziativa di Agenda Digitale e al tema del National Fund for Innovation di cui molto abbiamo discusso con Gianluca Dettori e Riccardo Luna. Abbiamo bisogno di Quantità Intelligente … adesso!
Che consigli darebbe agli Startupper italiani?
Nell’esperienza, ormai giunta alla terza edizione, di Working Capital, il progetto di Telecom Italia avviato proprio per sostenere i nostri talenti e supportare il grande potenziale di innovazione del nostro Paese, mi è spesso capitato di dovere fare i conti con una certa timidezza delle ambizioni.
Spesso le start-up e i team che le animano si pongono l’obiettivo di crescere “un pochino” in settori del nostro mercato nazionale, senza disturbare troppo.
Manca una sorta di ambizione “disruptive” che nasce principalmente dal desiderio di “lasciare un segno nel mondo” e che è alla base dei grandi successi delle new venture create dal sistema americano.
Altro punto non banale: bisogna mettere insieme le forze e non separarsi per interessi di bottega. L’Innovazione richiede sempre più spirito di sistema, se non spingiamo insieme non si va da nessuna parte.
Quali, a suo avviso, sono i settori più innovativi e su cui vale la pena investire oggi?
Tutti i settori in cui si opera per un innalzamento della conoscenza, basate sull’inarrestabile crescita di Internet e del Web, e sul modo in cui questa Innovazione Creatrice ci sta cambiando in profondità.
Mercati e Persone spingono in questa direzione; una valenza specifica del nostro mondo è quella della Social Innovation, a cui non a caso quest’anno dedichiamo con Working Capital Premio Nazionale Innovazione, una categoria autonoma di ricerca e competizione.
Credo infine che l’ambito del Mobile, con l’espansione della Rete e del Web in forma percepibile sotto forma di grandi numeri, possa essere una frontiera interessante.
Va però approcciata con logiche nuove, fino ad oggi – nonostante numeri e industry – non ci sono state ancora venture particolarmente significative o dal potenziale adeguato.
Working capital ha dato lo ‘start’ allo Startup Movement italiano, a due anni di distanza dal lancio, può darci qualche dato sulla consistenza di questo movimento?
Quando siamo partiti, poco più di due anni fa – lo scetticismo era prevalente, oggi le cose sono molto diverse. Intorno a Working Capital e quest’anno in particolare con l’accordo che ci fa viaggiare insieme a PNI e a 35 Università italiane, si è creata la più ampia e significativa community italiana dell’Innovazione, e ne siamo molto orgogliosi.
Quasi 10mila aspiranti imprenditori iscritti al Progetto e 25mila partecipanti alla conversazione sono il dato di partenza.
Poi ci sono i fatti: 14 start-up finanziate e supportate nel lancio, 70 progetti di ricerca finanziati con grants e slot di pre-incubazione, un mondo di talenti e persone che hanno trovato in noi un punto di riferimento solido e concreto. Questo Movimento, concordo con la definizione, è solo agli inizi e con la nostra campagna 2011 “Cerchiamo i nuovi Mille”, sono sicuro possa raggiungere la scala e il volume necessari per proporre un altro senso del Paese.
In questo Telecom Italia è coinvolta con le sue migliori risorse e con il supporto esplicito dei nostri vertici. Non è un risultato da poco, insieme possiamo crescere ancora. Devo infine ringraziare Gianluca Dettori e Riccardo Luna, sono tra le migliori menti del nostro Paese – e il loro contributo di idee e testimonianza meriterebbe una standing ovation.
Tratto da Startupper.it
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