Come si informano i decisori?
20/07/2018
Come si informano i parlamentari italiani e quali sono i media di cui si fidano di più? A rivelarlo la ricerca "Informazione e social media secondo i policymaker", la prima analisi svolta in Italia su un campione rappresentativo di parlamentari, condotta da Quorum/YouTrend e Cattaneo Zanetto & Co.
Come si informano i parlamentari italiani e quali sono i media di cui si fidano di più? A rivelarlo la ricerca
Informazione e social media secondo i policymaker, la prima analisi svolta in Italia su un
campione rappresentativo di parlamentari, condotta da Quorum/YouTrend e Cattaneo Zanetto & Co.
Attraverso un questionario somministrato a
94 deputati e senatori di tutti i gruppi politici, è stato possibile ‘mappare’ fonti di informazione e canali social utilizzati dai
policymaker, ma anche
l’attendibilità riconosciuta dai parlamentari a testate, giornali e tv.
I parlamentari interpellati sono, per cominciare, molto ‘digitalizzati’:
l’utilizzo di app social e di messaggistica (Whatsapp, Facebook, Twitter, Instagram, Telegram)
è quasi unanime, ed è anche molto diffuso se finalizzato alla consultazione e alla condivisione di notizie. Guardando i dati in base al gruppo politico d’appartenenza emerge una prima ‘linea di faglia’ fra maggioranza e opposizione. Se gli eletti dei partiti ‘moderati’ PD e FI prediligono
Twitter, il nuovo asse giallo-verde sembra preferire
Facebook e, per la messaggistica,
Telegram (strumento usato da gruppi e staff di comunicazione del M5S per condividere informazioni).
Un risultato curioso riguarda i dispositivi utilizzati: la “generazione iPhone” di PD e FI (fra loro l’80% usa lo smartphone di Apple) cede il passo alla “generazione Android” (il 64% dei parlamentari di maggioranza usa un telefono con il sistema operativo di Google).
Ma quali sono
le fonti di informazione più utilizzate, e quindi più influenti, sui
policymaker italiani? In generale, la medaglia d’oro va a
Sky TG24 (visto nell’ultima settimana dall’86% dei parlamentari). Seguono i telegiornali Rai e il Tg La7 di
Enrico Mentana (primo in assoluto fra i 5 Stelle con il 93%). L’informazione Mediaset sembra invece decisamente più seguita nel centrodestra.
Nella
carta stampata il quadro è ancora più articolato. La modalità di fruizione più diffusa è quella delle rassegne stampa (consultate dal 75% nell’ultima settimana). Fra i quotidiani il più letto è il
Corriere della Seracon il 45%, seguito dal
Fatto Quotidiano al 40% e dal
Sole 24 Ore al 39%. Proprio la presenza del
Fatto alla testa della classifica rende evidente il
cambiamento di stagione politica che si è consumato con il voto del 4 marzo. È infatti il quotidiano più letto fra gli eletti del M5S, che lo considerano anche una fonte estremamente attendibile. Tra deputati e senatori leghisti troviamo molti lettori dei due giornali di riferimento dell’area del centrodestra, cioè
Libero e
il Giornale. Rimane il primato di
Repubblica nei gruppi del Partito Democratico (90%), che però registrano anche un crescente insediamento del
Foglio (76%), un altro esempio della distanza fra la dieta informativa dei
policymaker e i volumi di vendita in edicola. I parlamentari PD sono anche quelli che utilizzano maggiormente fonti cartacee.
Sull’online, nel campione globale rileviamo un inedito terzetto di testa, con ANSA.it e Corriere.it affiancati dall’
Huffington Post. Colpisce il 31% di lettori abituali di
Dagospia. Anche qui torna un tratto costante: la ‘discontinuità informativa’ rappresentata dai gruppi M5S, che hanno ai primi posti il sito del
Fatto (87%) e l’
HuffPost (72), e al polo opposto la natura più
mainstream dei parlamentari PD (addirittura il 100% per Corriere.it e Repubblica.it, e nel quintetto di testa ci sono anche ilFoglio.it al 63% e laStampa.it al 62).
Il “Trust Score”, per riprendere la terminologia del
Digital News Report del Reuters Institute, ci consegna altre indicazioni di grande interesse.
L’agenzia ANSA è riconosciuta come la fonte di informazione più attendibile dai parlamentari interpellati (punteggio medio 8,0 su 10).
Il Sole 24 Ore è il quotidiano con il valore più alto (7,3) e il podio è chiuso da un’altra importante agenzia di stampa, l’Agi (7,2). Hanno invece un punteggio medio inferiore a 6 su 10 siti di informazione come
HuffPost (5,6) e
Fanpage.it (5,4), ma anche testate di prestigio come
La Stampa (5,6) e
Repubblica (4,9), in un significativo ribaltamento di prospettiva.
La “mappatura” dei consumi mediatici dei nuovi
policymaker colloca così in un quadrante ANSA, Rai News, Sky TG24 e TG La7 (i media con alta diffusione e alta attendibilità), in un altro
Sole 24 Ore,
Corriere e
Fatto(media ritenuti attendibili, ma meno diffusi) e nel quadrante degli “sconfitti”
Repubblica,
il Foglio,
Libero e
il Giornale (che scontano sia bassa fiducia sia modesta diffusione nel campione). Un’indicazione importante per chiunque debba interagire con i nuovi decisori politici italiani.
L’indagine ha poi misurato
la collocazione politica percepita di un ampio paniere di media, testate e trasmissioni televisive di approfondimento. Nel complesso, le tre realtà informative che gli esponenti dei partiti di governo considerano in media più “vicine” sono
il Fatto Quotidiano (con un punteggio medio di 3,0 su 5), il TG La7 e
Non è l’Arena di
Massimo Giletti. Al contrario, i tre soggetti percepiti più “distanti” sono il TG3,
Repubblica e
il Foglio (tutti fra 1,3 e 1,5 su una scala di 5).
L’ambiente informativo sta cambiando, insomma. Ma che ruolo gioca la
dis-informazione, sfida costante dei nostri tempi? Abbiamo voluto porre al campione di decisori politici una serie di domande già poste nell’ultimo anno a campioni della popolazione italiana (non solo dal
Digital News Report, ma ad esempio anche dal Censis).
Il tratto che affiora con più nettezza è che,
fra i vari gruppi politici, quello più sensibile al tema fake news è certamente quello del PD. Il 100% degli intervistati PD richiede che editori e giornalisti si diano da fare sul tema, il 92% estende la stessa richiesta ai grandi
player tecnologici come Facebook e Google, il 70% estende la richiesta anche a Governo e Parlamento. Qui si registra un altro ‘strappo’ fra opposizione e maggioranza: solo il 42% degli eletti di Lega e M5S crede che ci vorrebbe un intervento di natura politica o regolatoria sul problema delle
fake news. Ma la rottura più clamorosa è sulla domanda, ripresa dal
Rapporto Censis, se le false notizie favoriscano le tendenze populiste. È d’accordo il 96% degli intervistati del Pd, il 98% di Forza Italia, e appena il 4% dei rappresentanti di 5 Stelle e Lega.
La lettura di questi dati, che grazie a una metodologia innovativa ci consentono oggi di poter misurare opinioni e orientamenti dei decisori parlamentari su temi di attualità e di
public policy, è che
anche nel rapporto con l’informazione e i social media esistono oggi, nella XVIII legislatura del Parlamento italiano, almeno due “Italie”. L’Italia di Twitter e quella di Facebook, dell’iPhone e di Android, l’Italia di
Repubblica e
Foglio e quella del
Fatto (che è però anche un po’ l’Italia di Mediaset e La7). Comprendere quanto e come il Parlamento abbia cambiato natura e punti di riferimento, a partire dalle fonti di informazione, era l’obiettivo di questa nostra prima fotografia.
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