Ascoltare le emozioni per comunicare con efficacia
13/03/2014
Ascolto, empatia, fiducia: sono alcune delle parole chiave da cui passa una comunicazione realmente efficace. Fondamentale però è farlo nel rispetto delle emozioni. Proprie e altrui. Anche in azienda. La riflessione di _Giampietro Vecchiato._
di Giampietro Vecchiato
“Il Gesuita e il Domenicano stanno facendo esercizi spirituali e il Gesuita, mentre recita il breviario, fuma beatamente. Il Domenicano gli chiede come possa fare così e quello gli risponde che ha chiesto il permesso ai suoi superiori. L’ingenuo Domenicano dice che anch’egli ha chiesto il permesso e che gli è stato negato. “Ma come lo hai domandato?” chiede il Gesuita. E il Domenicano “Posso fumare mentre prego?”. Era ovvio che gli fosse stato risposto di no. Invece il Gesuita aveva chiesto “Posso pregare mentre fumo?” e i suoi superiori gli avevano detto che si può pregare in qualsiasi circostanza".
Dal breve racconto, tratto da una Bustina di Minerva di Umberto Eco, si può desumere che nelle relazioni interpersonali il “come” chiediamo le cose è fondamentale, sia dal punto di vista dei contenuti sia dal punto di vista del linguaggio non verbale. La comunicazione aiuta infatti le persone a soddisfare due bisogni: da una parte, essere capiti, stimati ed apprezzati e, dall’altra, comunicare efficacemente con gli altri. La comunicazione efficace richiede lo sviluppo di skill e competenze nel formulare chiaramente e senza ambiguità i nostri messaggi, in funzione dell’effetto che si vuole ottenere sul ricevente (ascoltatore). Comunicare in modo autentico ed efficace significa, in altre parole, comunicare con gli altri rispettando sé stessi, senza lasciare troppo spazio alle emozioni soprattutto se negative, sforzandosi di percepire la realtà (propria, altrui, del contesto) nel modo più chiaro e trasparente possibile.
Va precisato che l’autenticità e i contenuti della comunicazione possono però essere “traditi” con estrema facilità, anche se in modo inconsapevole. Un movimento della mano, una smorfia non controllata, un sorriso appena accennato, uno sguardo sfuggente, una incerta stretta di mano, un improvviso cambiamento nel tono della voce, ecc. possono infatti modificare, in modo determinante, il “senso” di un messaggio verbale che può essere interpretato in maniera distorta, ambigua, opposta alla volontà dell’emittente. La visione è che l’effetto dei messaggi sugli altri non dipende semplicemente e solamente dal “significato” di quello che si dice (le parole, il contenuto), ma da “come” (tono della voce, gestualità, postura, ecc.) lo si dice, dal rapporto preesistente tra gli interlocutori, dal contesto e da molti altri aspetti. E anche se probabilmente tutti noi sappiamo destreggiarci con sicurezza nel comunicare efficacemente con i nostri simili, molto spesso il nostro comportamento può essere fonte involontaria di incomprensioni, insoddisfazione, ostilità, conflitto. Se le caratteristiche della comunicazione sono importanti nella relazione interpersonale, assumono un’importanza ancora maggiore se calate nei contesti lavorativi. In particolare nelle relazioni tra i dipendenti/collaboratori e, tra questi ed il management.
Oggi ci viene richiesto di essere sempre più efficienti, produttivi, tecnologizzati, ma spesso siamo anche frettolosi e distratti ai bisogni dei altri. Va però precisato che le cose stanno cambiando e si moltiplicano i corsi, le iniziative, le pubblicazioni, per insegnare alle persone a comunicare meglio e con più efficacia, nel rispetto di sé e degli altri. Quali sono, in sintesi, le regole d’oro per una comunicazione efficace?
Innanzitutto, mettere a proprio agio gli altri, facendo attenzione sia al linguaggio verbale (il “cosa” diciamo) che a quello non verbale (il “come” lo diciamo). Seconda regola: dare ascolto, ascoltare attivamente. Terza regola: dare empatia ed esprimere accettazione. Quarta regola: infondere fiducia e offrire sostegno. Quinta regola: esprimere le proprie emozioni ma tenendo conto che le emozioni, da una parte, sono contagiose (quelle negative possono danneggiare l’organizzazione); dall’altra, possono diventare “barriere” dietro le quali le persone nascondono la propria insicurezza.
Le emozioni possono “distruggere” un’organizzazione oppure, se ben gestire e governate, possono decretarne il successo. Da alcuni anni esiste una disciplina che studia l’intelligenza emotiva (ne parlarono per la prima volta nel 1990 i professori Peter Salovey e John D. Mayer nel loro articolo Emotional Intelligence) e le sue implicazioni sulle persone e sulle imprese. La disciplina si occupa di conoscere e di educare all’accettazione delle emozioni: sia le nostre che quelle degli altri. Ci aiuta a percepirle correttamente e a stabilire relazioni interpersonali soddisfacenti, senza lasciarci travolgere dalla loro forza, spesso distruttiva. “Bisogna credere gli occhi – afferma Erasmo da Rotterdam – piuttosto che alle orecchie”. Dobbiamo, in altre parole, allenare la nostra parte razionale a comprendere e a modulare la nostra reazione alle emozioni, in ogni contesto, in ogni momento della nostra vita.
Comunicare con efficacia è quindi fondamentale per tutti gli attori di una organizzazione: per favorire la responsabilizzazione, per sviluppare la fiducia reciproca, per condividere l’alleanza sugli obiettivi, per ridurre eventuali conflitti, per condividere informazioni, processi, successi. Comunicare chiaramente, senza ambiguità e nel rispetto delle nostre e delle altrui emozioni è, concludendo, un elemento centrale della competenza personale per creare efficacia ed efficienza organizzativa.
Fonte: L’Impresa