/media/post/vfzzavq/Condivisione-1-796x512.jpg
Ferpi > News > Beni comuni: la sfida è imparare a gestirli

Beni comuni: la sfida è imparare a gestirli

20/02/2018

rossella12

Che ruolo possono avere i commons nel mondo dinamico e iper-tecnologico del business di oggi? Rossella Sobrero ospita la riflessione di Francesca Ricciardi, professore associato di Organizzazione Aziendale presso il dipartimento di Management dell’Università di Torino, sul tema dei beni comuni, di cui aveva già parlato nella sua rubrica #ValoreCondiviso.

di Francesca Ricciardi

Fino a qualche anno fa, era assai improbabile che una studentessa di business school o un aspirante imprenditore considerassero i beni comuni, o commons, come un problema di cui sarebbero stati chiamati ad occuparsi in futuro. Non c’è da stupirsene: per molto tempo, con il nome di commons sono stati indicati esclusivamente quegli ambienti naturali, come i pascoli o le aree di pesca, su cui, nei contesti tradizionali, le comunità locali hanno diritti collettivi di sfruttamento. In altre parole, il concetto di commons era collegato agli studi sulle economie rurali e sui villaggi medievali. Che ruolo possono avere i commons nel mondo dinamico e iper-tecnologico del business di oggi?

Un ruolo chiave, in realtà. Grazie al lavoro pionieristico di Elinor Ostrom, la prima donna insignita del premio Nobel per l’economia, una crescente comunità di studiosi di molte discipline ha moltiplicato gli studi sui commons. I risultati hanno permesso di comprendere che alcune dinamiche che possono portare alla distruzione di un pascolo medievale possono minacciare anche una moderna destinazione turistica o una start-up tecnologica. Queste dinamiche si possono riassumere con l’espressione “tragedy of the commons”, che indica il collasso del sistema dovuto al miope opportunismo dei suoi utilizzatori.  Per fortuna, sta emergendo un’altra affascinante scoperta: alcuni approcci e comportamenti che hanno permesso di salvare i pascoli medievali dalla “tragedy of the commons” possono essere utilizzabili, se adeguatamente integrati, anche per garantire la sopravvivenza e la prosperità di una destinazione turistica o una start-up tecnologica nel mondo di oggi.

In altre parole, il concetto di commons si è allargato, e oggi indica tutti quei sistemi che forniscono risorse ad una collettività, ma sono vulnerabili ai comportamenti opportunistici (di sovra-sfruttamento o di disimpegno) da parte di quella stessa collettività di utilizzatori. In questa luce, i commons sono ovunque nelle nostre vite: Wikipedia, il sistema scolastico, il sistema di mobilità di una città o la reputazione di un distretto del made-in-Italy sono tutti dei commons. Le società che possono contare su un robusto tessuto di commons sono quelle che permettono la più alta qualità della vita per tutti. Non solo le persone, ma anche le aziende vivono immerse nei commons, e non possono fare a meno delle risorse che questi commons forniscono loro.  Ma come contribuiscono a rigenerarli e proteggerli?

Molti ancora pensano che le aziende possano semplicemente sfruttare i commons, pagando eventualmente delle tasse per l’uso che ne fanno. Oggi, però, è sempre più chiaro che disinteressarsi al bene comune rende tutti più fragili. La (ri)generazione dei commons ormai non è più qualcosa che i manager possano trascurare, con l’idea che se ne occuperà lo Stato o qualche gruppo di attivisti. La ragione è che i commons sono oggi molto più complessi di un pascolo medievale. Viviamo in un mondo globalizzato e molti commons chiave, come il clima del pianeta, hanno una dimensione globale. In questo scenario interconnesso, ogni innovazione tecnologica implica nuovi problemi, come pure nuove soluzioni ai precedenti problemi. La digitalizzazione sta imprimendo un’accelerazione inaudita a queste trasformazioni. Perciò, emergono continuamente nuovi commons e nuove minacce ai commons, e abbiamo bisogno di avanzate e capillari capacità di organizzazione, gestione e monitoraggio per sviluppare e proteggere le nostre risorse comuni dall’incuria, dall’opportunismo e dall’ignoranza. Queste capacità, però, non possono essere fondate sugli approcci tradizionali al management, troppo rigidi e semplicistici. Chi si occupa di business e management oggi è chiamato a contribuire ad una positiva co-evoluzione dei commons, delle tecnologie e delle capacità umane, sulla base di una comprensione scientifica sempre più efficace dei fenomeni legati alle risorse comuni.

Per contribuire a questo sforzo, abbiamo da poco fondato lo Smart Commons Lab come progetto della SAA Business School, in seno al Dipartimento di Management dell’Università di Torino. Lo Smart Commons Lab si pone l’obiettivo di catalizzare la collaborazione di un’ampia rete internazionale per lo sviluppo di strumenti innovativi di management finalizzati ai commons. In questo modo, lo Smart Commons Lab punta a favorire l’integrazione orizzontale tra discipline diverse, come pure l’integrazione verticale tra la ricerca scientifica, le soluzioni pratiche, la formazione delle nuove generazioni, e i bisogni concreti delle persone, delle organizzazioni e delle comunità che hanno la responsabilità dei commons e ne beneficiano.
Eventi