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"Carbonio giù, profitti su"

13/06/2006

Un editoriale dell'Economist spiega perché il settore corporate ha preso molto sul serio il tema del cambiamento climatico.

L'Economist segnala un importante fenomeno in crescita, in particolare negli USA: l'impegno di molte società per ridurre le emissioni di gas serra nell'ambiente.
Si tratta di un evento eclatante sia per il crescente numero di aziende coinvolte, sia per l'importanza dei loro nomi: nell'arco dell'ultimo anno, grandi firme come la BSkyB di Rupert Murdoch, ma anche banche come la HSBC, multinazionali quali General Electric e l'immancabile Wal-Mart si sono dichiarate "carbon-neutral", impegnandosi a ridurre al minimo il rilascio nell'aria di monossido e biossido di carbonio. In Gran Bretagna Tesco e Sainsbury si contendono il titolo di catena di supermercati "più verde". 
Esiste ancora qualche voce controcorrente (un recente slogan televisivo sponsorizzato da Exxon Mobil, Ford e General Motors afferma: "Biossido di carbonio: qualcuno lo chiama inquinamento; noi lo chiamiamo vita"), ma la tendenza del momento è promuovere un'immagine il più possibile "pulita" dell'azienda. 
Non si tratta di una svolta indotta da rigurgiti di responsabilità sociale, bensì dalla prospettiva di nuovi modelli di business, investimenti redditizi e risparmio nei consumi.L'aumento del prezzo del petrolio e dei gas naturali (senza possibilità di recupero) induce sensatamente a cercare una risorsa alternativa di energia. Le società che hanno già da tempo ridotto i consumi di idrocarburi e puntato a fonti di energia pulita, hanno già potuto godere di notevoli profitti derivati dal risparmio sul petrolio: un report del Climate Group, "Carbon Down, Profits Up" ha stimato che le società aderenti al gruppo (Bayer, British Telecom, etc.), impegnatesi dal 2004 a tagliare le proprie emissioni di gas serra, abbiano già risparmiato ben 11,6 miliardi di dollari.
Ma oltre a risparmiare, alcune aziende come la BP, Beyond Petroleum, puntano a nuove possibilità di guadagno, per esempio investendo nella costruzione di centrali elettriche pulite alimentate a carbone, pale eoliche, etc. 
Un altro fattore che ha influenzato in modo determinante il comportamento delle aziende nei confronti dell'inquinamento atmosferico e dei conseguenti cambiamenti climatici è stato l'effetto Katrina: dopo il terribile uragano del 2005, in USA, l'opinione pubblica è divenuta molto più sensibile al tema del surriscaldamento terrestre. Ci si aspetta che presto il governo prenda dei provvedimenti per controllare le emissioni di carbonio, adottando un sistema simile a quello del protocollo di Kyoto. Alcune firme influenti stanno facendo pressione per accelerare i tempi in questo senso, ritenendo che una tale situazione di precarietà impedisca di poter fare scelte e investimenti a lungo termine.
Un recente studio della inglese Carbon Trust ha evidenziato che settori come quello delle compagnie aeree mettono a rischio più della metà del valore del loro brand se non prendono immediati provvedimenti contro le emissioni di carbonio. Ma quanto costerà la conversione all'uso dell'energia pulita? E soprattutto quanto inciderà sul costo dei voli? Infine, ci sarà davvero un giorno in cui gli utenti opteranno per un aereo non inquinante piuttosto che per una tariffa agevolata?
Valentina Tubino - Totem
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