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Cattiva maestra televisione… ancora per poco

12/10/2009

Nicola Mattina, fondatore e Ceo di Elastic e coordinatore del portale Cdms Club dei Media Sociali, spiega perché la televisione può essere considerata, come già anticipato da Karl Popper, una “cattiva maestra”. Ma forse, grazie all’avvento dei nuovi media, ancora per poco.

di Nicola Mattina


Come altre 7 milioni di persone, ieri sera (n.d.r. 1 ottobre 2009) ho visto Anno Zero: gli argomenti non erano certo sconosciuti (almeno a chi legge i giornali e si informa su Internet), ma è ovvio che la televisione ha ancora una rilevanza eccezionale quando si tratta di formare l’opinione pubblica perché è l’unico mezzo per raggiungere certe fasce della popolazione.


Guardo raramente la televisione e preferisco i film ai cosiddetti programmi di informazione o approfondimento per il semplice motivo che il giornalismo televisivo è – salvo rarissime eccezioni – di un livello qualitativo infimo. La mia aspettativa sarebbe impiegare due o tre ore per capire meglio una questione: vorrei che i giornalisti mi informassero e poi mi presentassero le opinioni in modo equilibrato affinché io possa formare autonomamente un’opinione. Invece, il modo di fare informazione e approfondimento giornalistico in televisione consiste sempre nel voler dimostrare una tesi. Questo vale tanto a destra quanto a sinistra e non è certo un caso che ieri, ad Anno Zero, ci fosse un solo politico: il sindaco di Bari Michele Emiliano. Poi tre giornalisti di sinistra: Michele Santoro, Marco Travaglio e Norma Rangeri. E tre giornalisti di destra: Maria Latella, Nicola Porro e Maurizio Belpietro. Questo la dice lunga suo ruolo dei giornalisti, che definitivamente abbandonato il ruolo di narratori oggi svolgono quasi esclusivamente quello di portatori di opinioni e interessi, che dovrebbe essere invece l’attività svolta da relatori pubblici e – segnatamente – dai cosiddetti spin doctor.


Il secondo motivo per cui non amo i programmi televisivi di informazione e approfondimento è che negli ultimi anni, discutibilissime tesi da difendere hanno portato a un pietoso gioco al ribasso. Tanto che oggi ci troviamo a esaminare le ragioni di una serie di signorine che orgogliosamente ci comunicano di quanto sono contente di fare le puttane in cambio di comparsate televisive, lussuose gite in barca, concessioni edilizie e candidature elettorali. Oppure veniamo informati nei dettagli della vita di loschi figuri come Matteo Cambi, Lele Mora o Fabrizio Corona. Con la stessa nonchalance, politici e giornalisti fanno passare l’idea che l’evasione fiscale sia tutto sommato un peccato perdonabile con oblazioni di denaro che sono invariabilmente inferiori a quanto dovuto. Di fronte a questa teoria di luminosi esempi di moralità, è facile scadere in quel qualunquismo che postula che tanto è tutto merda.


La televisione, con la necessità di banalizzare la narrazione e di renderla commestibile a tutti, rende facile questo odioso gioco al ribasso e il giornalismo che passa in Tv – alla fine – si riduce a un vociare concitato che argomenta tesi di parte affermando che l’interlocutore non può arrogarsi il diritto di fare la morale perché anche lui ha scheletri nell’armadio. In questo gioco al massacro, uscirebbe perdente anche Madre Teresa di Calcutta, giacché – qualora non si trovassero fatti – non vi sarebbe alcuna remora a inventarne di nuovi.


La televisione è veramente una cattiva maestra, come sosteneva Karl Popper. O forse sarebbe meglio dire che essa è governata da pochi cattivi maestri. Auspicabilmente, però, ancora per pochi anni giacché i modelli di business dei media di massa sono in crisi e questa crisi si consumerà fino in fondo con la velocità cui ci ha abituato la Rete.


Tratto da http://blog.nicolamattina.it
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