Paolo Mazzoni
Cosa abbiamo imparato dal lockdown? Come gestiremo la prossima pandemia? La riflessione di Paolo Mazzoni, Government & Public Affairs Leader di 3M Italy.
La domanda con cui inizia questo mio intervento nasce dall’evidenza che raramente in Italia purtroppo le istituzioni, e in particolare la politica nazionale/locale, hanno una visione pluriennale sui reali bisogni del Paese ma sono guidate sempre più da sondaggi e umori elettorali che quasi mai alzano lo sguardo oltre la siepe.
Evitando, per ora, di parlare di piani industriali, mobilità, turismo e di quant’altro questo nostro meraviglioso Paese avrebbe bisogno, dovremmo per un attimo soffermarci a ragionare su cosa abbiamo imparato da questa terribile pandemia e da quei giorni drammatici in cui il respiro dell’Italia si è fermato di colpo.
Personalmente ho vissuto emozioni forti e nuove e pur facendo parte del crisis management team dell’azienda per cui lavoro da oltre 30 anni, non nascondo che ci sono stati momenti di forte stress sia per questioni familiari, per una figlia che era a Londra per studio e che aveva difficoltà a rientrare in Italia ma anche per il grande coinvolgimento lavorativo della mia azienda con la protezione civile che mi ha visto sin da subito in azione per tutte le attività collegate alla fornitura dei dispositivi di protezione respiratoria individuale.
Non scorderò mai quella sensazione di “entrata in guerra” provata la sera che sono stato convocato di persona dai vertici della struttura commissariale Covid-19 presso la loro direzione operativa di Roma.
Ora, passata la fase acuta dell’emergenza e in attesa forse di una seconda ondata di contagi a ottobre, in Italia si è aperta una fase di tregua durante la quale tutte le strutture sanitarie, e in particolare quelle delle regioni più colpite, stanno facendo scorta di tutti quei prodotti introvabili a marzo e aprile e che sono stati oggetto anche di grandi speculazioni da parte di operatori commerciali poco seri durante il periodo di massima domanda e paura collettiva.
È doveroso però prima di continuare in questo mio articolo fare delle precisazioni di carattere tecnico in quanto durante la fase acuta della pandemia sono comparsi come funghi, pseudo esperti di prodotti per la protezione respiratoria che imperavano sia in tv sia su internet e, che con vecchio vizio italico, dispensavano consigli a tutti senza alcuna base scientifica. La precisazione necessaria è che non si devono confondere quelle che sono le mascherine chirurgiche che in molti hanno anche iniziato artigianalmente a produrre in casa da quelli che sono dei veri e propri dispositivi di protezione individuale e che proteggono quasi al 100% la persona che li indossa, soprattutto se si lavora in ospedale o in prima linea.
A questo punto è lecito domandarsi cosa abbiamo imparato!
L’approvvigionamento delle maschere chirurgiche e dei dpi nei prossimi mesi dovrà inevitabilmente seguire le regole attuali degli acquisti ordinari ma nel contempo si potrebbe pensare a come costruire una “scorta strategica” nazionale su base regionale di tutti quei prodotti che possono essere considerati salvavita per gli operatori sanitari e per il personale dei servizi essenziali di un Paese.
In previsione di una prossima pandemia che potrebbe arrivare ciclicamente anche fra qualche anno dovrebbero essere ripensati i processi di acquisto che non possono essere più basati in questo caso solo sulla logica del prezzo più basso ma dovrebbero attuare una selezione preventiva e oggettiva delle aziende fornitrici con dimostrazione di avere referenze e assicurazioni non solo sul prodotto offerto ma anche sulla solidità finanziaria dell’azienda stessa. Questo perché una scorta strategica su base pluriennale deve prevedere accordi delle istituzioni con partner industriali qualificati e seri al fine di non far deperire nel tempo il materiale in deposito.
Si tratta di studiare modelli di risk management che possano portare reciproca soddisfazione nella partnership pubblico - privato.
Quanto appena detto in modo generico e che sicuramente merita di essere approfondito in dettagli più operativi, diviene oggi ancora più urgente alla luce del recente Decreto Rilancio del Governo che, di fatto, certifica proprio un’atavica e scarsa programmazione sul tema pandemie.
Mentre in UK a giugno di quest'anno l’agenzia britannica che che si occupa di salute e sicurezza sul lavoro bocciava alcuni dpi perché di scarsa qualità e privi di certificazione indipendente, in Italia dovendo assicurare e rassicurare tutti noi che oramai le cosidette mascherine (detto sic et simpliciter) sono disponibili per il 100% della popolazione, le attuali criticità di approvvigionamento che si sono manifestate o presso le dogane o presso l’Inail, che stavano bloccando l’ingresso sul mercato di prodotti non conformi alle leggi attuali, saranno presto superate grazie alla semplificazione di validazione in deroga alle norme vigenti sino alla fine dell’emergenza coronavirus.
Geniale: semplificare = cancellare
È come dire a un soldato in guerra (oggi un dottore o un infermiere) di andare a combattere al fronte ma senza armi e munizioni ma con una bella fionda e un sacchetto pieno di sassi. Forse, e sottolineo forse, si potrebbero allargare le maglie della validazione delle mascherine chirurgiche che usiamo per andare al supermercato tutti i giorni ma non le regole e i test di validazione dei dispositivi di protezione respiratoria che deve indossare il personale sanitario e chi è in prima linea con il virus.
Da anni in sanità il principale obiettivo è quello della riduzione della spesa per gli approvvigionamenti ma ora bisogna fermarsi e riflettere su tutte le criticità emerse in questi ultimi mesi. Questi risparmi a breve termine hanno comportato sicuramente meno valore clinico e maggiori rischi per tutto il sistema sanitario che in alcuni casi è collassato.
Secondo un recente studio dell’osservatorio Masan della Bocconi tutte queste criticità emerse oggi derivano da una serie di gap di programmazione, governance, competenze, partnership e selezione accumulati in questi ultimi anni.
Se vogliamo farci trovare pronti alla prossima pandemia e non andare in giro per il mondo con il cappello in mano a chiedere aiuti di mezzi e personale medico dobbiamo chiedere di istituire tavoli permanenti di programmazione fra le istituzioni e le aziende qualificate a supportare una partnership pubblico - privato non più rimandabile in questo settore.