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E-venti. Infrastrutture Relazionali e la scommessa post Covid

24/07/2020

Daniela Bianchi

Il talk di Ferpi Lazio e Ferpi Triveneto con il Sottosegretario Di Stefano ha analizzato un mercato, quello degli eventi, duramente colpito dall'emergenza sanitaria. Ne sono emersi importati spunti e alcune parole chiave per tracciare la strada verso la ripresa.

65,5 miliardi di fatturato, 36,2 miliardi sul PIL e grandi numeri di occupazione e indotto. Con questi numeri sullo sfondo si è parlato dell’industria degli eventi e delle fiere nel talk organizzato da Ferpi Lazio e Ferpi Triveneto. Uno dei settori più colpiti dagli effetti del Covid-19, o meglio dal quel distanziamento fisico che come misura di sicurezza impedisce “assembramento” (tra le parole più gettonate di questo periodo) e contatti, una fisicità senza la quale difficile fino ad oggi immaginarne l’operatività. Da quando esistono le grandi manifestazioni organizzate, tanto per citarne alcune nel 1861 l’Esposizione Nazionale dei prodotti agricoli e industriali e belle arti di Firenze,  nel 1871 l’Esposizione Internazionale Marittima di Genova, nel 1892 la Mostra Italo Americana di Genova, tutto è sempre ruotato sullo scambio relazionale e sulla logistica territoriale.

Ma il Covid-19 ha scardinato, in ogni ambito, paradigmi fin qui conosciuti, e parlare di questo settore nel Talk di Ferpi, ha significato provare a tracciare soluzioni e prospettive. E lo abbiamo fatto insieme ai Delegati Giuseppe De Lucia e Filippo Nani, alla Presidente Ferpi, Rossella Sobrero, e alcuni protagonisti del comparto dei grandi eventi in Italia: Maria Criscuolo (Presidente Triumph Group), Corrado Peraboni (Ceo IEG Expo), Giovanni Rodia (Direttore Ufficio Comunicazione e Relazioni Esterne ICE Agenzia), Marco Sabetta (DG Salone del Mobile).

Un talk a due voci contrapposte, da una parte quella governativa del Sottosegretario Di Stefano, che sottolinea la centralità del settore per il Sistema Italia e la forte attenzione dell’azione governativa, che è impegnata nel re-branding nazionale e individua due degli asset strategici proprio nella comunicazione e nel settore fieristico. Il Patto dell’Export, siglato da poche settimane, come spiegato da Di Stefano, punta proprio alla ripartenza e ad innescare meccanismi nuovi di internazionalizzazione, con l’intento di far crescere la penetrazione del Made in Italy nei vari mercati, aumentando la quota di aziende “stabilmente esportatrici”. L’epoca Covid, ha sottolineato il Sottosegretario, ha mostrato il valore dell’export come boa cui aggrapparsi quando il fattore domestico è in crisi. Il fatto che la pandemia sia mondiale e la crisi generalizzata  pare nel suo intervento un dettaglio trascurabile, ma la barra a dritta delle sue parole punta sull’export per una strategia di sostegno pubblico alle imprese che si affacciano sui mercati internazionali, sei i pilastri su cui concentrarsi: comunicazione, al primo posto, poi formazione/informazione, e-commerce, sistema fieristico, promozione integrata e finanza agevolata.

Dall’altra le voci degli “addetti ai lavori”. Triumph, sedi a Shangai Bruxelles Londra, 600.000 lavoratori sparsi nel mondo, Salone del Mobile, 1000 eventi in una settimana concentrati a Milano e 220 milioni, IEG Italian Exhibition Group Holding Fiera di Rimini. E accanto l’ICE che traduce in programmi di intervento il suo impegno al fianco degli operatori con una straordinaria campagna per la promozione del Made in Italy.

Quello che resta sul tavolo sono alcune parole e una manciata di riflessioni.

DigitalizzazioneÈ stata la panacea a molti vuoti in questo lungo periodo e ci voleva il lockdown per sdoganarla da consesso di pochi sparuti illuminati innovatori a fattore di massa. Il settore fieristico e degli eventi ha saputo egregiamente riorentare le proprie attività in questa direzione, anche se da qui ad immaginare che un intero comparto che ha sempre puntato su due dimensioni esiziali, comunicazione e territorio, possa trovare come unica soluzione trasferirsi su digitale, non sembra la scelta migliore anche se molti finanziamenti paiono destinati a rafforzare questa scommessa. C’è bisogno di prospettive, come dice Marco Sabetta, e non possiamo ripiegare solo sul digitale, anche perché come sottolinea Corrado Peraboni senza fiere il digitale alla lunga non sarebbe così efficace.

Dove si costruiscono queste prospettive?

Certezza. Certezze normative, le ha richiamate Peraboni, il settore è pronto, si è adattato alle norme di sicurezza, ha dimostrato la capacità di adattarsi, in una parola ha dato ampia prova di resilienza.

Come superare l’incertezza?

Rappresentanza. Un settore che è poco percepito nella sua complessità e nella sua interezza e che avrebbe bisogno di un aggiornamento delle mappe concettuali. Così come di un maggiore dialogo con gli amministratori locali. Nelle parole di Maria Criscuolo emerge una richiesta chiara di maggiore coerenza tra intenti e azioni e soprattutto l’esigenza di una maggiore rappresentatività.

Chi può tessere una lobbying territoriale?

Infrastrutture Relazionali. A detta di chi scrive un evento, una fiera, un evento, sono delle infrastrutture relazionali che tengono insieme tanti aspetti, la filiera di maestranze e competenze, la logistica di mezzi e persone, ma soprattutto una connessione territoriale che per molte aree di questo paese diventa una trama su cui tessere sviluppo, conoscenza, capitale.

Potremo farne a meno?

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