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Elogio della lentezza. Per non consumare tutto immediatamente, anche le relazioni

05/07/2023

Anna Romanin

Abituati a frazionare il tempo, avvezzi al tutto e subito e a una società dove i migliori sono quelli che irrefrenabilmente producono, almeno da noi relatori pubblici dovrebbe partire una controtendenza: la riscoperta della lentezza, perché nella costruzione di relazioni professionali di valore, il tempo è nostro alleato.

Le Public Relations, l'insieme di teorie e pratiche di comunicazione che hanno come obiettivo sviluppare relazioni, mettere in comunicazione, poco hanno a che fare con la  fretta.  

Tutti accettiamo ritmi frenetici sapendo che è invece rallentando che si costruisce qualcosa, mattone dopo mattone. I relatori pubblici sono dei tessitori sociali - è emerso più volte - sviluppano relazioni come i migliori artigiani, dove per artigianalità si intendo il meglio di questo lavoro: tradizione, sapienza, cura. I mestieri artigiani valorizzano il tempo e senza lentezza non produrrebbero capolavori. Penso alle impiraresse veneziane che scelgono con attenzione le conterie più belle per “impirarle” (infilarne) l’una dopo l’altra e creare capolavori. Il tempo permette di avere cura di ciò che si crea, che siano le collane tradizionali o - per l’appunto - una relazione. E questa è verità adamantina.

Il mestiere del relatore pubblico ha mantenuto intatto il valore del tempo che in altri mestieri sembra perduto. Più che mosche bianche dovremmo somigliare a lumache, alla lumaca di Luis Sepulveda che nella ricerca del Paese del Dente di Leone - trovato poi dentro di sé - scopre l’importanza della lentezza. Se metavalori e valori individuali (onestà, apertura, propensione al dialogo, ad esempio) possono essere già presenti nel bagaglio di un buon comunicatore è con il buon utilizzo del tempo che si creano fiducia, rispetto reciproco, accettazione delle diversità, ovvero ciò che salda la relazione.

“Elogio della lentezza” è anche il titolo di un libro di Lamberto Maffei, ex direttore dell’Istituto di neuroscienza del CNR. Maffei scrive che il cervello “ci è stato donato proprio come una macchina lenta che ha bisogno dei suoi tempi e di una sequenza nella sua azione. Noi invece facciamo il contrario, e viviamo nell’incubo della lentezza che associamo alla perdita di tempo, o peggio, a una menomazione fisica e mentale.” 

Italo Calvino scelse come motto l’antica massima latina (attribuita all’imperatore Augusto) Festina lente, affrettati lentamente. Rapidità e lentezza devono coesistere, in un racconto come nella vita. “L’elogio alla rapidità non esclude il valore opposto, la lentezza. La felice rapidità di un’espressione suona come un colpo di genio, ma è sempre frutto di un lavoro paziente: prova, riprova, taglia, sposta, misura”. Bisogna capire quando si rende necessaria una cosa o l’altra, la rapidità o la lentezza. Ma è certo che il tempo speso in una telefonata in più, la stretta di mano di persona, la ricerca di un contatto personale vis-à-vis, non sono mai tempo sprecato ma mattoni che nel tempo costruiranno una relazione solida, il nostro pane.

Piero Pelù nel 2009 cantava: “E prenditi il tempo perché la tua lentezza. È l'equilibrio per restare in piedi”.

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Foto di @Marisa Convento, impiraressa veneziana

 



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