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Etica aziendale importante solo per 4 lavoratori su 10

26/02/2016

L’Italia è allineata ai Paesi dell’Europa continentale sui temi della Business Ethics ma il divario nei confronti del Regno Unito è molto accentuato. E negli ultimi tre anni sono crollati risorse e strumenti dedicati al suo sviluppo.  Etica aziendale e whisteblowing sono stati al centro di un convegno organizzato lo scorso 25 febbraio a Milano da Sodalitas.

L’Italia - per diffusione, applicazione ed efficacia percepita degli strumenti di Business Ethics - è allineata ai Paesi dell’Europa continentale. Ma il divario nei confronti del Regno Unito è molto accentuato.
E, nel nostro Paese, gli ultimi tre anni (tra 2012 e 2015) hanno visto un crollo dei principali indicatori sulla Business Ethics, in termini di risorse e strumenti dedicati al suo sviluppo.

Queste, in sintesi, le principali evidenze emerse dalla Ricerca “Ethics at Work” che l’IBE-Institute of Business Ethics (UK) - fondato nel 1986 per promuovere l’etica nel mondo degli affari - ha presentato nel corso dell’evento organizzato il 25 febbraio a Milano da Fondazione Sodalitas.
La ricerca è stata realizzata intervistando un campione pesato di 750 lavoratori appartenenti a organizzazioni di vario tipo, in ognuno dei seguenti 5 PaesiUK, Francia, Germania, Spagna e Italia.

Nel nostro Paese, solo il 47% dei lavoratori ha la percezione che la propria organizzazione adotti un Codice Etico contro l’86% nel Regno Unito, ed è diminuita negli ultimi tre anni la consapevolezza dell’esistenza di programmi formali di etica aziendale (-21%).

In calo la percentuale di dipendenti convinti che l’onestà sia praticata sempre o frequentemente nella propria azienda (73% nel 2015 contro l’86% del 2012), mentre aumentano i dipendenti consapevoli dell’esistenza di condotte improprie nella propria organizzazione (32% contro il 27% del 2012).
E, infine, solo 4 lavoratori su 10, nel nostro Paese, si preoccupano delle conseguenze prodotte dalle condotte improprie praticate.

“Fondazione Sodalitas associa oltre 100 imprese leader nel mercato italiano: sappiamo che dalla capacità di adottare criteri etici di gestione e di comportamento dipende la possibilità stessa per l’azienda di crescere e continuare ad esistere nel tempo” ha dichiarato Carlo Antonio Pescetti, Consigliere Delegato di Fondazione Sodalitas. 

Il 15% dei lavoratori italiani intervistati avverte pressione a violare gli standard etici della propria organizzazione: il dato è significativamente più alto rispetto a quelli degli altri Paesi analizzati.
Ed i lavoratori della Pubblica Amministrazione e del Terzo settore percepiscono l’esistenza di comportamenti non etici più frequentemente rispetto ai lavoratori delle imprese private.

“La crisi spinge chi ha ruoli di responsabilità nelle organizzazioni ad aumentare la pressione sui collaboratori per raggiungere i risultati – ha osservato Lorenzo Sacconi, Ordinario di Politica Economica presso l’Università di Trento e Direttore del Centro Inter-universitario EconomEtica“La sfiducia generata da eventi come Mafia Capitale, associata ad un maggior senso di precarietà e insicurezza verso il futuro contribuiscono ulteriormente a ridurre l’attenzione verso la dimensione dell’etica, in tutte le organizzazioni”.

La diffusione del Whistleblowing


La seconda ricerca internazionale presentata dall’Institute of Business Ethics, a cui Fondazione Sodalitas ha contribuito per l’Italia, riguarda la diffusione del Whistleblowing in 5 Paesi europei.

Il 46% delle imprese europee (in UK questa percentuale sale all’86%) ha infatti introdotto sistemi di “Whistleblowing” (o Speak up) che permettono ai dipendenti aziendali di segnalare, con la garanzia della protezione della fonte, comportamenti interni all’organizzazione che non siano coerenti con i valori aziendali.

L’Italia, dove lo strumento è decisamente meno diffuso, aspetta l’approvazione definitiva della proposta di legge sul Whistleblowing (n. 1751/2013).
La ricerca indica una correlazione diretta tra la disponibilità e l’utilizzo di strumenti a supporto dei comportamenti etici – come il Whistleblowing, appunto – e la percezione positiva dei lavoratori rispetto all’impegno etico dell’organizzazionedi appartenenza a incentivare comportamenti corretti e sanzionare quelli impropri.
Tra le violazioni che i sistemi di Whistleblowing permettono di segnalare più di frequente, a livello dei 5 Paesi, figurano le molestie (51%), le questioni legate alla gestione delle risorse umane (41%), le frodi e i furti (37%), situazioni legate a salute, sicurezza, ambiente e prevenzione (20%), corruzione e conflitto d’interessi (15%).
I sistemi di Whistleblowing sono gestiti internamente all’azienda nel 53% dei casi, e per il 63% delle situazioni sono accessibili anche a persone diverse dai dipendenti aziendali (ovvero stakeholder esterni quali fornitori, contractor, clienti, advisor, finanziatori). In Italia questa percentuale scende al 33,3%.
Il 72% dei sistemi adottati garantisce l’anonimato delle segnalazioni (in Italia ci si assesta al 66,7%).
I sistemi di Whistleblowing prevedono quasi sempre policy anti-rappresaglie per chi fa segnalazioni (90%); quelli più evoluti prevedono anche processi di monitoraggio dell’assenza di rappresaglie (in Italia questo non è mai rilevato).

I risultati ottenuti dal confronto con altri Paesi europei ci segnalano che in Italia emerge una situazione incoraggiante per quanto riguarda la diffusione degli strumenti a sostegno della Business Ethics” ha rilevato Guendalina Dondè, Ricercatrice dell’Institute of Business Ethics. “Esistono, però, anche alcuni fattori che, qualora trascurati, potrebbero mettere a repentaglio l’efficacia dei programmi etici aziendali. Un esempio è senz’altro l’incentivo all’utilizzo dei programmi di speak up/whistleblowing. A questo proposito, credo sarà interessante seguire gli sviluppi dell’intervento legislativo in discussione al momento e l’impatto che esso avrà sulla pratica aziendale”.
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