Fontana: l'era delle storywars
10/03/2016
Una battaglia narrativa degna di un ring da pugilato quella che, qualche settimana fa, si è consumata tra McDonald’s e Burger King. Un vero caso di studio che segna la riscrittura delle regole dello storytelling. Ne abbiamo parlato con Andrea Fontana di Storyfactory, tra i più autorevoli esperti della materia.
Con il web e i social la competizione tra imprese si sta spostando sulla narrazione. Un caso da studio, che segna una svolta da questo punto di vista, si è consumato a fine febbraio tra McDonald’s e Burger King con una battaglia narrativa degna di un ring da pugilato. Ne abbiamo parlato con Andrea Fontana di Storyfactory, prima società italiana nel campo della consulenza narrativa d’impresa, Presidente dell’Osservatorio Italiano di Corporate Storytelling presso l’Università di Pavia, senza dubbio tra i più autorevoli esperti della materia e che sul tema ha scritto un recente post.
La competizione, dunque, si è spostata sulla narrazione?
Oggi una nuova area di competizione, drammatica e meravigliosa, è quella narrativa. La posta in gioco è la nostra attenzione e identità: la “share of identity”.
Perché questo? Perché i mercati sono saturi, turbolenti, e i pubblici confusi e assuefatti a tutti i tipi di messaggi. Le quote di attenzione e di identità, servono a guadagnare un profondo coinvolgimento tra marca, prodotti e clienti.
I racconti di marca, di prodotto e di vita cercano così di proporsi, presentarsi e a volte imporsi, nel tentativo di coinvolgerci in “pezzi di destino” e richiamare la nostra attenzione. Queste dinamiche, sono delle vere e proprie
story-wars, “guerre di contenuto e racconto” dove sopravvive chi riesce a
sovrascrivere e/o
riscrivere i racconti degli altri. Oppure resiste chi si è attrezzato con competenze narrative ed è capace di evitare attacchi di ri-scrittura o sovra-scrittura della propria identità, storia e narrazione.
Cosa è successo tra McDonald’s e Burger King?
Quello che è successo è un esempio di questa “battaglia dei racconti”.
Il primo colpo lo assesta McDonald’s, diffondendo in Francia una campagna in cui si racconta di una coppia in viaggio che incontra le indicazioni stradali per due punti di ristoro: uno di McDonald’s a pochi minuti di auto e uno di Burger King, distante centinaia di chilometri e difficile da raggiungere. Un interessante tentativo di sovrascrivere il racconto di un competitor fatto con una logica di contro-narrazione classica:
sei un mio competitor = parlo male di te. Ti racconto in modo tale da svalutarti.
Qual è la novità, invece, della risposta di Burger King?
Burger King, con una mossa inaspettata e fuori da ogni logica di marketing classico ha risposto con una ri-scrittura totale modificando la logica di attacco. Così dal “ti racconto male” si è passati a:
sei un mio rivale = ti racconto bene.
Burger King, infatti, per rispondere alla campagna aggressiva di McDonald’s diffonde uno spot che crea una “
svolta di trama” aggiungendo un nuovo finale al primo spot: la coppia si ferma da certo da McDonald’s ma solo per un buon caffè ristoratore e per riposarsi. Poi rifocillata riparte arrivando fino al ristorante di Burger King dove mangiare l’hamburger preferito.
Dunque un cambio totale di paradigma…
Sì, è questa la vera novità. Si è passati dal modello di racconto “metto in scena il mio rivale e lo scredito” al “
racconto il mio rivale e lo trasformo nel mio aiutante”.
La cosa interessante infatti è che Burger King ha incorporato il rivale nel suo racconto e lo ha ringraziato perché permette il compiersi del viaggio-destino di due clienti.
Un competitor da “avversario” viene così trasformato in un “aiutante” al servizio del viaggio di vita dei consumatori verso la meta finale: il prodotto – marchio Burger King.
Un ottimo esempio di come oggi le vecchie logiche da marketing militarizzato stanno implodendo e di come sia necessario un “marketing narrativo” capace di rispondere a
contro-narrazioni e a tentativi di sovrascrittura all’interno dei mercati diventati anche
story-wars.
Dunque anche un nuovo modo di fare engagement attraverso la narrazione?
Sicuramente un nuovo modello.
In cui occorrono molte competenze, da quelle narrative (storytelling skills), a quelle legali; perché queste azioni implicano quasi sempre anche logiche giurisprudenziali e prima e dopo averle fatte occorre “consapevolezza legale”.
In ogni caso, quello che ci interessa qui è il tipo diverso di mindset e mentalità che occorre per fare questo genere di iniziative. Stiamo passando da una mentalità del “controllo e del discredito” a un mindset della “competizione collaborativa e inclusiva” dove il competitor è un attore positivo della mia evoluzione e può essere incorporato nel mio sviluppo. In qualche modo come dicono tutti i grandi narratori, se un competitor non c’è va inventato e incluso nel proprio racconto per avere una grande narrazione!
Le storywars, come le ha chiamate lei, dunque aprono nuovi scenari nelle relazioni con i pubblici…
Senza dubbio. E sono scenari a cui ci dobbiamo educare.
Viviamo già in “battaglie narrative” a più livelli – si pensi al racconto mediatico che sta facendo l’ISIS e ai contro racconti per esempio di Anonymus. In queste battaglie la posta in gioco non è solo la nostra attenzione ma anche la nostra identità, ciò che siamo e ciò in cui crediamo (della vita, del consumo, del mercato, etc).
In questi scenari ognuno di noi è chiamato a sviluppare consapevolezza narrativa e storytelling skills per capire e scegliere il miglior racconto di vita e mercato per sé e comprendere il racconto di vita e mercato a cui si vuole appartenere.
Sempre in questi scenari le organizzazioni sono chiamate a “posizionarsi esistenzialmente”.
Il tempo della comunicazione banale tipo: “la mia marca è bella, forte, e risolve tutti i tuoi problemi”, è finito ed è iniziato l’epoca del “racconto esistenziale”, della condivisione cioè di un destino e di una tensione individuale e sociale nei racconti d’impresa: “la mia marca è consapevole di grandi problemi che ci sono e le sue soluzioni possono forse darti qualche risposta ora nella tua vita”. Questo può essere fatto anche in modo ironico e leggero, ma non può essere eluso da chi oggi vuole ingaggiare un pubblico in modo profondo, significativo e biografico. Mi sento molto impegnato sulla questione dell’ingaggio significativo dei pubblici ed è per questo che ho deciso di rendere tale argomento uno dei temi più rilevanti sviluppati nel mio ultimo libro che uscirà ad aprile 2016 per Hoepli:
"Storytelling d’impresa. La guida definitiva".