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Giorgio Bocca sull'ultimo Espresso:

14/04/2004

Pubbliche relazioni e private umiliazioni.Un commento di Toni Muzi Falconi

Nell'identificare (sull'ultimo Espresso, il testo a fine commento) i peggiori difetti dei suoi colleghi giornalisti con la società delle 'pubbliche relazioni', Giorgio Bocca non ci fa certo un gran favore...Eppure, con la sua ben nota (e sempre più amara...) ruvidezza, esprime quel che molti pensano: nel termine 'pubbliche relazioni' Bocca concentra il peggio... E man mano che le relazioni pubbliche (non è il solitario passero, caro Giorgio!), acquistano ruolo in una società sempre più virtuale e disossata, cresce in parallelo il disprezzo del purosangue verso i suoi colleghi che, con sempre maggiore e scanzonata frequenza, passano dall'altra parte o, peggio, stanno con il piede in due staffe perché così diventano più ricchi, usano l'autista e sono più richiesti.Ben consapevole che l'80% delle informazioni che leggiamo oggi sui media provengono da fonti di relazioni pubbliche, Bocca opera una ardita 'crasi'... identificando sic et simpliciter le 'pubbliche relazioni' con i suoi colleghi che, dice, hanno rinunciato a 'fare del buon giornalismo anziché navigare fra le menzogne e le gaffes'.Viene in mente quel pamphlet del 1962 di Daniel Boorstin, recentemente scomparso, intitolato 'The image: or what's happened to the american dream" in cui il grande storico americano se la prendeva con i media perché (ed era il 1962!) davano importanza soltanto agli pseudo eventi, e perché una notizia non è più una notizia se non annunciata in un pseudo evento... Che a sua volta diventa notizia. Bocca sottolinea l'abisso morale e culturale che lo distanzia da quei servi che, a suo dire, vivono e fioriscono nelle zone più opache, melmose e redditizie di una società che disprezza. Forse, è meglio così: preferisco l'invettiva di un Giorgio Bocca che perlomeno fa riflettere su come sia davvero cambiato il mestiere del giornalista.Ciascuno di noi è in grado di capire perfettamente cosa intende dire e con chi ce l'ha, e anche di cogliere - in noi stessi e intorno a noi - i reali veleni insiti nel nostro lavoro, ma anche i suoi tanti aspetti positivi.Toni Muzi FalconiEcco il link per leggere il pezzo di Bocca, dal sito dell'EspressoEd ecco il testo dell'articolo:Pubbliche relazioni e private umiliazioniLa società dei servizi non sceglie i migliori ma i peggiori: seleziona i servi e li promuove e anche li onora con centinaia di premi a leccastivali e voltagabbanaIl dubbio è che la società dei servizi produca soprattutto dei servi e che le telecomunicazioni fulminee abbiano sempre meno da comunicare. Leggo sui giornali di servizio le biografie dei nuovi direttori di aziende, quasi tutti degli sconosciuti incompetenti ma raccomandati. Nel giornalismo, professione di mia competenza, arrivano al vertice i selezionati dai fogli aziendali, cioè da scuole della propaganda e dell'imbonimento assai più che della buona scrittura e della notizia. Che ha fatto il nuovo e sin qui sconosciuto capo di un grande quotidiano? L'inviato di guerra? Il buon cronista? L'esperto di economia e di finanza? È uscito dalla Bocconi? Ha studiato alla Normale? Niente di tutto ciò. Ha lavorato nell'ufficio stampa di un sindacato, poi è passato alle pubbliche relazioni di una grande azienda o alla segreteria di un partito, dove ha fatto il portaborse di un leader politico.Che libri ha scritto? Nessuno, salvo qualche opuscolo ad uso dei padroni. Che ne sa della buona informazione? Niente, ma sa bene come ci si muove fra i potenti. La vittoria elettorale del centrodestra, ha promosso in massa i redattori di fogli semiclandestini trasferendoli nelle televisioni nazionali, nelle radio, nei grandi quotidiani. La società dei servizi non seleziona i migliori, ma i peggiori: seleziona i servi, li promuove e anche li onora. Si contano a centinaia i premi di giornalismo che distribuiscono diplomi e soldi a leccastivali e a voltagabbana di cui ci si dovrebbe vergognare. La società delle pubbliche relazioni cresce come società delle relazioni mediocri. Le televisioni, le radio e gran parte dei giornali sono a un livello penoso perché dirette dai peggiori: il cattivo gusto dominante non è casuale, ma l'effetto della cattiva dirigenza, basta guardarli i direttori generali o di rete in prima fila a uno dei tanti festival nazional-popolari. Gli spettacoli sono di loro gusto, si scompisciano alle scene più volgari, si crogiolano alle adulazioni più indecenti, si mostrano sorridenti e soddisfatti invece che nascondersi.In questa società dei servizi il piacere di servire si massifica e si esibisce. Giorni fa a Milano c'è stata una cena elettorale per Gianfranco Fini, il leader di Alleanza nazionale per decenni chiuso nel ghetto del Msi. Erano in mille a festeggiarlo a 500 euro a testa: mille della buona borghesia rampante, gli stessi che andavano alle feste di Craxi, la Milano da bere, il terziario avanzato. C'era tutto lo stato maggiore della moda, c'era anche la Vanoni quella del Piccolo teatro e di Brecht, c'erano direttori di giornali e di reti. Perché Fini è un navigatore a vista della politica, uno che è nato dalla repubblica sociale di Salò, dal mussolinismo crepuscolare filo nazista, ma che ora ne parla come del 'male assoluto'. Ma che importa? È un potente, può farti avere delle sovvenzioni statali, dei posti, delle spinte. A volte ci si chiede se i favori e i servizi della società dei servizi siano davvero apprezzabili. A volte mi capita di riconoscere fra i cortigiani e portavoce di Berlusconi dei vecchi colleghi dell'Europeo' o del 'Giorno', agitati, sudati, preoccupati, nella calca di guardie del corpo e di presenzialisti. È stata davvero una buona carriera, non erano meglio i tempi in cui ci provavamo a fare del buon giornalismo anziché navigare fra le menzogne e le gaffes? Ci sarà anche la lode del tempo perduto, la nostalgia degli anni verdi, ma c'è anche il fatto, la constatazione, che questa società dei servizi e delle pubbliche relazioni ti paga di più con le umiliazioni che con le soddisfazioni.
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