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I social network spiegati dagli opinionisti

11/01/2010

E’ importante che i media parlino di se stessi e soprattutto che gli _old media_, quali televisione e carta stampata non sottovalutino il valore e le potenzialità dei _new media_, su tutti Internet e la sua manifestazione più innovativa e dirompente, i social network. Ma nel fare questo è opportuno basarsi su fatti concreti e dati reali, non su divagazioni personali più o meno fantasiose. Come negli esempi che ci riporta Vincenzo Cosenza.

di Vincenzo Cosenza


Quest’anno la visita del fantasma del Natale futuro ha paventato a noi “poveri” utenti di Internet i filtri alla rete, l’anonimato protetto, ma anche il rischio di un giornalismo/opinionismo superficiale e radical-chic sul tema delle nuove tecnologie.


Quest’ultimo mi sembra particolarmente degno d’attenzione perchè, come sostiene Giovanni Boccia Artieri, “divulgare le tecnologie nuove, delinearne possibili profili e sviluppi, immaginare i mondi che schiuderanno e chiuderanno è una responsabilità sociale. I giornalisti, come gli scrittori, i registi, gli artisti, ecc. sviluppano narrazioni che, da una parte rappresentano, dall’altra costruiscono il senso comune delle tecnologie”.


E’ accaduto che Maria Laura Rodotà, per arrivare a dimostrare la sua tesi precostituita, “L’immagine del vero amico, un’anima affine rara da trovare e molto amata, è completamente scomparsa dalla nostra cultura” a causa dei social network, abbia “costruito” un fatto basato unicamente sulle sue sensazioni: “Quest’anno si sono fatti meno auguri a voce e per telefono e anche per e-mail; e tantissimi via social network, magari urbi et orbi. Ci sono stati meno incontri anche brevi per salutarsi”.


Il giorno dopo Roberto Cotroneo, in controtendenza rispetto ai dati ufficiali, non si lascia scappare l’occasione di calare il carico da undici: “Quello che nessuno dice è che gli adulti (per i ragazzini è un’altra cosa, ed è vero) stanno staccando la spina. (…) Ma soprattutto c’è una cosa nuova e importante. È un titolo di merito, di stile e di eleganza non esserci su Facebook. E quando incontriamo qualcuno, sempre più raro, che dice: non sto su Facebook lo guardiamo con ammirazione. Uno che non ci è caduto, uno che non ha bisogno di taggare, di cliccare il “mi piace”, di scrivere la nota, di mettere lo status quotidiano. Uno che se vuole parlare con qualcuno lo invita a colazione o per un aperitivo.”


E’ evidente in entrambi i casi il pericoloso tentativo, anche perchè si rivolge a “migranti” digitali, spesso genitori, che cercano di interpretare i cambiamenti mediali facendosi guidare dal fido quotidiano, di costruire una narrazione del nuovo basata su affermazioni apodittiche, non su studi.


E’ sicuramente necessario chiedere ai media di massa una maggiore responsabilità sociale di divulgazione, ma al tempo stesso deve crescere l’attitudine di tutti coloro che hanno una voce in rete, al fact-checking, a confutare con dati di fatto rappresentazioni fantasiose dei mutamenti in atto, siano esse veicolate dai media generalisti che dai personal media. Ad esempio, sarebbe bello arrivare ad avere un wiki che esponga dati, ricerche, analisi fattuali sulle nuove tecnologie e sul loro impatto sociale, in grado di divenire fonte e fare da contraltare alle inesattezze del politico o dell’opinionista di turno.


Tratto dal blog di Vincenzo Cosenza
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