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Il lobbista ai tempi dell’Intelligenza Artificiale

#FERPISideChat

20/11/2023

Giuseppe de Lucia

L’evoluzione tecnologica avrà impatti in tutti i settori e i lobbisti potranno contribuire a regolare al meglio la prossima sfida che i policy maker si troveranno di fronte. Ne parliamo nella nostra rubrica #FERPISideChat con Luigi Ferrata, esperto di Public Affairs.

Negli anni, il ruolo del lobbista si è modificato ed è aumentata la percezione della sua attività ai fini dei risultati aziendali. Puoi spiegare in che modo la lobby è diventata un elemento chiave nella strategia aziendale, soprattutto nel settore dell'ICT? Quali sono gli obiettivi principali della tua attività di lobby?  

Sono parecchi anni ormai che l’attività di lobbying, ma più in generale di public affairs, di cui l’attività di lobbying è una componente, è diventata sempre più centrale per la vita di un’azienda. Ricordo un sondaggio di McKinsey risalente al 2011, condotto tra i CEO delle principali aziende a livello mondiale. Alla domanda su quali fossero le questioni chiave per lo sviluppo del loro business, al primo posto hanno messo la gestione del cliente, ma al secondo i rapporti con le Istituzioni e i Governi, in quanto questi hanno il potere di definire le regole in cui si muove il mondo del business e quindi hanno un impatto decisivo sul conto economico. Con questa risposta, i capi azienda, hanno fatto emergere la centralità della funzione e del ruolo di lobbista, cioè di un professionista in grado di saper gestire in maniera trasparente i rapporti con i decisori pubblici. Risulta in questo senso evidente che le aziende di maggior successo sono quelle in grado di ingaggiare in maniera proattiva i regolatori, presentando le proprie posizioni e proposte, senza subire passivamente le decisioni, ma anzi presentando il proprio contributo, sempre nel rispetto dei ruoli, ai processi decisionali. In questo scenario, quindi, il ruolo del lobbista acquisisce una funzione centrale all’interno delle strategie aziendali, in grado di guidare le scelte di business. Inoltre, è utile considerare che in alcuni settori, come la finanza, energia, pharma e ICT in cui la tecnologia sottostante è in continua evoluzione e in cui, quindi, sono necessarie delle regole sempre nuove, il lobbista, anche in virtù del suo bagaglio tecnico, diventa una figura ancora più fondamentale. Tale ruolo è legato al fatto che è in grado di presentare i cambiamenti tecnologici ai decisori che poi regoleranno in autonomia il mercato.  

Con l'avanzamento dell'intelligenza artificiale e della tecnologia digitale, in che modo la professione del lobbista nel settore ICT è cambiata negli ultimi anni? Quali sfide e opportunità hai riscontrato? 

I cambiamenti tecnologici a cui stiamo assistendo in questi anni rendono la professione più centrale che mai. Si è in sostanza sulla frontiera dell’innovazione. L’intelligenza artificiale, il metaverso, il digital twin e tutte le tecnologie digitali dovranno essere in qualche modo regolate. I decisori, comprensibilmente, si trovano davanti delle sfide pazzesche, stretti tra la paura di compromettere l’uso di tecnologie che possono migliorare la vita delle persone da un lato e dall’altro di lasciare campo libero ad abusi che possono compromettere in ultima analisi la vita delle persone. Hanno quindi bisogno di confrontarsi con esperti, tra cui anche le aziende, per ascoltare le loro posizioni e proposte. Le indagini conoscitive sull’AI nel Parlamento italiano, l’incontro organizzato tra Istituzioni e aziende nel Regno Unito qualche giorno fa a cui ha partecipato anche la Presidente del Consiglio, le riunioni con il mondo dell’AI organizzate da Biden e le consultazioni fatte dal Parlamento EU, vanno proprio in questa direzione. 

Si parla sempre di più di regolamentazione per questa professione. Qual è il tuo punto di vista?  

Lavoro in questo settore da circa 20 anni e già quando ho iniziato si parlava da tempo di un’imminente regolazione dell’attività di lobbying. Ma non è mai successo nulla. A mio avviso, non si riesce a regolare nulla per alcune ragioni. La prima delle quali risiede nel fatto che non tutti i soggetti che fanno lobby, vogliono essere considerati lobbisti, in virtù di uno stigma ancora esistente nei confronti della professione. Inoltre, una regolazione obbligatoria implicherebbe degli obblighi di trasparenza, che non tutti vorrebbero rispettare: una zona grigia fa comodo a tanti, a mio avviso, più per abitudine che per una reale volontà di agire nell’ombra. L’unico modo per arrivare ad una regolazione e inserire degli obblighi e soprattutto degli evidenti meccanismi premiali per chi rispetta le eventuali regole. Infine, bisogna sottolineare che nessuna legislazione sarà mai in grado di ridurre a zero i conflitti di interesse e le scappatoie insite anche nella migliore legislazione del mondo. La soluzione migliore, anche se non perfetta, è investire su una sana società civile dei “watchdog” in grado di “indignarsi” davanti a comportamenti dubbi, comminando delle sanzioni morali.  

Puoi condividere un esempio concreto di un progetto di lobby che hai gestito con successo e che ha avuto un impatto significativo sulla strategia aziendale o sulla regolamentazione nel settore ICT? 

In questa fase mi sto concentrando molto su un’attività culturale, volta a spiegare il ruolo e l’impatto del digitale, cercando di fare passare il messaggio che il digitale è una componente fondamentale per la legislazione in qualunque settore. Ciò che vorrei è che il legislatore prima di normare qualunque cosa si domandasse se il risultato atteso sia migliorabile aumentando la componente digitale. In questo senso dovrebbe essere istituita una sorta di AIR (analisi di impatto della regolazione), legata all’utilizzo del digitale. Un altro punto che ho sollevato in questi ultimi mesi è legato al rapporto tra AI e democrazia. Ho contribuito a scrivere il primo discorso interamente scritto da Chat GPT mai pronunciato prima in Parlamento, proprio con l’obiettivo di aprire un dibattito sul rapporto tra democrazia e nuove tecnologie.  

Come vedi il futuro della professione del lobbista nel contesto dell'evoluzione tecnologica? Quali saranno le sfide e le opportunità principali per i lobbisti nel settore ICT nei prossimi anni?  

L’evoluzione tecnologica avrà un grande impatto nei prossimi anni, soprattutto grazie allo sviluppo dell’AI che potrà contribuire a facilitare il nostro lavoro. L’AI è in grado di semplificare l’attività di lobbying perché può analizzare testi normativi, comprendere le varie posizioni e valutare gli impatti in maniera quasi istantanea velocizzando il lavoro di un essere umano, aggiungendo anche un’incredibile capacità di sintesi. A tendere una macchina potrà anche valutare gli impatti economici di una determinata norma e la probabilità che questa venga approvata o meno, aiutando il lobbista a prendere con maggiore consapevolezza le proprie decisioni strategiche. Per quanto riguarda strettamente le sfide dell’ICT, esse saranno prettamente legate all’evoluzione normativa che caratterizzerà il settore e in questo senso sarà molto importante essere proattivi nell’ingaggiare il decisore.  

Cosa consiglieresti a chi desidera intraprendere una carriera nella lobby nel settore dell'ICT, considerando le dinamiche attuali e le prospettive future? 

Al di là di un generale interesse per il settore vedo come competenze chiave delle soft skill legate all’immaginare cosa può accadere, quali possono essere gli sviluppi del settore e a come ingaggiare gli stakeholder in maniera sempre diversa e proattiva. In ogni caso non vedo una differenza specifica tra un lobbista dell’ICT, al netto di competenze specifiche che si acquisiscono on the job e un lobbista che lavora in un altro settore. Ciò che conta davvero è sviluppare un proprio metodo di ingaggio in maniera trasparente e istituzionale. 

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