Lorenzo Canu
Tre voci da FERPILab riflettono sul ruolo dell’umano nella trasformazione digitale, tra principi etici, responsabilità e nuove alleanze tra ricerca e comunicazione.
In preparazione allo European Summit “Technology, Trends & Communication Transformations” e al lancio del Venice Pledge, FERPILab, il laboratorio di ricerca e innovazione di FERPI dedicato allo studio della trasformazione nella comunicazione e nelle relazioni pubbliche, ha promosso una riflessione corale con un focus sull’impatto dell’intelligenza artificiale. Abbiamo intervistato il Prof. Giampaolo Azzoni, Prorettore alla Comunicazione dell’Università di Pavia; il Prof. Alberto Bitonti, docente di Comunicazione Politica e Istituzionale presso l’Università della Svizzera italiana; e il Prof. Vincenzo Manfredi, Direttore Scientifico di FERPILab. Tra i principali temi emersi: la centralità dell’etica, la responsabilità delle scelte, il ruolo dell’“agentività” umana e il contributo strategico dei centri di ricerca per un futuro digitale sostenibile e relazionale.
Qual è, a tuo avviso, l'obiettivo più importante che il Summit di Venezia deve raggiungere, anche in vista del lancio del Venice Pledge?
Vincenzo Manfredi: Il Summit di Venezia rappresenta un’occasione preziosa per affermare, anche simbolicamente, che la trasformazione digitale richiede un’anima etica, relazionale e umana. In vista del lancio del Venice Pledge, credo che l’obiettivo più importante sia quello di sancire un impegno condiviso per una governance dell’IA che metta al centro l’umano — non in senso retorico, ma operativo e sistemico. Dobbiamo affermare con chiarezza che la tecnologia non è neutra, e che i suoi impatti dipendono dalle architetture di senso e di valore che la guidano. L’intelligenza artificiale, in particolare, non può essere lasciata alla sola logica dell’efficienza o del calcolo. Serve una nuova alleanza tra ricerca, formazione e comunicazione per garantire che l’agire automatizzato non espropri l’umano della sua capacità di scelta, di relazione, di agentività.
Il Venice Pledge può diventare il manifesto europeo per una transizione digitale relazionale, dove la responsabilità, la trasparenza, la cura e la partecipazione siano i pilastri dell’innovazione. A Venezia dobbiamo porre le basi di un nuovo patto, in cui i sistemi intelligenti siano strumenti al servizio del bene comune e non surrogati dell’autonomia umana. L’IA deve essere progettata non per sostituire l’umano, ma per rafforzarne la libertà, la creatività e la capacità di "fare mondo", come ricordavo nel richiamo al concetto di agentività. Il Summit, dunque, non deve limitarsi a un confronto tecnico, ma deve generare visione e responsabilità condivisa: un nuovo umanesimo della complessità, che sappia tenere insieme progresso e coscienza.
In che modo l'intelligenza artificiale sta modificando, o dovrebbe modificare, i principi etici fondamentali che guidano la comunicazione pubblica e le relazioni istituzionali?
Giampaolo Azzoni: L’intelligenza artificiale porterà ad una maggiore attenzione agli elementi etici che dovranno essere sempre più incorporati nella comunicazione di qualità. Penso alla responsabilità sui contenuti. L’intelligenza artificiale lavora per induzione e combinazione dell’esistente. Ciò produrrà e, in parte, ha già prodotto una “commoditizzazione” nei prodotti e servizi di comunicazione. Ma se si vuole fare la differenza, il comunicatore deve essere responsabile di quello che dice e di come lo dice. L’etica, insieme alla creatività, saranno sempre più i fattori decisivi. Quindi, non parlerei di cambiamenti nei principi etici, ma invece di una loro accresciuta importanza.
Alberto Bitonti: L’innovazione digitale e le varie intelligenze artificiali stanno certamente modificando il modo di lavorare dei professionisti della comunicazione pubblica e delle relazioni istituzionali, ma non credo che i principi etici fondamentali di queste professioni debbano per questo cambiare. Saper creare relazioni di fiducia con i vari stakeholder pubblici e privati e il saper comunicare efficacemente rimangono (e devono rimanere) obiettivi fondamentali di chi opera in questo settore.
Quali responsabilità specifiche devono assumersi oggi i comunicatori e i decisori pubblici di fronte all'uso crescente dell'IA nei processi di relazione e influenza?
Giampaolo Azzoni: L’intelligenza artificiale ha, come ogni tecnologia, una funzione di “esonero”, cioè ci esonera dal fare tutta una serie di cose che le vengano delegate - e questo è sicuramente positivo. Ma quando abbiamo a che fare con relazioni significative, come spesso accade nei rapporti con decisori o stakeholder, la domanda prima del nostro interlocutore è quella di confrontarsi con un volto personale e una parola affidabile. Difficilmente i relatori pubblici, se vorranno essere efficaci, potranno esonerarsi dal mostrare un volto e dal comunicare una parola riconducibile a quel volto. Dunque, credo che si dovrà riaffermare una “responsabilità dell’enunciazione”, cioè quella del soggetto che è in un dialogo con altri.
Alberto Bitonti: La risposta è semplice: la responsabilità delle decisioni. L’AI può fornire un supporto fondamentale quando si prende una decisione, che si tratti di comprendere meglio il contesto in cui si opera o di fornire determinate raccomandazioni, ma le scelte rimangono (e devono rimanere) degli essere umani. Parlerei a tal proposito di intelligenza aumentata: le AI accrescono enormemente (seppur con molti limiti) il potenziale degli esseri umani, ma non dobbiamo illuderci di poter delegare alle macchine attività più strategiche e sensibili. La scelta vincente in questo caso è l’alleanza tra uomo e macchina, nella consapevolezza dei punti di forza (e di debolezza) dell’uno e dell’altra.
Vincenzo, in qualità di direttore scientifico di FERPILab, come vedi il ruolo dei centri di ricerca e formazione come il vostro nel promuovere un uso etico e responsabile dell'IA nella comunicazione?
Vincenzo Manfredi: Il FERILab ha come suo purpose fondativo, come sua vocazione d’elezione, la centralità della disciplina delle relazioni pubbliche che consideriamo come la disciplina sistemica ed intellettuale che consente di navigare la complessità, con una visione strategica e prospettica, prima nello studio del presente e poi nella formulazione delle proposte condivise per la gestione delle issue. I centri di ricerca, i centri di formazione, la scuola e l’università dovrebbero sottoscrivere un patto di collaborazione che riesca a coniugare, appunto, l’analisi del presente con le sfide del futuro, che del resto sono in continuo cambiamento. La IA generativa la possiamo considerare come una delle tecniche della comunicazione al servizio delle Relazioni Pubbliche. La pervasività, ma anche l’efficacia e l’efficienza che sono proprie della IA, ci richiamo all’urgenza della responsabilità. Un uso etico di una intelligenza aritificiale non può prescindere dalla sua gestione etica che deve presiedere ogni passaggio della struttura dell’algoritmo. Ma chi decide cosa sia giusto e cosa sia sbagliato?
Lo possiamo decidere insieme se ci soffermiamo sul senso e il significato delle relazioni e dell’agentività: questa rappresenta il nucleo della capacità umana di esercitare un controllo cosciente sul proprio comportamento, mentre la “artificial agency”, come denominata dal Professor Luciano Floridi in un suo ultimo paper, rappresenta una nuova forma di operatività autonoma, dove l’azione non è posta in essere da intenzioni, vocazione o desideri, ma da una inflessibile ottimizzazione dei parametri operativi. L’agentività umana invece (concetto fondativo delle relazioni pubbliche) è la base della libertà e della creatività umana, del progresso e della capacità di “fare mondo”. Mentre la macchina può operare, pur essendo priva di coscienza, l’uomo dovrebbe recuperare la vitalità dell’imprevisto che genera bellezza e unicità. C’è quindi l’ugenza di considerare le relazioni pubbliche e la comunicazione come vera gestione umana e strategica delle interconnessioni. Siamo architetti di ecosistemi relazionali dove la capacità di interpretare contesti, anticipare scenari e costruire narrazioni autentiche diventa asset manageriale fondamentale.
L'agentività, che possiamo definire come la capacità delle persone, degli individui (collettivo o organizzazione) di agire intenzionalmente nel mondo, con la capacità di influenzare i contesti relazionali, sociali, culturali, economici e comunicativi. Questa interazione, e quindi una relazione e riconoscimento reciproco, ci pone al di sopra della IA, ma deve diventare una scelta consapevole e condivisa. Per fare questo i centri di ricerca dovranno sempre più focalizzarsi sullo studio delle proprietà emergenti, sulla interdisciplinarietà e sulla transdisciplinarietà per creare un nuovo paradigma che consenta all’Umano di governare il sistema. L'agentività degli individui non è una caratteristica innata, ma un processo costruito attraverso la comunicazione, il dialogo, e il riconoscimento delle condizioni sistemiche che limitano o espandono le possibilità di azione.
In un mondo che sta vivendo un cambio d’epoca, e non solo per la pervasività della IA, la vera innovazione delle relazioni pubbliche sta nel loro approccio sistemico e condiviso: tradurre la complessità in opportunità attraverso l'ascolto profondo e la cura delle relazioni, per fare sistema, etico e sostenibile, per la creazione di valore condiviso. E questo deve essere posto alla radice della gestione della IA, macchine che non possono avere fiducia e che non possono considerare la cura delle relazioni come l’architrave del vivere in comune.