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Il potere delle immagini raccontate con la telecamera

03/03/2011

Il nostro tempo è dominato dalle immagini video, in televisione quanto sul web. Le interviste ne rappresentano un aspetto importante. Un libro di _Gabriele Coassin,_ edito da Fausto Lupetti, utile tanto ai professionisti quanto alla gente comune aiuta a capirne il funzionamento. Se ne discuterà nel convegno _Estetica del sottopancia._ Anticipiamo la presentazione di _Beppe Giulietti._

Tecniche di ripresa, disposizione delle luci, qualità della registrazione sonora. Questo ed altro al centro del nuovo libro di Gabriele Coassin, Tecniche di video intervista e inchiesta con la telecamera , un manuale pensato per sperimentare la capacità di narrare e descrivere attraverso la voce di chi ha qualcosa da raccontare.
Noti autori e tecnici della televisione arricchiscono il capitolo sulle testimonianze con esempi di alto giornalismo, trucchi del mestiere ai limiti dell’umanamente possibile, linee-guida per un corretto operare nell’intervista sociale.
Vengono anche messe a confronto scuole di videoinchiesta diverse, da Presadiretta e Report a Le Iene e Pif. Pagine scritte con la passione di chi vive il mestiere come una vocazione, destinate a chi vuol essere più consapevole di questo delicato e affascinante processo di comunicazione.
Il libro verrà presentato venerdì 11 marzo 2011 alle ore 17.00 a Venezia, Campo San Fantin – 1897, presso L’Ateneo Veneto (Aula magna). Oltre all’autore saranno presenti Giovanni De Luca, Direttore della Sede Rai per il Veneto; Carlo Montanaro, Storico dell’audiovisivo e Giuseppe Giulietti, portavoce Associazione Articolo 21 e autore della presentazione che anticipiamo.
di Beppe Giulietti
Non amo scrivere le prefazioni ai libri degli amici, e Gabriele Coassin lo è, perché quasi sempre si è costretti a dire qualche bugia o a rifugiarsi nella omissione per non guastare gli affetti o per non rovinarsi le future serate in compagnia. In questo caso, invece, non corro alcun rischio, perché questo è davvero un libro “utile”, da leggere e da consigliarne la lettura ad altri.
Non ho usato a caso la categoria della utilità, perché le nostre librerie sono costrette sempre più spesso a esporre libri non solo brutti, perché scritti male e con sciatteria, ma soprattutto inutili perché non hanno nulla da comunicare. Tra questi non pochi sono i libri di giornalisti che si celebrano e che ci regalano con rara impudenza i loro orrori grammaticali e professionali. Libri inutili perché alle spalle non c’è storia, non c’è passione, soprattutto non c’è amore per i soggetti e per gli oggetti da raccontare, ma solo e soltanto per se stessi, per la propria illuminazione, una vera e propria fiera delle vanità, che spesso si collega a carriere frutto delle genuflessioni, delle riverenze al potente di turno, della cancellazione dei fatti perché i fatti sono scomodi e narrarli può procurare fastidi di ogni tipo come ci avrebbero potuto raccontare, se fossero ancora in vita, per citarne solo alcuni, Ilaria Alpi e Milos Hrovatin, Pippo Fava e Peppino Impastato, il fotografo Enzo Ciriello o Enzo Baldoni, il mediattivista ammazzato mentre cercava di illuminare le tante bugie di una sporca guerra.
Questi nomi e tanti altri che non abbiamo riportato, erano invece uniti da un grande amore per le inchieste, intese come una delle forme più alte del giornalismo, uno dei modi per diventare occhi, orecchie e bocche di una pubblica opinione sempre più “bombardata” dalle notizie, ma sempre meno informata sui meccanismi profondi che dominano la politica, l’economia, i media stessi che di questa trasformazione, non sempre positiva, sono insieme causa e vittima.
Il libro di Gabriele, con grande modestia e con una acuta capacità di analisi e di documentazione, tenta invece di condurci nella materialità della inchiesta, della video intervista, della produzione per l’audiovisivo, riportando al centro della nostra attenzione non solo l’ideologia, ma anche le tecniche di produzione, la capacità di saper scegliere tra materiali diversi.
Per questo l’ho definito un libro utile, perché potrà essere letto con utilità, nel senso letterale di questa parola, sia da chi vuole disporre di un manuale di orientamento che lo conduca alla scoperta delle tecniche della ripresa, della migliore disposizione delle luci, della importanza dei suoni e dei rumori, della possibilità stessa di orientarsi tra innovazioni che, talvolta, durano lo spazio di una stagione, sia da chi invece è interessato a mettersi in proprio, a tentare la strada della produzione autonoma e indipendente, a sperimentare la propria capacità di narrare e di descrivere.
Consiglio di leggere sia la parte “tecnica”, sia quella più politica dove l’autore, grazie anche alle testimonianze davvero originali di chi già ci ha regalato momenti emozionanti di cinema e di giornalismo, confessa la sua scelta di campo a favore di una comunicazione che tenti, nei limiti dell’umanamente possibile, di essere libera, di stare dalla parte di chi dovrà guardare e non da quella di chi potrebbe ricompensare i nostri silenzi o la nostra piaggeria, e qui mi sono limitato a parafrasare un concetto che ritorna più volte nelle considerazioni di Coassin.
Siamo distanti anni luce dal giornalista debole con i forti e forte con i deboli che abbiamo descritto in precedenza, quello che ti guarda sorridente e mellifluo dalla copertina dell’ultimo libro dedicato al palazzo e ai palazzotti. Nelle pagine che leggerete troverete, invece, l’amore per il prodotto, inteso come il frutto di un lavoro comune che mette insieme una squadra composta da ideatori, da operatori, da scrittori, da montatori, da collaboratori di varia natura che proprio perché decidono di uscire dal loro particolare per mettersi a disposizione dei saperi degli altri, diventano una comunità dove ciascuno cerca di completarsi, di rubare qualcosa alle altre competenze.
Nelle redazioni dove ancora si pratica la videoinchiesta, da Anno Zero a Presadiretta, da Report a Le Iene, per fare solo qualche esempio, il lavoro di preparazione è durissimo, tutte le fasi, dalla ideazione alla documentazione sino alla messa in onda, sono il frutto dei diversi specialismi che si fondono in una causa comune, insomma una sorta di orchestra dove la grande professionalità del maestro e dei singoli professori concorrono a regalare al pubblico una esecuzione, che ovviamente il pubblico avrà il diritto di fischiare o di applaudire.
Mi piacerebbe che le pagine di Coassin venissero lette e studiate soprattutto da quei giovani e giovanissimi, e ne incontro molti, che hanno voglia di raccontare la realtà, di illuminare i tanti angoli bui dei mondi che li circondano. Queste pagine possono aiutarli a capire che possono decidere di uscire dal ruolo dello spettatore che tifa per questo o quel programma e diventare giocatori, impugnando il proprio strumento di lavoro e andando a caccia di immagini, di suoni, di rumori, ma anche di voci, di testimonianze, di mondi che ormai faticano ad essere raccontati dai media internazionali e nazionali, ma che possono trovare spazio nella rete, nei nuovi strumenti di comunicazione, nelle web tv, nei siti, perché persino il più raffinato dei censori fa ormai fatica a mettere sotto controllo tutto e tutti.
Spesso troppo spesso chi ha la fortuna, perché di questo si tratta, di essere già dentro il recinto della comunicazione tende, con infinito cinismo, a sconsigliare gli altri dal tentare di mettere piede in
questo medesimo recinto. Invece bisogna tentare di rompere la recinzione, di abbattere gli steccati, di mettere a disposizione le proprie conoscenze e i propri strumenti a quanti hanno la voglia di provarci e non intendono limitarsi ad essere solo passivi spettatori delle produzioni altrui.
Forse non diventeranno tutti comunicatori di professione, ma certamente diventeranno cittadine e cittadini più consapevoli, più avvertiti dei rischi che si possono correre in una società del conflitto di interesse, dove rischia di vincere non chi più sa, ma chi più ha e più mezzi di comunicazione possiede.
Il libro di Gabriele Coassin è anche un ottimo vaccino contro una malattia assai diffusa nel nostro paese, e non mi pare poca cosa.
Ps. Mi sono sbagliato questo libro non è utile, è utilissimo, complimenti a lui che lo ha scritto e al suo editore, Lupetti, che davvero ha sempre avuto un grande rispetto per un pubblico che ha sempre rispettato compiendo, negli anni, scelte mai banali e sempre innovative e coraggiose.
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