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Il ritorno delle “pubbliche” relazioni

14/02/2010

Nel nostro Paese sono uno spettro che ritorna frequentemente a creare confusione, a sparigliare le carte. Questa volta lo fa nella rubrica uno dei più autorevoli e raffinati editorialisti italiani, Massimo Gramellini, che dalle pagine de _La Stampa_, nella sua rubrica quotidiana _Buongiorno_ definisce l’attività che è dietro gli scandali quotidiani come “pubbliche relazioni”.

di Massimo Gramellini
Ma che mestiere fanno questi Anemone, questi Tarantini, questi nuovi personaggi del bestiario italiano che per comodità giornalistica vengono chiamati imprenditori, anche se in vita loro non hanno mai prodotto neppure un bottone? Vendono un pacchetto di piaceri, dal festino alla gita in idrovolante, ottenendo in cambio dei favori. E rappresentano l’aspetto illegalè della mutazione genetica che ha investito la nostra società: il predominio delle pubbliche relazioni. Intendiamoci. Saper trattare col prossimo è sempre stata una qualità importante Ma adesso è diventata pressoché esclusiva e si è allargata a tutti i settori. Non riguarda più soltanto i venditori in senso stretto, perché chiunque voglia migliorare la propria posizione deve diventare venditore: di se stesso. A fare carriera infatti non è il più preparato, e tanto meno il più adatto, ma il più bravo a intessere rapporti personali. Fra uno che vanta un bel curriculum e un altro che possiede una rubrica di indirizzi fornita, chi verrà premiato? Fra un professionista che passa le serate a studiare i documenti e uno che le trascorre in cene di lavoro, chi otterrà gli incarichi di maggior prestigio? Il secondo, ovviamente, il quale assume quello bravo affinché gli svolga il lavoro che poi lui andrà a vendere in giro come suo. Ma un sistema in cui le persone che ricoprono ruoli di responsabilità dedicano le migliori energie alle relazioni invece che ai prodotti è superficiale e mediocre: due aggettivi che ben si adattano, purtroppo, alla civiltà dei consumi.
Tratto da La Stampa
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