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Informazione o comunicazione? La legge 150 fa discutere

08/02/2005

Le dichiarazioni di Gino Falleri, la replica di Sissi Peloso.

La presidente Ferpi Sissi Peloso commenta le dichiarazioni di Gino Falleri - presidente nazionale del Gruppo nazionale uffici stampa - in merito alla legge 150 e alla distinzione tra informazione e comunicazione.
Resto basita davanti alle dichiarazioni di Gino Falleri relativamente alla legge 150 e all'improbabile distinguo tra comunicazione e informazione.Davvero vorrei soprassedere sul famoso articolo 9 della suddetta legge e sulle motivazioni/pressioni che hanno indotto il legislatore ad inserirlo nel testo di legge. Di fatto l'Italia - come in molti altri casi - registra l'ennesima anomalia "mondiale" riservando la gestione degli uffici stampa pubblici ai soli iscritti all'Ordine dei Giornalisti. Strano che i relatori pubblici occupino il 40% del loro tempo nell'attività di relazioni con i media e vengano ricercati e pagati dal mercato -ovviamente privato- per svolgere tale funzione. Ma tant'è.Ciò che più mi preme evidenziare è la dichiarazione: "E' la comunicazione che ha maggiore forza e maggiore rigore, ma io sono per l'informazione perché fornisce alla collettività la valenza e la credibilità che solo le notizie fondate sul vero possono avere. La comunicazione può essere pure quella propagandistica o pubblicitaria che ha un suo fine."Sono da sempre convinta che l'antagonismo "informazione/comunicazione" sia una forma di pensiero miope, superficiale e meschina. Tutti i più recenti sondaggi riferiscono di una crescente sfiducia nell'informazione sia stampata che radiotelevisiva: dovremmo dire che l'informazione è tutta manipolata e in balìa degli interessi economici e politici di grandi gruppi? Se così fosse dovremmo pensare ai giornalisti come a un manipolo di lacchè al servizio del re di turno, anzichè rispettosi delle regole di obiettività e indipendenza che il codice deontologico loro impone. E' evidente che così non è, o quanto meno non sempre: idem valga per i comunicatori/relatori pubblici, i quali - sebbene non ancora beneficiati dal riconoscimento professionale - regole e codici se li sono dati autonomamente (da 35 anni per chi è iscritto in Ferpi) e con il preciso scopo di garantire il mercato di riferimento circa le proprie credenziali di correttezza ed integrità professionale.E allora il distinguo deve essere fatto tra cattiva e buona informazione/cattiva e buona comunicazione: perchè allora non ragioniamo seriamente su questo aspetto?  La comunicazione (mettere in comune) si basa su rapporti bidirezionali e simmetrici; l'informazione, per sua natura, è unidirezionale e asimmetrica. Ambedue, però, hanno grande ruolo nella nostra società nel modificare comportamenti e opinioni. Il trait d'union è proprio qui: assumersi e condividere la responsabilità sociale della propria professione, cercando di arginare ed emarginare le pratiche di "comunicazione propagandistica" e di informazione falsa o capziosa.Forse una più diffusa comprensione della mission e del ruolo di ciascuno potrebbe contribuire non solo al superamento delle forme di pensiero come quelle espresse dal Falleri, ma anche a formare professionisti più consapevoli e responsabili, in una parola "migliori". Sissi Peloso
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