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Intervista da Baghdad con Lino Cardarelli, già Presidente Ferpi, oggi assistente speciale del CEO de

30/03/2004

Cari amici, qui... bene... pur fra le molte contraddizioni, perché partecipo a un progetto magico. Da voi vedo con piacere che la comunicazione è strategica, la professione più convinta del suo ruolo mentre cresce in accountability. State però attenti a non confondere la visibilità di cui vi occupate con la vostra.

Nel lontano 1971 Lino Cardarelli venne eletto Presidente della Ferpi.Oggi Lino è a Baghdad ed è Assistente Speciale dell'Ammiraglio Dave Nash, il Presidente-CEO del P.M.O. – Program Management Office – voluto dal Pentagono e dal Dipartimento di Stato Americano all'interno della CPA, l'Autorità Provvisoria della Coalizione, per coordinare e realizzare il programma di Ricostruzione dell'Irak.Lino è preposto ad un ruolo molto operativo, di grande rilievo, richiesto dal Governo della Coalizione, dal Pentagono e ratificato dal Governo Italiano. Infatti il PMO è la struttura realizzata per coordinare la priorità di circa 2300 progetti , assicurandone finanziamento ed esecuzione attraverso i fondi messi a disposizione dal Congresso Americano e da una parte del Paesi Donatori. La dimensione di questi  fondi attivati è stimata in30/40 miliardi di dollari.Lasciata la professione attiva dopo essere stato il primo amministratore delegato della Hill & Knowlton in Italia e membro del suo Consiglio di Amministrazione Europeo, Lino ha svolto molteplici incarichi di strategia industriale e marketing nel processo di integrazione della BPD in SNIA. Successivamente è stato direttore generale per la finanza e poi Amministratore Delegato in Montedison. Ha ricoperto la posizione di Amministratore Delegato della banca d'affari del Gruppo BNL, quindi Presidente e direttore operativo rispettivamente di Bankers Trust Italia ed Europa e, più recentemente,Consigliere del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. E' anche presidente designato della società Aeroporti di Parma e membro del CdA della Società Ponte di Messina.Al momento della nomina a Consigliere del Ministro, Lino ha rimesso tutti gli incarichi professionali e nei Consigli di Amministrazione per non confliggere con l'incarico assunto.Ho raggiunto Lino per e-mail a Baghdad grazie ai buoni uffici di sua figlia Francesca, nostra collega in Unicredit ove si occupa di public affairs ed è anche fra i partecipanti alla seconda edizione del Master Ferpi/IULM/Assorel.Inviando a tutti i soci Ferpi e ai vecchi amici un cordiale e amichevole saluto (il ricordo vissuto con amici diventa particolarmente gradevole in particolare in certe circostanze quale è quella in cui oggi mi trovo, ci ha scritto), Lino ha così risposto alle domande:Intanto dicci come hai ottenuto questo incarico, cosa ti ha spinto ad accettarlo, cosa fa il Comitato e in cosa consiste il tuo ruolo?Nello scorso mese di Luglio il Ministero degli Esteri mi segnalò una richiesta del Governo della Coalizione di Baghdad intorno ad una mia eventuale disponibilità ad occupare una posizione ‘Senior" come advisor del Ministro delle Acque, Irrigazione e Dighe Iracheno per coordinare il progetto di ristrutturazione del Ministero e delle 15 società industriali e di servizi ad esso afferenti.Il mio nome usciva da una selezione fatta a Washington in quanto mi ero occupato di privatizzazioni non solo in Italia ma anche nei paesi dell'Est, fra il 1989 ed il 1994 quando ero in Bankers Trust. L'altro fatto che ha richiamato l'attenzione degli americani è che, sempre negli stessi anni, dopo la guerra del 1991 Iraq/Kuwait, avevo svolto missioni nei due Paesi riferite ai processi di ristrutturazione e di finanziamento di grandi progetti.Prima di accettare, con il consenso del Ministro Lunardi, ho esaminato la proposta che mi è parsa subito di notevole valore professionale ed anche, senza alcuna retorica, sociale.D'accordo con la famiglia ho accettato.Sono rimasto a Baghdad sino a dicembre per poi rientrare in Italia (pensavo...) definitivamente.Ma così non è stato ed ora eccomi di nuovo in Iraq, nel PMO, per dare esecuzione all'implementazione di un progetto di enorme portata.Ma la vera scelta fu la prima decisione di partire perché, una volta sul terreno operativo, vieni subito preso dalla dimensione del progetto, dall'ambiente di lavoro molto informale, partecipativo e collaborativo che ti tiene seduto 12 ore al giorno al computer per assistere a qualcosa di magico: il riordino ed il rilancio di un Paese che, penso, stia prendendo forma, anche per coloro che, con molto scetticismo, seguono dall'esterno del "Palazzo" e si chiedono sino a che punto questa sfida non sia velleitaria.Quali sono le criticità prioritarie che affronti ogni giorno e in che modo il tuo essere anche un relatore pubblico ti aiuta ad affrontarle?La vera criticità è la "security" che non ti lascia mai: 24 ore al giorno e 7 giorni la settimana. Crea tensioni, fomenta giudizi molto parziali, dà spazio al malcontento della gente e fornisce alle forze terroristiche un terreno favorevole.La seconda criticità è la mancanza di una vita normale, come quella cui siamo abituati: si vive in un compound, un campo militare, con mensa, si dorme nei "trailer" e, in pratica, non si esce mai se non per stretti motivi di lavoro e sempre scortati dai militari come si vede poi in tv (....e nei film!).La vita di relazione è quindi limitata a quella con i colleghi, per lo più Militari del Pentagono, diplomatici del Dipartimento di Stato, qualche banchiere, qualche manager.Comunque, nella media, persone di buona, spesso, ottima statura professionale che presentano anche risvolti, proprio di relazione, molto interessanti proveniendo da ambienti, quello politico e militare in primis, che normalmente non si incontrano.Te la senti di darci una tua visione delle diversità fra quelle che ti appaiono essere le priorità effettive del popolo irakeno e quelli che sono gli obiettivi dei promotori della ricostruzione?E' di certo l'aspetto più delicato e complesso perché difficile da estrapolare dalle vicende che hanno preceduto, e subito dopo, seguito il conflitto.Non v'è dubbio che vi sia una componente irrituale: si sta imponendo un modello, quello nostro occidentale, che in parte potrebbe violentare quello locale.Questa forzatura la si percepisce dagli atteggiamenti, dai commenti e anche dalle prese di posizione della "gente" che, mediamente, mostra scarso entusiasmo, anche se tende ad ammettere che lo sforzo è enorme.Non credo vi siano alternative; forse ci vorrebbe più gradualità ma si vogliono subito i risultati per dare alla gente quello aspetta da 20 anni.E' assodato che da solo il Paese non può oggi sostenere gli investimenti necessari per la ripresa e riportarsi al livello decente di vita che aveva prima della guerra con l'Iran, cui poi seguirono la prima guerra del Golfo, 12 anni di embargo e l'ultima sconfitta. Sono stati oltre venti anni, che hanno devastato un Paese che di certo era il più avanzato, in tutti i sensi, fra i Paesi arabi.Il petrolio rappresenta il 95% delle entrate dello Stato ma il suo livello di produzione, di produttività estrattiva e di raffinazione, a parte la qualità mediamente non delle migliori, rendono le entrate appena sufficienti a sostenere il costo dell'apparato statale.Tutto il resto, ossia gli investimenti, deve essere finanziato con capitali terzi che, come è ben noto, preferiscono andare dove trovano sicurezza, ritorni adeguati, qualità manageriale, regole certe di un diritto accettato internazionalmente.E' quanto si sta cercando di fare, certo con errori anche dovuti alle urgenze che i bisogni determinano.C'è una contraddizione: dover fare rapidamente per soddisfare le attese e ridurre le tensioni, mentre l'avvio di queste complesse infrastrutture è diametralmente opposto all'urgenza delle attese. Forse il popolo Iracheno si aspettava che gli occidentali risolvessero queste questioni quasi immediatamente. Ma non è possibile, ed ecco la sindrome, che peraltro noi Italiani conosciamo bene: quella dell'andava meglio quando andava peggio.....Sei a Baghdad da pochi mesi. Come hai vissuto in questi lunghi anni di lontananza dalla professione la sua evoluzione in Italia? Ti pare che la nostra business community abbia verso le relazioni pubbliche un vissuto diverso rispetto a quando eri sul campo ogni giorno?La comunicazione è diventata una componente strategica per qualsiasi impresa, pubblica o privata: il passaggio verso una cultura o l'esigenza di dare conto dei propri obiettivi e risultati agli "stakeholder", ossia "pubblici" spesso con obiettivi ed esigenze diverse quando non contrastanti, segna una linea di demarcazione netta rispetto ad un recente passato.Lo sviluppo dei media, dei network televisivi, la globalizzazione dei mercati, la richiesta di dover rispettare le "best practices" nella conduzione degli affari e della politica, sono solo alcuni parametri di riferimento di un mondo che non può più tornare ad essere chiuso, non trasparente e sordo. A questo si aggiunga che la struttura economica dell'impresa richiede una sempre maggiore sofisticazione nei rapporti, nella presentazione dei prodotti, nella lotta competitiva dove vince chi è più accountable e sa presentarsi con modalità credibili.E la professione?Anche la professione è molto cambiata: è più colta, più convinta del suo ruolo.E le università di cui voi come Ferpi tanto vi occupate, a partire dalla IULM, sono un esempio di questo cambiamento.Sta avvenendo quanto, qualche anno fa, è accaduto alla figura del direttore finanziario che, nella sostituzione del vecchio direttore amministrativo, ha segnato una svolta alla conduzione aziendale.Ho sempre in mente quello che mi aveva convinto di entrare in un'azienda di comunicazione (anche se parliamo di quella che allora era la più importante): frequentando un seminario alla Columbia University, a New York, il professore di finanza strategica fece questa affermazione: sull'impresa ha più impatto il flusso della comunicazione che quello della cassa, per dire che se un'impresa non ha riconoscibilità e consenso, non ha futuro.Vedo una continuità nella professione e sono certo che ci sarà nelle nuove leve ancora maggiore professionalità. La vostra (nostra?) è una professione assai delicata e ha bisogno di professionisti accountable.Sei stato presidente Ferpi in uno dei momenti migliori della Federazione, quali suggerimenti ti sentiresti di dare ai dirigenti Ferpi di oggi e al Presidente Sissi Peloso?Caro Toni, questi nuovi, preparati e determinati professionisti non hanno bisogno dei miei suggerimenti.Ma un considerazione la vorrei fare: stiano rigorosamente concentrati sul loro lavoro con la stessa determinazione che hanno le altre funzioni aziendali e non confondano la visibilità, l'immagine di cui si occupano con la propria.Si tratta di un lavoro molto difficile e delicato, spesso anche frustrante ma, se condotto con professionalità, estremamente rewarding per la qualità delle situazioni che si devono affrontare.Non a caso è una funzione aziendale sempre collegata al top-management come è anche quella finanziaria ed abbiamo assistito anche in Italia allo sviluppo ed all'importanza che ha raggiunto l'informazione finanziaria con la crescita delle attività finanziarie sia aziendali che personali (assicurazione, fondi di investimento, ecc.).Toni Muzi Falconi
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