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La battaglia contro la disinformazione online si aggiorna

#TaccuinoDigitale

15/06/2022

Come riporta il Financial Times, Meta, Twitter, Google, Microsoft e TikTok hanno intenzione di firmare una versione aggiornata del "codice anti-disinformazione" dell'UE, che prevede l'implementazione di nuovi requisiti e sanzioni per la gestione della disinformazione.

"Secondo un rapporto confidenziale visionato dal Financial Times, un "codice di condotta sulla disinformazione" aggiornato obbligherà le piattaforme tecnologiche a rivelare come rimuovono, bloccano o frenano i contenuti dannosi nella pubblicità e nella promozione dei contenuti. Le piattaforme online dovranno contrastare la "disinformazione dannosa" sviluppando strumenti e collaborazioni con i fact-checkers che possono includere la rimozione della propaganda, ma anche l'inclusione di "indicatori di attendibilità" sulle informazioni verificate in modo indipendente su temi come la guerra in Ucraina e la pandemia COVID-19".

L'iniziativa produrrebbe un'espansione degli strumenti attualmente utilizzati dalle piattaforme sociali per rilevare e rimuovere la disinformazione, e potrebbe anche vedere la formazione di un nuovo organismo/entità per stabilire le regole su ciò che viene classificato come "disinformazione" in questo contesto, togliendo parte dell'onere di questo compito alle piattaforme stesse.  

Tuttavia, questo porrebbe anche un maggiore controllo nelle mani di gruppi approvati dal governo per determinare ciò che è o non è "fake news" - che, in alcuni stati, può anche essere usato per reprimere il dissenso pubblico.

Si pensi a come di recente la Russia ha vietato quasi tutte le applicazioni di social media non locali per la distribuzione di notizie relative all'invasione dell'Ucraina, mentre il governo cinese ha vietato anche la maggior parte delle piattaforme di social media occidentali.

Le nuove norme saranno, infine, incorporate nella Legge sui servizi digitali dell'UE, che obbligherà le piattaforme a prendere provvedimenti in merito o a rischiare multe fino al 6% del loro fatturato globale. Ma anche fuori dall’Europa paesi come Australia, Canada e Uk stanno testando nuove leggi per imporre ai big tech un maggior controllo della disinformazione online.

Se da un lato questa tendenza internazionale ad una regolazione della disinformazione online che renda le piattaforme stesse responsabili delle loro pratiche di contrasto alle fake news è da considerarsi positiva tuttavia, come suddetto, la complessità della questione può comportare dei rischi che vanno monitorati.

Infatti a chi spetta il compito e quindi il potere di stabilire cosa sia fake oppure no e di stabilire le sanzioni conseguenti? Per evitare rischi di repressione da parte di governi o di soggetti terzi interessati dovrebbero essere delle entità indipendenti, cosa difficile da implementare ancor di più se tale operato andasse svolto (come ci si augura) a livello internazionale per evitare l’insorgere di regole e parametri differenti da nazione a nazione.

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