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La comunicazione politica ai tempi di Renzi, Grillo e Berlusconi

06/05/2014

Cos’è cambiato nelle strategie e negli strumenti per generare consenso? Ne hanno parlato a Torino politici, accademici e uomini di comunicazione con l’autore di _ConSenso, Mario Rodriguez._ L’incontro, organizzato dalla Delegazione Ferpi Piemonte, partendo da un’analisi della comunicazione politica e dei suoi modelli, ha esaminato i grandi cambiamenti causati dai nuovi comportamenti elettorali.

“… mai come ora la comunicazione politica può divenire importante. Perché mai come ora c’è vuoto d’identità e di senso. E mai come ora c’è bisogno di ricostruire identità e senso. In relazione con gli elettori. In modo condiviso. In altri termini mai come ora c’è bisogno di con-senso”. Nella prefazione al libro, Ilvo Diamanti sintetizza così l’ultimo lavoro di Mario Rodriguez, ConSenso (Guerini & Associati), presentato a Torino presso la Fondazione Fulvio Croce, lo scorso 17 aprile. Introdotti dal Delegato Ferpi Piemonte, Eliana Lanza, al dibattito sono intervenuti Cristopher Cepernich, sociologo dei media e della comunicazione politica presso l’Università di Torino, Ezio Ercole, Vice Presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Torino, Marco Grimaldi, Presidente Commissione Ambiente Città di Torino e Claudia Porchietto, Assessore al Lavoro Regione Piemonte.
Partendo dal mutato scenario degli strumenti che i soggetti politici hanno oggi a disposizione per intercettare il consenso degli elettori, il dibattito si è modulato tra comunicatori e politici sulle modalità necessarie oggi per affrontare la competizione elettorale con l’utilizzo delle nuove tecniche di comunicazione. Al pragmatismo dei due rappresentanti della politica torinese che esprimevano l’esigenza di veicolare in prima istanza i contenuti – “… voglio fare informazione, non propaganda politica”, testimonia Claudia Porchietto, Assessore al lavoro della Regione Piemonte – si contrappone la visione più tecnicistica e classificatoria del sociologo Cristopher Cepernich, interprete di un’articolazione ancora classica e metodologica della comunicazione. Cepernich cita Flaiano, che già nel ’59 lamentava lo “Stato radiotelevisivo”, cioè lo Stato che attraverso l’intrattenimento televisivo «regola l’ozio della Nazione, dopo essersi invano provato a regolarne il lavoro, sul quale si fondava» e nega il luogo comune che l’informazione “vera” sia soffocata dall’abbraccio mortale del potere, che offre privilegi ai giornalisti in cambio di contiguità e condizionamento. E a questo assunto fa da cassa di risonanza il vice presidente dell’ordine Ezio Ercole che racconta il suo vissuto a contatto con la comunicazione politica, strumento o target a seconda delle circostanze. Il dibattito prosegue su temi ampiamente condivisi, quali il ruolo dei social network, soprattutto in relazione alle diverse fasce di età del pubblico e del web, inteso ovviamente come ambito e non come mezzo di comunicazione.
Definiti i requisiti di base per un approccio comune, l’intervento di Mario Rodriguez tratteggia i contorni della sua tesi: come dalla comunicazione concepita soprattutto come strumenti e tecniche di trasmissione si dovrà passare alla comunicazione vissuta come costruzione di significati, discorso motivante all’agire, processo cognitivo, creazione di identità. La comunicazione in politica, sopravvalutata, demonizzata, sostanzialmente incompresa sarà ancora la protagonista della nuova fase della vita italiana che si è aperta con le elezioni del 2013: un vero e proprio passaggio d’epoca. Passando da strumento a significato, la comunicazione si trasforma fisiologicamente in motivazione all’atto politico, strumento didattico e nucleo di aggregazione. Per ridare peso e autorevolezza alla politica, i rapporti di forza tra attori politici e sistema mediatico dovranno essere ridefiniti in modo più equilibrato. La politica dovrà trovare una nuova legittimazione nel rapporto diretto con la società senza delegare del tutto il processo di legittimazione alla “mediazione dei media”. La politica dovrà avere rapporti più diretti con il pubblico che con l’opinione pubblica cioè le opinioni rese pubbliche dai media (interpretate e diffuse attraverso le loro logiche). Insomma, una sana quaresima mediatica (come insegnò in tempi ormai lontani il cardinale Martini) non farebbe male alla nuova generazione politica. Si tratta di comprendere bene la grande differenza che c’è tra rispondere a una intervista che viene richiesta dal giornalista e una che viene invece richiesta al giornalista. I rapporti di forza si rovesciano. Considerare la politica come un agire comunicativo significa impegnarsi a diventare oggetto di attenzione per le cose che si fanno, non logorarsi rispondendo a domande che per la logica intrinseca dei media, per il ricatto dell’audience, devono andare a caccia della novità a tutti costi, della polemica e della contrapposizione.
Come sostiene Ilvo Diamanti nella prefazione, evidenziando un passaggio chiave del volume, “Saper comunicare significa, in primo luogo, capacità di entrare in sintonia con il destinatario, con la persona con la quale ci si relaziona; poi, secondariamente, capacità di trovare le modalità efficaci per trasferire messaggi”. Il famoso con-senso in grado di ricostruire, attraverso la comunicazione politica, una relazione con gli elettori in termini di identità e senso.
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