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La crisi? Una benedizione

07/04/2016

Giancarlo Panico

Una provocatoria affermazione di Einstein apre il nuovo libro di Gianluca Comin, "L'impresa oltre la crisi". Una lettura nuova del crisis management e della comunicazione di crisi, basata sulla lunga esperienza sul campo dell'autore, che ci rivela in che modo la crisi possa essere anche un fattore di crescita.

“La crisi può essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni Nazione, perché è proprio la crisi a portare progresso”. Il nuovo libro di Gianluca Comin, “L’impresa oltre la crisi”, si apre con un’affermazione di Albert Einstein che fa intendere subito il taglio della riflessione. L’ex Direttore Comunicazione e Relazioni Esterne di Enel, con un passato in Telecom, Montedison e nelle istituzioni, docente di Strategie di Comunicazione alla Luiss, forte di oltre vent’anni di esperienza ai vertici di grandi aziende, offre una lettura nuova del crisis management e della comunicazione di crisi. Un libro molto esperienziale, non un manuale, che appena pubblicato entra di diritto nei testi di riferimento della professione. Ne abbiamo parlato con l’autore.

 

Il libro si apre con il caso Volkswagen, che ha tenuto banco per diverse settimane sui media di tutto il mondo. Qual è stata la novità di questa crisi rispetto alle precedenti?
Non saprei se c’è stata una vera e propria novità rispetto alle crisi del passato. Quello che stupisce di più è come mai per molti mesi, nonostante i numerosi avvertimenti, l’azienda non abbia reagito. Sin dal maggio 2014 le autorità di controllo e l’azienda avevano discusso della discrepanza tra i risultati dei test e le prestazioni dei motori nell’uso quotidiano degli automobilisti.  E' improbabile che i vertici di Volkswagen non avessero predisposto un piano che contemplasse il rischio di una denuncia. Dall’altro lato, quando in prima linea a denunciare e chiedere spiegazioni troviamo il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, difficilmente ci si può sottrarre: è un’evenienza che nessuno vorrebbe affrontare nella vita, tanto meno in un’impresa. Nessuna difesa può essere abbastanza solida da poter arginare la forza comunicativa di una dichiarazione di Obama. Tuttavia, nonostante lo sconcerto e qualche tentennamento, la linea difensiva di Volkswagen è scattata immediatamente. Chiara e ripetuta in ogni sede. La presa di responsabilità da parte dell’azienda è stata evidente, come evidenti sono state le dimissioni dell’amministratore delegato Martin Winterkorn.

Da alcuni anni le crisi aziendali diventano subito virali attraverso i social media. Come si affronta una crisi 2.0?
L’opinione pubblica, in concomitanza di eventi catastrofici e straordinari, fa ricorso immediato ai social media. Questi sono quasi sempre più aggiornati (e pronti) dei media tradizionali. Tali dinamiche contribuiscono ad aumentare la difficoltà, da parte dei manager di una società, di contenere e gestire le criticità. I social hanno di fatto sciolto come neve al sole i tradizionali confini della comunicazione, offrendo ai professionisti del marketing nuove strategie e nuovi canali per intercettare al meglio i bisogni del proprio pubblico. Ma anche per posizionare una serie di antenne laddove potrebbero scoppiare potenziali focolai di crisi. La rete va dunque usata come strumento di ascolto, prima ancora che per «occupare spazi» o lanciare messaggi. Come tutelarsi? In primo luogo occorre individuare un nucleo di risorse interne che utilizzino al meglio gli strumenti di monitoraggio del web. A quel punto il mantra deve essere: “tell it early, tell it all, tell it yourself”. Tutte le imprese dovrebbero aver pianificato in precedenza la miglior strategia per diffondere tempestivamente informazioni esatte e aggiornate, in modo da ridurre la propria vulnerabilità nel complesso mondo dei social.

Tante, troppe aziende, soprattutto Pmi, si fanno infatti cogliere impreparate ad affrontare le crisi. Quali sono gli elementi fondamentali per essere tempestivi?
La gestione di crisi è un modello di gestione utile a contenere eventi e situazioni critiche. Modello che si basa sull’attribuzione interna di ruoli e responsabilità. La gestione dell’emergenza è indubbiamente un processo lungo e articolato, che ha come obiettivo la ricerca di una soluzione efficace in termini di minimizzazione dei danni. La crisi va innanzitutto prevenuta, valutando con attenzione gli eventi a rischio e mettendo a sistema le best practice. Le risorse devono essere pronte e preparate, in modo da garantire una risposta immediata e comunicare con i pubblici di riferimento. Occorre definire un piano strutturato di crisis management e puntare molto sulla leadership. Durante gli eventi critici, infatti, tutti guardano al leader. Quali sono i suoi compiti? Costruire un ambiente di fiducia, riformare la mentalità dell’organizzazione, identificare le vulnerabilità, prendere rapidamente le decisioni e trarre dall’evento di crisi un insegnamento per il futuro. Il coordinamento interno è fondamentale per fornire agli osservatori esterni messaggi chiari e tempestivi.

Una crisi, piccola o grande che sia, produce sempre una crisi di comunicazione. Qual è il primo aspetto da affrontare e quali gli strumenti migliori?
Come abbiamo visto, il nocciolo centrale è rappresentato dalle attività di comunicazione, che vanno impostate stabilendo preliminarmente i messaggi da comunicare. E’ l’impresa a dover parlare per prima, così da evitare distorsioni. I messaggi selezionati devono essere chiari e pronunciati da un portavoce appositamente individuato. Non basta il messaggio giusto: è necessario capire a chi rivolgerlo, chi può fungere da testimonial dell’azienda, qual è il momento giusto in cui avviare l’interlocuzione con i media. I pubblici sono molti: non solo i media, ma anche i clienti, i fornitori, le istituzioni, le risorse interne, il grande pubblico. A differenza del passato, il comunicato stampa non basta più. Per cercare di mantenere una qualche forma di controllo sul flusso di informazioni, la velocità è l’ingrediente decisivo. È necessario raccontare come i fatti si sono svolti, evidenziando il ruolo che l’impresa ha assunto nell’evento critico.

Il capitale più a rischio in una crisi è la reputazione. In che modo la si può difendere?
Una buona reputazione è un fattore di garanzia per consumatori, investitori e istituzioni. Un’impresa assomiglia ad un amico: fidandoci, ci aspettiamo da essa standard qualitativi elevati e comportamenti corretti. Un acquisto diventa un po’ un atto di fede in un brand. La reputazione è dunque un asset strategico intangibile, che ha un impatto fondamentale sul business. La difesa della reputazione aziendale si gioca ormai in una molteplicità di contesti. Presidiare il web, per esempio, permette di capire cosa viene detto di noi e di reagire in modo efficace alla diffusione di notizie negative o fuorvianti. I valori di un’azienda, inoltre, sono rappresentati in primis dal proprio management. La costruzione della reputazione aziendale è un processo lungo e complesso: bisogna monitorare il sentiment dei vari pubblici, ascoltare gli stakeholder e definire strategie per ingaggiarli con successo. Inoltre, è fondamentale diffondere informazioni in modo chiaro e trasparente, dimostrando un alto senso di responsabilità nei confronti della comunità in cui si opera. L’azienda deve essere un vero e proprio modello di riferimento, anche nelle piccole cose.

 

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