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La cura di un mestiere, l’autorevolezza di una storia: buon 1° maggio

01/05/2022

Daniela Bianchi

Rappresentare una professione significa rappresentare un lavoro. Un tema che approfondisce Daniela Bianchi, in una riflessione sul lavoro a partire dal 1° maggio.

Quando parliamo della nostra professione siamo soliti descriverla come una leva strategica e lo facciamo da una prospettiva che a volte è quella di ruoli apicali, altre frutto di percorsi ed esperienze che hanno consentito di gestire e contaminare il cambiamento, in ogni caso incidendo nei processi decisionali.

E così, nel farlo, abbiamo dato per scontato che l’autorevolezza e la qualità siano dimensioni applicabili ad una professione che possa svolgersi perlopiù nella stanza dei bottoni. Una sorta di custodi del Santo Graal.

Abbiamo, inoltre, maturato la consapevolezza che la professione di un Comunicatore e di un Public Affairs, nelle loro molteplici declinazioni, siano strettamente connesse al Potere. Magari alcuni di noi lo hanno sperimentato in prima persona, altri non direttamente, ma non c’è dubbio che di per sé questo basti a fornire una particolare “allure” ad una professione molto delicata. Soprattutto tra le ragazze e i ragazzi che ambiscono a farlo questo mestiere. E’ facile intuirlo quando si entra in un’aula di Università o di un Master.

Ma accanto a tutto questo c’è anche un’altra realtà, e ringrazio FERPI per avermi dato l’occasione di fare queste riflessioni, decidendo di dare il proprio contributo formativo ad un Corso di Comunicazione d’Impresa di una Fondazione ITS. Sono le scuole di Alta Specializzazione Tecnica post Diploma, in questo caso per la preparazione di tecnici della comunicazione, del marketing e dell’internazionalizzazione.

Le storie di questi ragazzi e ragazze raccontano percorsi disarticolati, sicuramente non blasonati, ma pieni di dignità e voglia di riscatto, in qualche caso non si tratta neanche di ragazzi ma di persone mature che provano a reintegrarsi dopo qualche schiaffo della vita.

Il mio impegno era trasferire loro nozioni di etica della professione e deontologia. Davanti a me candidati e candidate che alla fine del percorso ambiscono ad essere anelli di una catena di valore, piccoli anelli di valore, consapevoli che un CEO o un CFO tentennerebbe a chiamarli nella propria squadra.

E proprio mentre cercavo il registro giusto per entrare in connessione con l’aula, ho percepito con forza il valore di avere alle spalle un’Associazione che negli anni ha segnato la storia di questa professione. 

La sua autorevolezza la FERPI l’ha scritta nei suoi 50 anni di storia, rappresentando una professione e la comunità che intorno ad essa si forma, un’autorevolezza che significa innanzitutto cura del mestiere e cura nel trasferire gli attrezzi che servono ad esercitarlo quel mestiere, da qualsiasi prospettiva lo si svolga.

L’ho capito attingendo ai manuali di Emanuele Invernizzi, di Giampietro Vecchiato, di Toni Muzi Falconi a cui sono ricorsa per preparare la lezione, e non da ultimo alla norma UNI, ultima conquista di questa associazione, che anche se non prevede la possibilità di certificazione per questa tipologia di studenti racconta bene cosa deve contenere la cassetta degli attrezzi a cui possono far ricorso  (sono comunque certa che, se la realtà ci chiamerà a confrontarci con il consolidamento sempre più serrato di queste fondazioni, la #FERPIdelfare e #deldomani sarà come sempre pronta a spingersi in avanti).

Ed è stata una bella occasione per ripassare anche i nostri principi, sanciti nel Global Protocol on Ethics in Public Relation:

I nostri principi professionali si basano sui valori fondamentali dell’individuo e sulla dignità della persona. Siamo convinti sostenitori del pieno e libero esercizio dei diritti umani, con particolare riferimento alla libertà di espressione, alla libertà di riunione e alla libertà dei mezzi di comunicazione, essenziali per un corretto esercizio dell’attività di relazioni pubbliche.

Nel servire gli interessi dei nostri clienti e dei nostri datori di lavoro, perseguiamo l’obbiettivo di una sempre migliore comunicazione, comprensione e cooperazione fra diversi individui, gruppi e istituzioni della società civile.

Inoltre, sottoscriviamo e sosteniamo le pari opportunità di lavoro e di sviluppo professionale.

E trovo possa essere estremamente utile anche in una fase elettiva, quale quella che ci accingiamo a vivere, ripartire dai fondamentali, perché per sapere con esattezza dove vogliamo arrivare dobbiamo tener ben presente da dove siamo partiti e cosa siamo, perché rappresentare una professione significa in primis rappresentare un lavoro.

Buon 1° maggio!

 

 

 

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