Per chi nutrisse perplessità in merito all'importanza del tema scelto per il secondo festival mondiale delle relazioni pubbliche, consiglio (oltre a seguire quotidiani, radio, web e tv che minuto per minuto ci presentano orrori e assassini, soprusi e aggressioni in nome di diversità che vorrebbero essere totalizzanti anziché forti soggetti di dialogo) di leggersi anche il numero appena uscito di Harvard Business Review (settembre) dove è un saggio di David Thomas intitolato Diversity as Strategy. In questo autorevolissimo saggio si racconta come la grande ripresa della IBM, impresa che nei primi anni novanta sembrava avviata al tramonto, è in larga parte dovuta alla caparbietà con cui il leggendario Ceo Lou Gerstner, oggi in pensione, ha avviato il suo programma delle cinque diversità.La IBM di oggi è molto diversa da quella del 1995: i dirigenti donna sono cresciuti del 233%, il consiglio generale mondiale (52 top manager) comprende donne, minoranze etniche non americane, e cittadini di altri paesi. Gay, lesbiche, bisessuali e transsessuali dichiarati sono cresciuti del 733%e il numero dei disabili dirigenti è triplicato. Per noi' ricorda Gerstner la diversità è stata un politica di marketing .oggi comprendiamo meglio i nostri mercati, che sono diversi e multiculturali'. Ecco il sommario dell'articolo.Un altro caso rilevantissimo e molto avanzato è quello di cui abbiamo già accennato in questo sito: il più grande gruppo finanziario del mondo, Citigroup, da anni persegue una imponente politica delle diversità e pubblica un interessantissimo rapporto annuale dedicato. E pensare che non molti giorni fa il direttore della comunicazione di un grande gruppo italiano, quando gli ho chiesto se avevano definito una politica della diversità, mi ha risposto: ma, sai noi non abbiamo tanti operai di colore .'. Non gli è mai venuto in mente per esempio che i prodotti e i servizi che vende sono anche acquistati da ciechi, disabili, lesbiche, gay, gialli, neri, sordi, uomini, donne, giovani, anziani, berlusconiani, no global, malati mentali, depressi e chi più ne ha e più ne metta. Non gli è mai venuto in mente che quando lui (lei) e i suoi collaboratori pensano di avviare una relazione con un pubblico hanno sempre in mente un interlocutore bianco, di mezza età, accoppiato con uno o due figli, del centro nord e via stereotipando senza poi accorgersi che una delle ragioni per cui la sua comunicazione non funziona è perché comunica a anziché comunicare con.Ecco il senso del Festival. La professione delle relazioni pubbliche (fra tutte quelle legate alla comunicazione) è quella che più di altre permette flessibilità, duttilità e adattabilità per governare il dialogo, il negoziato e la relazione con gli altri.Siamo pronti a un nuovo inizio'? Siamo pronti ad imparare ad applicare le nuove tecnologie allo stakeholder relationship management senza cadere nel tecnologico e restando in un forte alveo umanista? Siamo pronti a ricordarci, come anticipava dieci e più anni fa l'ottimo Federico Spantigati, che il dialogo fra identità deboli non funziona e che la comunicazione deve servire anche, se non soprattutto, a rafforzare le identità (più ancora che l'immagine o la reputazione)? Siamo pronti a capire che è il relatore pubblico il professionista più attrezzato oggi a aiutare le organizzazioni ad assumere processi decisionali e attuativi inclusivi senza rischiare la deriva dell'inciucio e del consociativismo deteriore?(tmf)La più importante rivista di management del mondo, la Harvard Business Review, attribuisce la rinascita di IBM alle sue politiche di diversità.