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La semiosi infinita di Monti

15/02/2013

Applicando l’idea di una circolarità virtualmente interminabile delle possibili interpretazioni attribuibili a qualunque cosa venga detta e comunicato, concetto definito da Pierce come semiosi infinta, _Matteo Colle_ analizza la campagna elettorale, per certi versi incongruente, di Mario Monti.

di Matteo Colle
Pierce, discorrendo della costruzione del senso delle nostre affermazioni, parlava di semiosi infinita, indicando una circolarità virtualmente interminabile delle possibili interpretazioni che gli umani possono dare a qualcosa che viene detto e comunicato. Il concetto mi ronza in testa da quando mi sono messo a cercar di capire qualcosa della campagna elettorale orchestrata da Mario Monti. Soprattutto perché, per ogni punto di vista che assumo, per ogni prospettiva di analisi, mi pare di trarne impressioni e letture diverse, a tratti contrastanti. Non solo, ma leggendo qua e là sondaggi e commenti autorevoli, è chiaro che questa sensazione di spiazzamento non ha colpito solo me. Il progetto e il candidato Monti non decollano; a tratti il professore entusiasma, a tratti delude. Insomma la mia incertezza nell’analisi mi pare coincida con un’incertezza nei consensi.
E qui mi è venuto in soccorso Pierce. Perché, mi sono chiesto, se sono di fronte alla medesima cosa (Mario Monti) e agli stessi segni (le cose che stanno avvenendo in campagna elettorale), mi basta spostare lo sguardo per interpretare e leggere cose tanto diverse tra loro da essere quasi in contrasto? La faccio corta e spero poco complicata. Per interpretare un segno noi tutti abbiamo bisogno di fare un ragionamento (inferenza) che ci fa dire che quella cosa corrisponde a un’altra, ha quel significato per noi. Per farlo dobbiamo partire da un’idea, un punto di partenza, un terreno (ground, in semiotica) che di solito è comune, condiviso. Al semaforo rosso ci si ferma perché ci hanno insegnato che è in vigore un codice che… etc… Se manca il terreno condiviso, la semiosi è infinita e ciascuno di noi può attribuire un senso qualunque a qualunque segno, all’infinito…
Ed è qui che ho capito cosa non mi tornava. Cosa non riuscivo a mettere a fuoco. Il ground, il terreno a partire dal quale interpretare Mario Monti. Il ground è frutto di solito di esperienza diretta, fatta qui ed ora, oppure di un bagaglio di nozioni acquisite nel tempo. Ebbene la mia idea acquisita su Mario Monti in questi mesi non è sovrapponibile con l’esperienza che ne faccio ogni giorno in campagna elettorale. Ecco il corto circuito.
Parto dalle nozioni acquisite. Mario Monti è il professore che ha salvato l’Italia dalla catastrofe guidando una coalizione di solidarietà nazionale. Non è un politico, è super partes e di conseguenza non compete. A partire da questo questo ground, la campagna di Mario Monti mi pare traballante. Mi pare strategicamente poco efficace l’alleanza centrista con alcuni pezzi della “vecchia” politica; poco corretti i toni critici, quando non addirittura gli attacchi; la sua comunicazione mi pare incoerente, smaccatamente artificiosa e, perciò, inefficace. Se invece parto dall’esperienza attuale, dal fatto che Mario Monti è un candidato alle elezioni, allora la sua campagna elettorale mi appare sotto diversa luce. La scelta di trovarsi dei nemici mi pare coerente con una strategia di comunicazione che deve trovare spazi (sui media essenzialmente) in un contesto affollato. La scelta di alleanze precise risponde a un’istanza di coagulare le forze moderate (di centro – centrodestra) avverse al PDL; i ceffoni comminati a destra e a sinistra, rispondono alla precisa logica dell’organizzazione simbolica e valoriale di un campo politico autonomo.
C’è un punto di sintesi interpretativa, a cui l’analista, e ancor più l’elettore, può aggrapparsi? Non credo. E anche se, a mio avviso, la campagna elettorale di Monti analizzata dal punto di vista della comunicazione per quella che è (una contesa elettorale per l’appunto), lasciando da parte ogni valutazione politica sull’opportunità e la sensatezza della “salita in campo”, mi pare una campagna ben congegnata e che per quel che vale, poco, anche io avrei costruito la strategia e i suoi tempi più o meno allo stesso modo… Anche se, dicevo, credo sia una buona campagna, sono convinto che sia destinata a non funzionare. Troppo diversi, contrapposti i terreni interpretativi che sono concessi ad ogni elettore. Monti il professore e Monti il candidato sono due ground quasi incommensurabili, e la scissione non è ricucibile nel breve tempo di una campagna elettorale. Per questo il senso di smarrimento dell’analista e dell’elettore, costretti a una semiosi infinita.
Fonte: MR Blog
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