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La sfida di Murdoch: traghettare un impero verso i new media

24/01/2006

Uno speciale dell'Economist analizza potenzialità e rischi della strategia di News Corp, che sta cercando di adattarsi in corsa alla nuova era digitale.

Adattarsi all'internet o perire. Era questa la parola d'ordine shakespeariana che Rupert Murdoch, il magnate dell'editoria, aveva declamato un anno fa in un discorso ormai famoso (ripreso anche nelle notizie di questo sito). Ma è in grado il suo impero mediatico, la News Corporation, di abbracciare con successo i new media? Se lo chiede questa settimana l'Economist. E come dovrebbe riconfigurare il suo portfolio in relazione a tutti i mutevoli aspetti della digitalizzazione? Perché non si tratta solo dell'emergere della rete come medium a se stante, ma anche quale mezzo concorrente di distribuzione dei contenuti multimediali (un caso per tutti: la pirateria dei film e dei programmi televisivi).Lo speciale del settimanale britannico passa in rassegna tutti i punti critici del conglomerato australiano: la concorrenza delle compagnie telco e di quelle del cavo, capaci di offrire l'opzione triple-play (tv, banda larga e servizi voce) mentre il satellite su cui ha investito Murdoch può trasmettere solo televisione; l'affermarsi di competitivi servizi di video-on-demand; il tallone d'Achille della carta (quotidiani e riviste) che contribuisce per un quinto al reddito operativo del gruppo.E proprio i giornali meritano un capitolo a parte. E' chiaro infatti che questo specifico settore è più soggetto all'erosione di internet rispetto agli altri vecchi media, dal momento che la pubblicità sta migrando velocemente online e che le nuove generazioni leggono le notizie in rete. Molti investitori vorrebbero che News Corp. riducesse l'entità della sua esposizione. Ma Murdoch, presidente e Ceo del colosso dei media, non ne vuole sapere. "Siamo una compagnia che fa comunicazione - ha commentato - non produciamo solo contenuti; e vogliamo migliorare il mondo". Se non sembra intenzionato a "mollare" sul fronte della carta, è indubbio che per quanto riguarda quello web il magnate australiano sia divenuto un entusiasta evangelizzatore. Ricordiamo due recenti acquisizioni: il sito di social networking MySpace.com (580 milioni di dollari); e il sito di videogaming IGN Entertainment (650 milioni di dollari). Si tratta, specie nel primo caso, di fenomeni sociali di indiscusso peso. Ma, di nuovo, che siano in grado di produrre entrate sostanziali non tutti ne sono sicuri. Lo sguardo disincantato dell'Economist prende di mira anche la propria categoria. In un altro articolo di questa settimana torna a parlare di giornali, analizzando la tendenza diffusa in Europa a rimpolparli con inserti, gadget e Dvd. Il tutto per frenare la caduta libera della loro circolazione (meno 3% in Gran Bretagna nel 2005). Una strada non ancora battuta dalle testate americane più autorevoli e che invece imperversa in UK, Germania, Francia, Polonia e Italia. Il problema è che, una volta percorsa questa china, difficilmente le altre riviste, anche quelle più restie, possono stare a guardare. Potenza del gadget. E miseria del lettore.Carola Frediani - Totem
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