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Le Rp nella governance. Intervista a Mervyn King

19/11/2009

E' la sostenibilità la nuova frontiera della comunicazione delle organizzazioni, secondo Mervyn King, tra i più autorevoli esperti mondiali di governance, come sostiene in questa intervista esclusiva rilanciando l'importanza del Governing Stakeholder Relationships e dunque della funzione strategica delle Rp.

_Il migliore interesse dell’impresa va interpretato secondo i parametri della sostenibilità e della cittadinanza responsabile. È uno dei concetti chiave del terzo Rapporto King sulla governance. Curato da Mervyn King, tra i più autorevoli esperti mondiali di organizzazione, è uno dei documenti più attesi a livello internazionale in fatto di governance. Uscito da pochi giorni e, pur riferito alla situazione sudafricana, come i precedenti rapporti King 1 (2002) e King 2 (2006) ha un forte impatto sulla discussione globale sulla corporate governance e la sostenibilità delle imprese.
Fra i diversi temi affrontati nel Report (pubblicato in Italia dalla Codice Edizione di Vittorio Bo), i contenuti più importanti e innovativi attengono alle politiche di risk management, delle tecnologie informatiche, della rendicontazione integrata, della leadership etica, della cittadinanza d’impresa: tutte questioni che impattano fortemente sul nostro lavoro. Ma è il capitolo 8 su “Governing Stakeholder Relationships” a chiamare in causa le ralazioni pubbliche come spiega lui stesso nell’intervista esclusiva che ha rilasciato a Toni Muzi Falconi per Ferpi, che proprio su questo sito aveva anticipato i contenuti del report King III prospettando gli scenari per le Rp.


di Toni Muzi Falconi


A cosa attribuisce l’impatto che i due King Report hanno avuto finora sul dibattito internazionale sulla governance d’impresa, ben oltre quanto ci si aspettasse, data l’attuale relativa rilevanza del mercato sudafricano nella comunità economica internazionale?


L’impatto dei primi due King Report è stato globale. Questo perché, nel primo sollecitavamo un approccio inclusivo alla governance, e cioè che un consiglio di amministrazione, nel proprio processo decisionale, deve tenere conto dei legittimi interessi e delle aspettative di tutti gli stakeholder dell’impresa.
Il consiglio determina lo scopo di un’azienda, i valori che ne guidano il business (da cui dovrebbe svilupparsi la cultura aziendale) e identifica i maggiori stakeholder. Una volta individuati, i loro legittimi interessi ed aspettative non vanno sottovalutati nel processo decisionale.
Tra il 1994 e il 2001, il mondo è cambiato. C’è stato il summit mondiale a Johannesburg e la presa di coscienza che la sostenibilità era diventata una questione critica. Abbiamo compreso che il mondo era in crisi ma non ancora senza speranza. Su consiglio di Adrian Cadbury (il leggendario leader della omonima azienda inglese che ha dato il via al dibattito sulla corporate governance nel mondo ndr.), il Comitato King non fu sciolto e iniziò ad incontrarsi ogni tre mesi e ci siamo tenuti aggiornati con quello che stava accadendo nel processo evolutivo della governance in tutto il mondo.


Quali dinamiche hanno condotto lei e il suo team ad attribuire particolare enfasi nell’ultimo report a concetti quali la cittadinanza d’impresa, le relazioni e la comunicazione con gli stakeholder?


Le risorse naturali del pianeta sono utilizzate più velocemente di quanto siano in grado di rigenerarsi e ci sono molte più persone che vivono in aree urbane che rurali rispetto a prima. Questo ci ha portati a capire che la governance, la strategia e la sostenibilità non possono essere separate. Le imprese, divenute un grande centro di raccolta di capitale economico ed umano, devono essere viste e dirette come rispettabili cittadini. Nel pensare un piano strategico a medio-lungo, il Consiglio deve tenere in considerazione le questioni di sostenibilità relative al proprio business. Per esempio, se il business di un’azienda è la produzione di bevande, l’assemblea deve considerare, su una base sostenibile, l’accesso all’acqua potabile.
Conseguentemente, nel secondo Report, abbiamo suggerito e raccomandato rendicontazioni di sostenibilità. Questo però è stato interpretato come rediger un rapporto in un silo, senza collegare pensiero strategico e sostenibilità.


Ritiene che i professionisti delle relazioni pubbliche, così come lei li percepisce, siano oggi realisticamente capaci di affrontare la sfida di ascoltare e soddisfare le aspettative che organizzazioni e gruppi di stakeholder richiederanno alle imprese in conseguenza del terzo Report?


Io preferisco considerare i professionisti delle Rp come strateghi delle relazioni con gli stakeholder o strateghi della comunicazione con gli stakeholder.
Un’assemblea e un senior management dovrebbero comprendere i legittimi interessi e le aspettative degli stakeholder prioritari di un’azienda. Questo deve poter consentire un piano strategico di medio lungo e nella gestione quotidiana che va costruito sulla base del ritmo dell’azienda e nel suo DNA. E ci deve essere una comprensione da parte dei dipendenti che si tratta di una questione fondamentale.
Performance e valore non possono essere compensati a scapito della sostenibilità. Di conseguenza le imprese devono funzionare producendo di più ma consumando meno risorse. E questo si può ottenere, per esempio, utilizzando fonti di energie rinnovabili, etc.


Lei ha esplicitamente scritto nel terzo Report che la governance delle relazioni con gli stakeholder è una responsabilità obbligatoria per il CdA e, in varie parti, ha indicato un ruolo in questo per i manager della comunicazione che dipendono dalla struttura manageriale. Inoltre risulta chiaro che, oltre ad essere una delle più importanti responsabilità del consiglio, ad ogni funzione dirigenziale è richiesto di governare il sistema delle relazioni con i propri gruppi di stakeholder. Come è possibile assicurare che tutto ciò sia correttamente coordinato e facilitato tanto nelle dimensioni organizzative che nei processi operativi?


C’è differenza tra la governance delle relazioni con gli stakeholder e la gestione delle relazioni con gli stakeholder.
Un’assemblea deve garantire l’esistenza di una policy che consenta di monitorare come il management si comporta con le relazioni tra l’impresa e gli stakeholder prioritari. Si è stabilito che un’azienda in grado di rapportarsi con successo con gli stakeholder è in grado di attrarre i migliori dipendenti e che quando subentra una crisi è in grado di riprendersi più rapidamente. Una ricerca realizzata dal Programma Ambientale delle Nazioni Unite ha mostrato che quello che gli stakeholder vogliono non è solo un prodotto di qualità ma continuare ad avere fiducia nell’azienda. Per questo, la relazione tra l’azienda e gli stakeholder deve essere gestita.
L’assemblea, d’altro canto, deve accertarsi che la relazione positiva tra stakeholder ed azienda venga mantenuta. Questo richiede un orientamento da parte dell’assemblea verso una sorveglianza affinché il management sia effettivamente in relazione con gli stakeholder nell’interesse del business.
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