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Lettera aperta a Stefano Rolando: la comunicazione pubblica, i suoi confini, la concezione delle rel

15/11/2004

Una lettera di Toni Muzi Falconi a Rolando (nella foto).

Caro Stefano,ci conosciamo da una vita e mezzo. Eri partito a Milano in una agenzia di rp, poi con l'ottimo e assai rimpianto Paolo Grassi sei traslocato a Roma nel pianeta dello spettacolo: prima alla Rai e poi all'Ente Cinema. Di quì il passo lungo verso la direzione del dipartimento informazione/editoria della presidenza del consiglio, ove per molti anni hai dato dignità alla comunicazione del governo introducendo importanti segnali di professionalità comunicativa.Tra le molteplici tappe successive un breve ma intenso periodo alla Olivetti di De Benedetti, una direzione generale alla Regione Lombardia, fino ad un impegno di oggi quasi integrale nella docenza universitaria.Eri un importante e apprezzato socio Ferpi quando, valutando correttamente inadeguata l'attenzione di questa ai colleghi del settore pubblico, hai fondato e diretto per anni l'associazione della comunicazione pubblica.Oggi hai un ruolo più defilato, ma sempre influente. Ed è naturale, vista la qualità complessiva della tua riflessione e la trasparente asperità del tuo percorso interpretativo.Tutta questa lunga tiritera per familiarizzare i lettori di questo sito con un personaggio significativo e ingombrante del miglior dibattito culturale sui temi che ci interessano (vedi l'articolo di Rolando sulla comunicazione pubblica uscito a gennaio su questo sito).Sei al tempo stesso un accademico, un professionista e un politico. Eccelli nei tre ruoli ma vorrei, e sono certo che non ti dispiace, sottolinearne il terzo, quello politico.Vedi Stefano, non si può lanciare il sasso e ritirare la mano come se quel lancio non ti appartenesse...Hai inventato la comunicazione pubblica sottolineandone la specificità e la diversità rispetto a quella privata; hai creato una mini-corporazione che si è auto-reclusa all'interno delle amministrazioni pubbliche attraverso una legge che è più tua che di chiunque altro; hai stimolato la nascita di una vera e propria 'industria' della comunicazione pubblica lobbando cattedre, corsi di laurea, editoria, posti, stipendi, clientele.Negli ultimi anni segnali dubbi e perplessità su tale specificità, questi dubbi ti vengono rimproverati.. : 'ma come? Rischi di mandare a monte quella che e' ormai per molti una rendita di posizione..??'.Ci ripensi, rovesci il discorso e ora affermi correttamente che la comunicazione pubblica non è, come dicevi, quella specifica dell'amministrazione pubblica ma è tutta quella comunicazione che incide sulla sfera e sull'interesse pubblico....Cioè tutta caro Stefano.... perchè  paradosso per paradosso anche la pubblicita' dei pannolini induce le mamme a recuperare tempo sociale.Leggo anche che oggi sostieni la sistematicità della comunicazione intrecciata a processi organizzativi che si basano sulle relazioni.Dunque: se la comunicazione è strumento per perseguire il fine che è la relazione, mentre al termine pubblica attribuisci l'accezione di sfera pubblica.... allora bentornato fra noi relatori pubblici!!Anche noi ne abbiamo fatto di strada: da nessuna concezione e consapevolezza delle relazioni pubbliche se non quella di mestiere, alla costruzione di un corpo di conoscenze che le descrive sia come relazione con i pubblici influenti (ancora molto attuale) e con gli stakeholder, sia - piu' recentemente - come relazioni con il pubblico, in pubblico, per il pubblico (Bled manifesto).Come vedi, non siamo poi cosi' lontani.(tmf)
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