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Luxottica: un innovativo sistema di benefici per i dipendenti

09/06/2009

Pasta, olio e caffè: è il carrello della spesa di Luxottica che grazie all'accordo per un welfare aziendale destina ai propri dipendenti 110 euro in beni alimentari. Un progetto che si presenta come una buona pratica di Relazioni Pubbliche dal momento che nasce da attività di ascolto e da relazioni con i pubblici realmente simmetriche.

di Dario Di Vico


I primi carrelli della spesa gratuiti per quasi 8 mila dipendenti Luxottica saranno ritirati nei prossimi giorni nei punti vendita della Coop Trentino. Pasta, olio, caffè, parmigiano ed altri prodotti alimentari tutti di marca (il sindacato ha chiesto e ottenuto che ci fosse anche la Nutella) per un valore di 110 euro. È solo l’inizio.


In autunno l’azienda fornirà gratis ai figli dei suoi impiegati ed operai i libri di scuola. E poi borse di studio, asili nido, corsi di lingue e persino servizi di medicina specialistica. Si potrà andare dal dentista, dal ginecologo e dal pediatra con un voucher dell’azienda.


E Luxottica si propone anche di «promuovere la mobilità sociale dei figli dei dipendenti». Questa storia che a prima vista potrebbe avere dell’incredibile è iniziata due anni fa. C’era preoccupazione tra gli imprenditori sulla perdita di potere d’acquisto dei dipendenti e alcuni decisero di elargire unilateralmente ad impiegati ed operai gratifiche una tantum.


Anche Leonardo Del Vecchio, patron di Luxottica , legatissimo ai destini di Agordo e dintorni, pensò che bisognasse fare qualcosa per allontanare la sindrome della quarta settimana e fu tentato anche lui dall’ipotesi dell’una tantum.
I responsabili delle risorse umane e relazioni industriali, Nicola Pelà e Piergiorgio Angeli, lo convinsero che la via da percorrere era un’altra, meno paternalista e più moderna.


Costruire di comune accordo con il sindacato un welfare aziendale e legarlo a precisi obiettivi di incremento della qualità in fabbrica. Nacque così un esperimento che sta partendo in questi giorni e che è sicuramente destinato ad animare la discussione oltre che a far scuola.
Pelà, manager di scuola olivettiana, ci vede una continuità con la cultura socio-comunitaria di Adriano, i dirigenti sindacali della Cgil come Giuseppe Colferai parlano di qualcosa che ricorda le società di mutuo soccorso di fine Ottocento, il segretario della Uil Paolo Dalan lo considera un antipasto della cogestione.


Modelli a parte, nel distretto bellunese degli occhiali tra impresa e sindacati si parla ormai una lingua comune, siamo anni luce davanti alla realtà nazionale. Se non si è arrivati a quella «complicità» che il ministro Maurizio Sacconi auspica e che fa rabbrividire i cigiellini di Roma, si è creato comunque un clima di profonda collaborazione e l’ultimo sciopero risale al 2006.
Agli occhi dei sindacalisti veneti — a qualsiasi sigla appartengano — Del Vecchio ha innanzitutto un grande pregio: aver delocalizzato il minimo possibile (due fabbriche in Cina) ed aver anche di recente deciso di realizzare il centro unico per la logistica di gruppo a Serico, nel Bellunese. Non in America come avrebbe potuto.


Ma come funziona il programma welfare targato Luxottica? L’obiettivo è integrare il salario con una serie di benefit non monetari. Se il gruppo mettesse in busta paga 100 euro in più, ai suoi dipendenti ne arriverebbero solo 50 per effetto del maledetto cuneo fiscale.
Se invece regala loro un carrello della spesa da 110 euro le tute blu ne risparmiano altrettanti ma all’azienda l’operazione costa molto meno, perché usando il suo potere contrattuale riesce ad ottenere un maxi-sconto dai fornitori.
In più visto che la spesa si fa alla Coop Trentino e non da Auchan o Carrefour contribuisce a tener su l’economia del territorio.


Si obietterà, ma non è che questo nuovo welfare è costruito sull’italianissima elusione fiscale? No, rispondono in Luxottica e tirano fuori l’articolo 51 del Testo unico delle imposte sui redditi che prevede l’esenzione dalla tassazione per beni e servizi fino a 258 euro.


«È tutto regolare — spiega Pelà —. I nostri benefit diventano la terza gamba della retribuzione, una gamba complementare allo stipendio e ai sistemi di incentivazione monetaria tradizionali come quelli previsti per gli straordinari».
Anche i benefit nel campo dell’istruzione e della sanità «non sono alternativi al welfare pubblico, noi ci limitiamo a trasferire potere d’acquisto in quelle aree in cui lo Stato non offre un servizio soddisfacente».


E proprio il carattere aggiuntivo dei benefit ha tranquillizzato i sindacati, in particolare la Cgil che inizialmente aveva temuto uno scardinamento della contrattazione. E ha entusiasmato i cislini che, come conferma il dirigente locale Rudi Roffarè, ne hanno discusso anche nel loro congresso nazionale.
In realtà i manager Luxottica non hanno nessuna intenzione di azzerare il sindacato. Anzi. Lo considerano uno stakeholder così come il fondo americano Harris Associates che pure detiene circa il 2% delle azioni del gruppo o le comunità dell’Agordino che ospitano i loro stabilimenti.


«Può sembrare un ossimoro, ma noi ci consideriamo una multinazionale di territorio», sottolinea Angeli, direttore delle relazioni industriali. I numeri stanno a dimostrarlo: Del Vecchio fa il 65% del fatturato negli States ma il 65% della produzione è realizzato in Italia.
Quest’anno causa recessione e calo delle vendite americane ha dovuto fare per la prima volta quattro giorni di cassa integrazione ma nessuno gliene ha fatto una colpa. La crisi c’è per tutti. Nel Bellunese — considerato la Torino del Nordest per la prevalenza della grande impresa rispetto alla piccola — per la prima volta il tasso di disoccupazione è arrivato a quota 6% e il principale concorrente di Del Vecchio, la Safilo, ha mollato la presa ed è alla disperata ricerca di un compratore.


Nelle fabbriche Luxottica la paga media è di 1.200 euro nette al mese, la sindacalizzazione non è elevatissima (si ferma attorno al 20%), la Cgil è più forte delle altre confederazioni ma c’è tra gli operai, specie quelli più anziani, un senso di appartenenza molto forte.
Per tutti Del Vecchio è sempre «il nonno» e molti quando tornano la sera a casa in pullman indossano ancora il camice con la scritta Luxottica.


Nel bilancio 2009 del gruppo il programma welfare sarà spesato per 2,7 milioni che andranno sotto la voce costo del personale, ma avverte Angeli «non è qualcosa che concediamo graziosamente, proprio per evitare qualsiasi atteggiamento paternalistico vecchio stampo il welfare è parte di uno scambio».
Chi produce occhiali in Italia o altrove ha un disperato bisogno di qualità perché in questa particolarissima industria, in cui gli italiani sono leader mondiali, l’automazione non può andare oltre il 15% del ciclo produttivo. C’è quindi bisogno di tanta manodopera, molto flessibile per adattarsi all’estrema varietà dei modelli in produzione e con capacità che rasentano quelle di un artigiano.


Il protocollo sul welfare che porta le firme di Cgil, Cisl e Uil recita che «le risorse economiche da destinare a finanziare gli interventi, pur auspicabilmente costanti nel tempo saranno collegate anche a indicatori di performance aziendale», che dovranno essere individuati di comune accordo perché tutto il programma fa comunque capo a un comitato di governance rigidamente paritetico tra azienda e sindacati.


A sentire i manager Luxottica i 2,7 milioni investiti saranno ripagati dalla riduzione degli accantonamenti di bilancio per gli scarti e dal miglioramento della qualità degli occhiali che escono da Agordo e dalle altre fabbriche. Se tutto andrà così lo scambio si rivelerà virtuoso, il programma di welfare sarà replicato, il sindacato avrà trovato nuovi spazi di legittimazione e, soprattutto, il confronto con la produttività delle fabbriche «sorelle» dislocate in Cina apparirà meno squilibrato.



tratto da Il Corriere della Sera – 8 giugno 2009



Del progetto di Luxottica ne avevamo già discusso sul nostro sito nei mesi scorsi.
Leggi qui “Luxottica: quando le relazioni sono realmente davvero simmetriche!”
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