Biagio Oppi, Consigliere Nazionale
La prima edizione del report conferma una scarsa fiducia nei mezzi di comunicazione: dobbiamo ripensare qualcosa?
Alcune settimane fa è stata presentata la prima edizione dell’Osservatorio annuale sul sistema dell'informazione di AGCOM, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
I dati dell’Osservatorio sono molto interessanti per tutti coloro che si occupano di comunicazione ed informazione, ma vanno letti approfonditamente e meditati.
L’indagine è molto approfondita, densissima di dati e riguarda tre aree principalmente:
Come comunicatori sicuramente siamo interessati a capire quali siano le fonti ritenute più affidabili e il rapporto ci dice che: “In relazione alla percezione sull’affidabilità nei confronti di chi produce e diffonde le notizie, le fonti editoriali (ad esempio televisioni, radio e quotidiani) sono ritenute più affidabili di quelle generate da autori singoli (ad esempio influencer e blogger). Il servizio pubblico televisivo è la fonte ritenuta “più” affidabile dai cittadini al 36,4%… seguono i quotidiani al 15,5% e la TV commerciale al 13,8%; le radio e le piattaforme di news online stanno tra il 5% e il 7 %... Gli influencer sono ritenuti come i più affidabili solo dal 2,2% della popolazione.”
In linea di massima questi dati sono piuttosto allineati agli spunti emersi dall’Edelman Trust Barometer 2025, ma anche ai dati della 20° ventesima edizione del Rapporto sulla Comunicazione del Censis pubblicato a fine marzo. Il livello di fiducia non è alto e una buona fetta della popolazione (circa un terzo) non ha fiducia nei mezzi di comunicazione.
Per riuscire ad avere una istantanea sulla fruizione dei media occorre estrapolare alcuni punti chiave che l’Osservatorio riassume così:
Alcune riflessioni
La complessità dei dati e la distribuzione molto variegata sui vari segmenti demografici porta a pensare che, da un punto di vista di media relations e comunicazione esterna, sia sempre più necessario un approccio molto granulare e personalizzato. Probabilmente oggi ci troviamo davanti a una frammentazione delle opinioni pubbliche, tale per cui le strategie tradizionali e più standardizzate rischiano di essere davvero poco efficaci nel tentare di modificare comportamenti e percezioni. Peraltro, alcuni trend ci dimostrano come sia urgente che l’intera professione adotti metriche e strumenti di misurazione e valutazione che altre discipline, come il marketing ad esempio, hanno sicuramente sviluppato meglio e più approfonditamente.
Se a queste basiche riflessioni, aggiungiamo la considerazione di una più generale crisi dell’intero modello di business del sistema editoriale e della crescente importanza di Paid e Owned Media, appare chiaro come l’intero mix di comunicazione esterna proposta dai comunicatori e relatori pubblici, vada riconsiderato molto attentamente.
Come misuriamo l’impatto delle attività di comunicazione e relazioni pubbliche in uno scenario così complesso?
Sappiamo da tempo che la copertura stampa in sé è insufficiente ed anche i numeri legati al potenziale outreach/engagement poco ci dimostrano; ma davanti a uno scenario così frastagliato, occorre fare uno sforzo ulteriore per cercare di capire quale impatto la nostra professione possa determinare su gruppi di stakeholder così diversificati e quale valore possiamo produrre per l’organizzazione. Credo sarà inevitabile ripartire dal concetto di ascolto strutturato, che ancor oggi spesso manca e viene trascurato giustificandolo con mancanza di risorse e tempi.
Consumo informativo sui mezzi di comunicazione nel giorno medio:
un confronto temporale1 (% popolazione, anni 2019, 2020, 2021, 2022 e 2023)
Fiducia nei mezzi di comunicazione (Fonte AGCOM 2025)
I mezzi ritenuti più affidabili (Fonte AGCOM 2025)