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Non partirà il Master in Marketing e Comunicazione Interculturale

31/01/2006

Una riflessione di Rossella Sobrero.

Il Master in Marketing e Comunicazione Interculturale promosso dall'Università di Pavia con Ferpi, Unicom Etica non si farà perché non ci sono iscritti. Una notizia che ci amareggia e ci preoccupa molto.Ma oltre ad analizzare gli errori che certamente abbiamo fatto nel promuovere il Master (costo forse troppo alto rispetto ad altri corsi), vogliamo cercare di capire le motivazioni che ci hanno impedito di raggiungere il risultato atteso.1) Interesse a parole, disinteresse nei fattiNon solo i neolaureati non hanno trovato interessante la nostra proposta didattica: anche comunicatori professionisti, agenzie, imprese, enti pubblici, organizzazioni non profit non hanno risposto alle nostre sollecitazioni.Eppure si parla tanto in questo periodo di intercultura, di attenzione all'altro, in particolare al "diverso". Si registra un miglioramento, anche se non particolarmente significativo, nell'atteggiamento dei media nei confronti degli immigrati. Aumentano anche gli spazi dedicati (rubriche, speciali etc.) e le iniziative editoriali (per esempio, il supplemento "Metropoli" di Repubblica).A tutto questo movimento apparentemente positivo, sembra però non corrispondere una reale volontà da parte delle imprese pubbliche e private di occuparsi di questi nuovi cittadini e consumatori con una comunicazione adeguata.2) Troppe offerte non sempre qualificateUn altro elemento di preoccupazione è l'eccessiva offerta di Master in comunicazione. In questi ultimi anni sono sempre di più le proposte che arrivano dalle Università e da soggetti diversi. Il Master, per molti, sostituisce il quarto anno del percorso di studi universitari e, a volte, è per i giovani, un "parcheggio" in attesa di trovare un posto di lavoro.Master e corsi specialistici offrono programmi spesso poco qualificati che non servono né per accrescere il bagaglio teorico né per avvicinarsi alla "pratica". Anche in tema di intercultura è cresciuta l'offerta di iniziative che propongono prevalentemente percorsi di mediazione, più raramente di comunicazione.In questi corsi il problema però è la qualità dei docenti e la loro effettiva esperienza sul campo: un aspetto che ci faceva sentire orgogliosi della nostra proposta che vedeva la presenza anche di importanti rappresentanti delle comunità migranti. Persone in grado di trasferire non solo aspetti tecnici ma anche competenze culturali. Perché per comunicare efficacemente con questi pubblici è necessario approfondire tradizioni, religioni, culture tanto diverse dalla nostra.3) ConclusioniUna prima preoccupazione è quindi che, senza professionalità adeguate, il livello della comunicazione alle comunità migranti non possa migliorare; se non aumenta la competenza di chi elabora strategie e messaggi il rischio è che l'efficacia delle campagne sia scarsa.La seconda preoccupazione è che la qualità dell'offerta didattica non sia un fattore vincente in un mondo che sembra apprezzare altri valori.Rossella Sobrero
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