Paolo D'Anselmi ritorna fra noi con un pungente commento su classe dirigente e relazioni con i media
30/05/2006
Giornali: per una riforma del 'signora mia' Quando un vip esce dalla torre d'avorio dei catering e delle visite guidate, come Siddharta fuori dalla reggia, scopre la sofferenza del vivere quotidiano nel Bel Paese. È ora Daniela Brancati: "Un'odissea il mio viaggio in treno - Vetture sporche e mille difficoltà: in seconda classe è stata un'avventura" (prima pagina del Messaggero, 5 gennaio 2006). Qualche decennio fa fu Pietro Citati, che su Repubblica, col calviniano "Se una notte d'inverno un viaggiatore", dava conto del suo arrivo in una Roma Termini taxiless. La notizia vera è che è uscito un pezzo critico sulle Ferrovie. Ma 'badate' è un pezzo firmato da un outsider del giornale e non intacca il tran tran dei servizi cristallizzati, nella struttura e nei contenuti, che come al catasto ripetono: interni, esteri, eccetera; 24 km di coda in autostrada restano un fatto di cronaca, non diventano un danno economico della Società Autostrade alla Nazione. Più facile dare conto del morto alla spicciolata, del mostro singolo. I vinti non hanno ufficio stampa.Se il vip s'incazza e scrive in prima persona, il venditore di pubblicità potrà facilmente spiegare al responsabile media del monopolista che il direttore del giornale non ha potuto dire di no, ma la linea non cambia: l'incidente stradale sarà sempre colpa della nebbia e mai della polizia assente o dell'Anas che non esiste. E quando qualche il radar non funzionerà, ci si interrogherà sulla prevedibilità dell'incidente, ma della assenza di reporting del cronista non si parlerà mai. Questo è il nocciolo del 'signora mia'. Esso si giustifica ammantandosi di un generico "la ggente vuole questo", che è falso perché, come ci ha insegnato il defunto Galbraith, la ggente prende quello che gli' dai. Sei tu burocrate acritico che leggi la realtà di oggi con gli occhiali di ieri. E ricordiamo ancora la fanfara con cui s'annunciò il garante del lettore, che mai prese funzione e fu solo autoreferenziale garante dei letti (participio passato). Per mappare il cambiamento possibile si può leggere Gramsci: "Se volete sapere qualcosa di concreto, dovete entrare in un ufficio statale, in una questura, in una prefettura. Ivi, nel Gabinetto di un Questore, nell'anticamera di un Prefetto voi trovate lo Stato italiano che da verbo si è fatto carne, ha cessato di essere idea per diventare uomo, un funzionario, se volete, ma una realtà che potete osservare, sperimentare, studiare." Non si tratta quindi di andare lontano; basta cambiare l'attenzione: in commissariato dar conto del commissario, non del delinquente; al pronto soccorso dare conto del portantino, non del ferito; nel Transatlantico, non il ciuciuciù, ma la farraginosità delle norme inattuabili. Questo dice Gramsci e sarebbe interessante in merito recepire il pensiero dell'altro Fondatore. Spostata l'attenzione, cambiano i contenuti: nella sede dei monopolisti si spulcerebbe il CSR Report di Ferrovie che non fornisce dati disaggregati di qualità e ripete, cembalo tintinnante, che abbiamo 16.000 km di strada ferrata, come già nel 1981 il Conto Nazionale dei Trasporti. Questa è la riforma da farsi. E non si preoccupi, signora mia, della tiratura: la presenza di mostri è garantita. Mostri organizzati, mostrissimi: i call center che non rispondono (Acea), le aule affollate di università, i maltrattanti consolati italiani all'estero, i fallimentari corridoi di Alitalia, le centraline dei taxi che aderiscono al sindacato operaio, pura operazione da conglomerato acchiappatutto. E questo spiega, Citati, perché a Roma non ci sono i tuk tuk Piaggio a tre ruote, come a New Delhi, Berlino e Boston.Paolo D'Anselmi