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Politica Pop. Da Porta a Porta all'Isola dei Famosi

28/10/2009

Quando la televisione ha scoperto che la politica può fare audience, e i politici hanno capito di poter raggiungere il vasto pubblico adattandosi alle logiche dello spettacolo, è nata la politica pop: un "ambiente mediale" scaturito dal collasso di generi televisivi e costumi sociali invecchiati, in cui politica e cultura popolare, informazione e intrattenimento, comico e serio, reale e surreale si fondono in una nuova miscela espressiva. La lettura di Mario Rodriguez del nuovo libro di Giampietro Mazzoleni e Anna Sfardini.

di Mario Rodriguez


Anche le centinaia di migliaia di persone che si sono recate a votare per il segretario del PD hanno partecipato, volenti o nolenti, ad una manifestazione della “politica pop” anche se il loro comportamento “attivo” sarà stato vissuto e potrebbe essere catalogato agli antipodi di quel fenomeno fortemente caratterizzato dall’influenza della tv, la cosiddetta “democrazia del pubblico”.


In un bel libro da poco in libreria, Giampietro Mazzoleni e Anna Sfardini spiegano che “politica pop” significa che fatti e personaggi, storie e parole, che appartengono al territorio della politica, tradizionalmente sinonimo di complessità e autoreferenzialità, un mondo distante dalla vita quotidiana della gente, diventano, grazie ai media e soprattutto alla televisione, realtà familiari, soggetti di curiosità e interesse, argomenti di discussione fonti anche di divertimento alla pari di altre storie e di altri personaggi che appartengono al mondo dello spettacolo.”


E’ la politica spettacolo bellezza! E i politici entrano a pieno titolo nello star system.


Mazzoleni, con dovizia di riferimenti e approfondimenti, spiega e racconta con un approccio da studioso dal quale non devia mai, questa grande mutazione indotta “dall’amore a prima vista tra politica e tv”, un matrimonio vero e proprio compresi litigi, eccessi e tradimenti: “la politica viene presentata in chiave pop e gli attori politici utilizzano codici pop”. E le forme organizzative della politica devono prenderne atto, adattarsi, trasformarsi.


La favola parla di tutti: anche della piccola campagna dei candidati alla guida del PD popolarizzata da titoli di canzonette e dovizia di gesti simbolici. Fare politica, capire la politica, oggi significa districarsi quindi in realtà e concetti nuovi: infotainment, politainment, soft news, news management; spettacolarizzazione, leaderizzazione, personalizzazione.


Si tratta della “trasformazione del sistema politico e della comunicazione politica verso forme di spettacolarizzazione e personalizzazione di cui i media sono i motori, ma di cui i politici sono attori entusiasti” osserva Diamanti nella stringata ma densa introduzione al libro di Mazzoleni e Sfardini.
È “un processo che caratterizza da molto tempo le democrazie occidentali” avverte “non è un’invenzione di Silvio Berlusconi”, ha radici profonde e, anzi, in Italia si è affermato in ritardo e, forse anche per questo, in maniera più rapida e più drammatica per via all’accelerazione imposta da tangentopoli. Come ricorda Diamanti (citando il professor Marletti) tangentopoli però fu solo l’ultima goccia che fece traboccare il vaso, la “causa sistemica, non unica, del collasso improvviso subito dal modello autoreferenziale della prima repubblica” fu proprio “l’asimmetria tra le tendenze del sistema dei media e quelle del sistema politico.” Il sistema dei media si era evoluto in modo molto più rapido della capacità del sistema politico di governarlo.


Ma questa mutazione come va valutata? La tv rappresenta una “disfunzione narcotizzante”? L’identificazione cittadino tele-spettatore porta a un inevitabile “declino culturale”?
Mazzoleni avanza in modo convincente la “visione di un mondo sociale nel quale il cittadino consumatore e il cittadino partecipante non sono in stridente contrapposizione”, “il cittadino post moderno è davvero più informato o sufficientemente informato sulla politica da poter partecipare consapevolmente alla vita pubblica”, non necessariamente cioè l’avvento della politica pop deve tradursi in fuga dei cittadini dalla politica e dalla partecipazione.


“Occorre laicamente prenderne atto – sostiene – e cercare di vedere se anche attraverso questo neopopulismo mediatico nel senso della popolarizzazione / commercializzazione dell‘informazione e della politica non sia possibile suscitare un sufficiente interesse, sollecitare un impegno minimale, stimolare una cittadinanza sottile nel grande pubblico degli spettatori.”


In questo nuovo contesto pop la persona c’è, con la sua autonomia, la sua voglia di intervenire attivamente. Può essere comunque un’audience consapevole, cittadino monitorante, che vuol farsi sentire facendo zapping ma anche partecipando alla selezione del leader della organizzazione politica nella quale si riconosce.


L’Italia, unica tra i paesi democratici, sta testimoniando in modo drammatico l’avvento della politica pop: da un lato la personalizzazione esasperata della leadership di governo mediatizzata e, dall’altro, la popolarizzazione della leadership dell’opposizione. Due aspetti di un unico problema quello della legittimazione del potere nell’epoca della tv e della rete, cioè delle post democrazie “dove leadership politica e cittadinanza si relazionano su basi più fluide, esposte all’influenza di divedersi fattori” (Crouch).


La rileggittimazione del potere politico in Italia è ancor più impellente perché l’avvento della post democrazia è stato segnato dalla vicenda di tangentopoli. Dalla destra di Berlusconi la rilegittimazione è stata cercata attraverso la audience, i sondaggi, la mediatizzazione della leadership. Il tentativo dell’opposizione è passato invece attraverso una forma di legittimazione antagonistica al populismo mediatico basata sulle cosiddette primarie. Nei primi due casi si trattò di rivolgersi al popolo per ricevere un’investitura. Domenica scora si è trattatp di un vero e proprio processo di scelta, inedito e forse irripetibile.


Chiamarle primarie è forse stato frutto di quella necessità di spettacolarizzare e di quella tipica attività di spinning che è attribuire un brand, un titolo, uno slogan, facilmente riconoscibili, ironica nemesi della inevitabile poppizzazione della comunicazione politica nella nostra società.


Politica Pop
Da Porta a Porta all’Isola dei Famosi
di Giampietro Mazzoleni, Anna Sfardini
Il Mulino
2009, pag. 184
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