Quando la comunicazione sostenibile entra nel merito
20/06/2012
No proof, suggestive pictures, gobbledygook, out-right lying sono alcune delle pratiche di greenwashing descritte nel nuovo libro di _Michele Crivellaro_, _Federica Scalco_ e _Giampietro Vecchiato_. Il commento di _Sergio Vazzoler_.
di Sergio Vazzoler
“C’era una volta il mito della Brand Awareness. Benvenuti nell’era della Brand Responsability, dove i contatti non contano ma si pesano. Dove un marchio è diventato una marca e un’etichetta è diventata una storia. Vera, sincera, responsabile. Meglio di una fiaba” : così si conclude l’illuminante prefazione di Lorenzo Marini al libro Sostenibilità e rischio greenwashing, scritto da Michele Crivellaro, Federica Scalco e dal nostro collega Giampietro Vecchiato.
E in questa frase è forse racchiuso il significato delle 224 pagine della guida all’integrazione degli strumenti di comunicazione ambientale (così recita il sottotitolo). Già, perché il principale merito di questa pubblicazione non è tanto la descrizione delle tendenze in atto nell’ambito della responsabilità sociale d’impresa e della sostenibilità (compito peraltro svolto con accuratezza ed efficacia dagli autori) ma consiste nell’approfondimento verticale degli strumenti necessari a chi deve gestire la comunicazione, o meglio, la reputazione di un’organizzazione privata.
Mi riferisco all’idea di tralasciare (finalmente!) la dissertazione sull’importanza della questione ambientale, dell’agire responsabile e dei pericoli a non farlo, per passare ad una rigorosa e puntuale spiegazione di bilanci, certificazioni, dichiarazioni, codici, etichette e normative nell’ambito ambientale e sociale.
Qualcuno potrà pensare ad un manuale tecnico e quindi, soprattutto per noi comunicatori, un po’noioso. Al contrario, il testo di Vecchiato e soci si rivela un utilissimo strumento per scoprire identità, caratteristiche e connotazioni comunicative delle diverse opzioni a disposizione dei manager.
Un paio di esempi tratti dal libro possono aiutare a rendere evidente ciò che sostengo.
Se un’impresa intende evidenziare l’impegno nei confronti dell’efficienza energetica attraverso una certificazione di parte terza, la norma ISO 50001 del 2011 è lo strumento ideale per farlo. E sarà bene sapere (anche e soprattutto per il comunicatore) che nel programmarne l’implementazione, occorrerà dare notevole importanza al coinvolgimento del personale e alla comunicazione interna: in modo assai più stringente rispetto alle normative antecedenti.
Altrettanto utile risulta essere la consapevolezza in merito agli obiettivi dell’informazione ambientale, evitando passi falsi (e costosissimi) nel confondere informazioni “compliance oriented” con quelle “market oriented”. È proprio dalle scelte strategiche iniziali che può scaturire un processo virtuoso per l’impresa che intende valorizzare il proprio impegno ambientale e il capitolo 5 del libro lo rende tangibile: il ruolo della comunicazione ambientale cambia radicalmente in base a queste scelte di campo.
E coerentemente con lo stile divulgativo e “no-frills” che caratterizza tutto il volume, anche la trattazione del rischio greenwashing è sviluppata in modo originale e pratica: il lettore non si troverà dinnanzi all’ennesimo elenco di esempi eclatanti di “verde inganno” (esercizio che tanto piace a molti comunicatori, non solo a quelli improvvisati…) bensì a un approfondimento della genesi di questo fenomeno e, soprattutto, delle sue caratteristiche distintive e dei criteri per evitarlo.
Ecco, allora, che si scoprirà come al di là dei segnali più noti di greenwash, quale il no proof (potrebbe anche essere vero ma dove sono le prove?) o il suggestive pictures (utilizzo di immagini positive che danno un ingiustificato significato ecologico al messaggio), occorre prestare attenzione a quelli più subdoli, quali il Gobbledygook (usare termini e informazioni che solo un esperto può verificare o capire) o l’ Out-right lying(messaggi o dati totalmente fabbricati). E per quanto riguarda i punti irrinunciabili per una corretta comunicazione sostenibile e anti-greenwash, gli autori riprendono e integrano studi e analisi internazionali con la loro esperienza sul campo, per arrivare alla definizione di 10 regole d’oro. Regole da ripassare e fare proprie. Un po’come tutto il libro: tenerlo a portata d’uso fa bene all’impresa e al comunicatore.