E' stato pubbilcato il report sui risultati non finanziari o csr delle principali aziende del mondo. L'indagine, coordinata dal United Nations Environment Programme (UNEP), e condotta da SustainAbility e Standard & Poor's (S&P) ha rilevato interessanti realtà e sollevato più di un problema.Il dato più interessante e incoraggiante è la presenza di S&P, che testimonia il credito sempre maggiore che la csr riveste per una valutazione completa dell'operato e della qualità delle aziende. Come ha commentato George Dallas di S&P "noi non siamo attivisti sociali siamo consulenti di rischio indipendenti e i dati raccolti contribuiscono a formare il profilo di rischio di un'azienda." A detta di Dallas se non è ancora possibile quantificare l'impatto di una buona csr sulla valutazione di un'azienda è possibile vedere i pessimi effetti che ha una pessima politica di csr (Exxon docet). Altro dato interessante è la supremazia delle aziende europee su quelle a stelle e strisce (solo due nelle prime venti), ancor più confortante che le principali aziende europee siano presenti nei primi posti del report (BP, BT, Royal/Shell, Unilever).Resta comunque una certa indeterminatezza delle comunicazioni aziendali sulle csr: l'unico strumento di indagine ritenuto valido e che potrebbe concretamente divenire uno standard è il Global Reporting Initiative (GRI) e benché incontri il favore dei più manca ancora di una correta declinazione dipendente dal settore in cui l'azienda opera. Per fare un esempio che valga per tutti l'impatto ambientale di una società di consulenza finanziaria non è un dato rilevante, mentre lo è per una che raffina gli idrocarburi.Ecco la lista delle prime dieci aziende:Co-operative Financial Service (UK)Novo Nordisk (Danimarca)BP (UK)British American Tobacco (UK)British Telecom (UK)BAA (UK)Rabobank (Olanda)Rio Tinto (UK)Royal Dutch/Shell (Olanda/UK)Hewlett Packard (USA)Unilever (Olanda/UK)Dall'EconomistGabriele De Palma - TotemCresce l'attenzione ai report sulla csr nonostante le solite difficoltà di quantificazione dei dati. C'è ancora molto da fare sul modulo Global Reporting Initiative prima di renderlo uno standard affidabile. Intanto però Standard & Poor's partecipa ai lavori e sembra dare le necessarie garanzie anche ai più scettici sulla buona riuscita dell'impresa.